La nota del Vice Auditore Generale dell’Ordine Costantiniano dopo la scomparsa dell’Infanta di Spagna Doña Pilar [ITALIANO, SPAGNOLO]

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Cosa succede ora con il Ducato di Badajoz che usava Doña Pilar?
Suo padre, Don Juan de Borbón, Conte di Barcellona, gli concesse questo titolo nobile e fu autorizzato ad usarlo in Spagna vita durante
di Amadeo-Martín Rey y Cabieses [*]
Larazon.es, 8 gennaio 2020
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Verbum Caro]

Se quando parliamo di un Borbone ci riferiamo a una persona schietta, diretta, con sense of humor e, naturalmente, lealtà verso la Corona che il padre e il fratello hanno rappresentato e che ora fa con grande serietà Don Felipe VI, allora l’Infanta Doña Pilar, morta oggi, era una vera Borbone. Suo padre, don Juan di Borbone, conte di Barcellona, ​​che lei adorava, le concesse il titolo di duchessa di Badajoz. Più tardi le venne riconosciuto l’uso vitalizio di quel titolo, che, come altri titoli della Casa Reale, ora torna alla Corona così che il monarca possa disporne secondo suo criterio di grazia, in un modo personale e vitalizio e sempre per persone appartenenti alla famiglia. Lo stesso accadde con il ducato di Cadice e con quello di Palma di Maiorca, e succederà con il ducato di Soria e Lugo. Nel decreto 758/1967 del 13 aprile, veniva trattata come “Sua Altezza”, omettendo il dovuto trattamento di Altezza Reale a cui aveva diritto come figlia di re “de iure”, “Juan III” per i monarchici, o almeno, come la figlia del principe delle Asturie.Come molte principesse europee, Doña Pilar ribadiva costantemente che il suo dovere non era solo quello di essere vicino al trono e sostenerlo, di servire bene, dalla sua posizione, a tutte le cause che lo giustificano, specialmente quelle che significano aiutare gli altri. Si era laureata come infermiera, di solito era presente su invito della Croce Rossa o dell’Associazione spagnola contro il cancro e veniva sempre coinvolta nelle iniziative di beneficenza di Nuovo Futuro che si occupa di bambini senza fissa dimora, di cui era presidente d’onore. Si è adoperato per le raccolte di beneficenza e ha parlato con tutti con la sua tipica giovialità e spontaneità. Da buona Amazzone, amava i cavalli e il loro mondo e quindi era presidente della Federazione equestre internazionale per più di dieci anni, essendo anche membro del Consiglio d’onore del Comitato olimpico internazionale.
Era la vedova di Luis Gómez-Acebo e Duque de Estrada, visconte della Torre (titolo riabilitato nel 1967), presidente de Amigos Museo del Prado e membro del Thyssen Bornemisza Collection Trust. Don Luis ha fatto molto per portare la collezione Thyssen in Spagna. Nel novembre 1987, insieme a suo marito, ha ricevuto l’omaggio del Hispanic Institute al Waldorf Astoria Hotel di New York in riconoscimento del suo contributo alla cultura spagnola. Presiedeva Europa Nostra, dedicato alla conservazione del patrimonio storico e artistico europeo. Non invano amava l’arte. Precisamente, l’ultima volta che la vide era all’inaugurazione di una mostra di acquerelli della principessa Anna d’Orleans, vedova dell’infante Don Carlos, duca di Calabria. Poliglotta consumata, cresciuta in esilio, circondata da altre famiglie reali in Portogallo, si poteva vederla ad una mostra presso la Hispanic Society of America a New York o con suo padre a bordo della Saltillo. Anni fa visitò il Perù. In una delle cene che le offrirono, mio zio José Cabieses, che le fece un ritratto ad Estoril negli anni cinquanta, le ascoltò in un posto molto discreto al grande tavolo. Doña Pilar gli disse: “Pepe, vieni a sederti accanto a me”. “Ma, signora, qui ci sono persone più importanti di me”, ribadiva. La Infanta rispose: “Pepe, a questa cena, l’unico protocollo è l’amicizia e tu sei mio amico da molti anni”. Così era questa donna, figlia di un re che non poteva regnare ma che ha combattuto per tutta la vita per portare con dignità il titolo di Capo della Casa Reale di Spagna, sorella dell’architetto del ritorno della democrazia in Spagna e zia di chi ha la sfida di tener unita questo grande nazione, uno di cui lei ha detto che è “un ragazzo stupendo”. Riposa in pace.

[*] Dott. Don Amadeo-Martín Rey y Cabieses, medico e storico, Professore di Dinastie Reali all’Universidad Rey Juan Carlos, Accademico Numerario e Direttore di pubblicaizone della Real Academia Matritense de Heráldica y Genealogía, Accademico Corrispondente della Real Academia de la Historia, Vice Auditore Generale e Consigliere della Real Deputazione del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.

Scudo nobiliare della Principessa Donna María del Pilar Alfonsa Juana Victoria Luisa Ignacia de Todos los Santos di Borbone-Spagna e Borbone delle Due Sicilie (Cannes, 30 luglio 1936 – Madrid, 8 gennaio 2020), Duchessa di Badajoz , Viscontessa vedova de la Torre, Infanta di Spagna e Dama di Gran Croce di Giustizia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Aveva 5 figli. Deceduto l’8 gennaio 2020 nella Clinica Ruber Internazionale Madrid. Sepolto nel Cimitero di San Isidro a Madrid.

¿Qué pasa ahora con el ducado de Badajoz que ostentaba Doña Pilar?
Su padre, Don Juan de Borbón, Conde de Barcelona, le otorgó este título nobiliario y luego fue facultada para usarlo en España de modo vitalicio
di Amadeo-Martín Rey y Cabieses
Larazon.es, 8 gennaio 2020


La Infanta Doña Pilar, fallecida hoy, era una auténtica Borbón si por eso entendemos una persona franca, directa, con sentido de humor y, por supuesto, leal a la Corona que su padre y su hermano encarnaron y que ahora personifica su sobrino Don Felipe VI. Su padre, Don Juan de Borbón, Conde de Barcelona, a quien adoraba, le otorgó el título de Duquesa de Badajoz. Luego, se le facultó para usar en España de modo vitalicio ese título, que, como otros títulos de la Casa Real, revierte ahora a la Corona para que el monarca pueda disponer de él según su criterio de modo graciable, personal y vitalicio y siempre para personas de su familia. Lo mismo sucedió con el ducado de Cádiz y con el de Palma de Mallorca, y lo mismo ocurrirá con los ducados de Soria y de Lugo. En el Decreto 758/1967 de 13 de abril se le trataba de “Su Alteza”, omitiendo el debido tratamiento de Alteza Real al que tenía derecho como hija de un Rey “de iure”, “Juan III” para los monárquicos, o, el menos, como hija de Príncipe de Asturias.
Como muchas princesas europeas, Doña Pilar sintió siempre que su deber era no solo estar junto al trono y apoyarlo, sino servir, desde su posición, a todas aquellas causas que lo merecieran, especialmente las que significasen ayudar a los demás. Se diplomó como enfermera, estaba habitualmente presente en las mesas petitorias de la Cruz Roja o de la Asociación Española contra el Cáncer y se involucró siempre con el rastrillo benéfico de Nuevo Futuro que se ocupa de niños sin hogar, de donde era presidenta de honor. Sin reparo alguno, servía en el bar de dicho rastrillo y conversaba con todos con su típica jovialidad y espontaneidad. Buena amazona, amaba a los caballos y su mundo y por eso presidió durante más de diez años la Federación Ecuestre Internacional, siendo además miembro del Consejo de Honor del Comité Olímpico Internacional.
Era viuda de Luis Gómez-Acebo y Duque de Estrada, vizconde de la Torre (título rehabilitado en 1967), presidente de Amigos del Museo del Prado y miembro del Thyssen Bornemisza Collection Trust. Don Luis hizo mucho por traer a España la colección Thyssen. En noviembre de 1987, junto a su marido recibió el homenaje del Spanish Institute en el Hotel Waldorf Astoria de Nueva York como reconocimiento a su contribución a la cultura española. Presidió Europa Nostra, dedicada a la preservación del patrimonio histórico-artístico europeo. No en vano, le gustaba el arte. Precisamente, la última vez que la vi fue en la inauguración de una exposición de acuarelas de la princesa Ana de Orléans, viuda del Infante Don Carlos, duque de Calabria. Políglota consumada, criada en el exilio, rodeada de otras familias reales en Portugal, podía vérsela en una exposición en la Hispanic Society of America de Nueva York o con su padre a bordo del Saltillo.
Hace años visitó el Perú. En una de las cenas que allí le ofrecieron, mi tío José Cabieses, que le había pintado un retrato en Estoril en los años cincuenta, se fue a sentar en un lugar muy discreto de la larga mesa. Doña Pilar le dijo: “Pepe, ven y siéntate a mi lado”. “Pero, Señora, aquí hay gente más importante que yo”, le contestó. La Infanta le replicó: “Pepe, en esta cena, el único protocolo es la amistad y tú eres un amigo mío hace muchos años”. Así era esta mujer, hija de un rey que no pudo reinar, aunque luchó toda su vida por llevar dignamente la Jefatura de la Casa Real de España, hermana del artífice de la vuelta de la democracia a España y tía de quien tiene el reto de mantener unida esta gran nación, alguien de quien ella decía que es “un tío estupendo”. Descanse en paz.

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