Papa Francesco: pace è cammino di speranza e di riconciliazione

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Presentando il messaggio per la 53^ Giornata mondiale per la pace di papa Francesco, ‘La pace come cammino di speranza. dialogo, riconciliazione e riconversione ecologica,  il sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, prof.ssa Gabriella Gambino, aveva sottolineato che il luogo principale dell’insegnamento di una pedagogia della pace come cammino di speranza è la Chiesa:

“Dobbiamo pensarla come un filo  rosso che attraversa  tutte  le  questioni  legate  alla  mancanza  di  pace:  se  rinforziamo  la famiglia, se ne rinforziamo la stabilità e la capacità di fiducia e affidabilità che essa è in grado di trasmettere ai propri figli, possiamo renderla luogo di generazione della speranza. Poiché è in essa che, date determinate condizioni, i piccoli possono imparare il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene e il perdono.

Solo dall’interno della famiglia possono scaturire un’etica di fraternità e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli. Perciò, anzitutto come cristiani, siamo chiamati a sostenere la famiglia stabile, fondata sull’alleanza coniugale, sulla pace e la fiducia reciproca”.

Infatti nel messaggio il papa sottolinea che la pace è un ‘bene prezioso’, aspirazione dell’umanità: “La nostra comunità umana porta, nella memoria e nella carne, i segni delle guerre e dei conflitti che si sono succeduti, con crescente capacità distruttiva, e che non cessano di colpire specialmente i più poveri e i più deboli. Anche intere nazioni stentano a liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della corruzione, che alimentano odi e violenze.

Ancora oggi, a tanti uomini e donne, a bambini e anziani, sono negate la dignità, l’integrità fisica, la libertà, compresa quella religiosa, la solidarietà comunitaria, la speranza nel futuro. Tante vittime innocenti si trovano a portare su di sé lo strazio dell’umiliazione e dell’esclusione, del lutto e dell’ingiustizia, se non addirittura i traumi derivanti dall’accanimento sistematico contro il loro popolo e i loro cari”.

Richiamando il suo viaggio in Giappone il papa ha evidenziato che ogni minaccia alimenta la sfiducia: “Sfiducia e paura aumentano la fragilità dei rapporti e il rischio di violenza, in un circolo vizioso che non potrà mai condurre a una relazione di pace. In questo senso, anche la dissuasione nucleare non può che creare una sicurezza illusoria”.

Il papa ha sottolineato che non si può mantenere la stabilità con la paura: “Perciò, non possiamo pretendere di mantenere la stabilità nel mondo attraverso la paura dell’annientamento, in un equilibrio quanto mai instabile, sospeso sull’orlo del baratro nucleare e chiuso all’interno dei muri dell’indifferenza, dove si prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi dello scarto dell’uomo e del creato, invece di custodirci gli uni gli altri”.

La pace si costruisce attraverso la fratellanza: “Dobbiamo perseguire una reale fratellanza, basata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca. Il desiderio di pace è profondamente inscritto nel cuore dell’uomo e non dobbiamo rassegnarci a nulla che sia meno di questo”.

E la fratellanza è alimentata dalla memoria: “Ancor più, la memoria è l’orizzonte della speranza: molte volte nel buio delle guerre e dei conflitti, il ricordo anche di un piccolo gesto di solidarietà ricevuta può ispirare scelte coraggiose e persino eroiche, può rimettere in moto nuove energie e riaccendere nuova speranza nei singoli e nelle comunità”.

Il papa è convinto che il cammino di pace è una sfida da intraprendere: “Aprire e tracciare un cammino di pace è una sfida, tanto più complessa in quanto gli interessi in gioco, nei rapporti tra persone, comunità e nazioni, sono molteplici e contradditori.

Occorre, innanzitutto, fare appello alla coscienza morale e alla volontà personale e politica. La pace, in effetti, si attinge nel profondo del cuore umano e la volontà politica va sempre rinvigorita, per aprire nuovi processi che riconcilino e uniscano persone e comunità”.

La pace è un lungo lavoro che dura nel tempo attraverso un cammino democratico: “Il processo di pace è quindi un impegno che dura nel tempo. E’ un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte della vendetta.

In uno Stato di diritto, la democrazia può essere un paradigma significativo di questo processo, se è basata sulla giustizia e sull’impegno a salvaguardare i diritti di ciascuno, specie se debole o emarginato, nella continua ricerca della verità. Si tratta di una costruzione sociale e di un’elaborazione in divenire, in cui ciascuno porta responsabilmente il proprio contributo, a tutti i livelli della collettività locale, nazionale e mondiale”.

La pace è un cammino di riconciliazione fraterna, come scriveva papa Benedetto XVI nell’enciclica ‘Caritas in Veritate: “La Bibbia, in modo particolare mediante la parola dei profeti, richiama le coscienze e i popoli all’alleanza di Dio con l’umanità.

Si tratta di abbandonare il desiderio di dominare gli altri e imparare a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli. L’altro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare, ma va considerato per la promessa che porta in sé”.

Ed ha ripercussioni anche in ambito politico ed economico: “Questo cammino di riconciliazione ci chiama a trovare nel profondo del nostro cuore la forza del perdono e la capacità di riconoscerci come fratelli e sorelle. Imparare a vivere nel perdono accresce la nostra capacità di diventare donne e uomini di pace.

Quello che è vero della pace in ambito sociale, è vero anche in quello politico ed economico, poiché la questione della pace permea tutte le dimensioni della vita comunitaria: non vi sarà mai vera pace se non saremo capaci di costruire un più giusto sistema economico”.  

Ed infine è un cammino di conversione ecologica: “Questo cammino di riconciliazione è anche ascolto e contemplazione del mondo che ci è stato donato da Dio affinché ne facessimo la nostra casa comune. Infatti, le risorse naturali, le numerose forme di vita e la Terra stessa ci sono affidate per essere ‘coltivate e custodite’ anche per le generazioni future, con la partecipazione responsabile e operosa di ognuno…

Da qui scaturiscono, in particolare, motivazioni profonde e un nuovo modo di abitare la casa comune, di essere presenti gli uni agli altri con le proprie diversità, di celebrare e rispettare la vita ricevuta e condivisa, di preoccuparci di condizioni e modelli di società che favoriscano la fioritura e la permanenza della vita nel futuro, di sviluppare il bene comune dell’intera famiglia umana.

La conversione ecologica alla quale facciamo appello ci conduce quindi a un nuovo sguardo sulla vita, considerando la generosità del Creatore che ci ha donato la Terra e che ci richiama alla gioiosa sobrietà della condivisione. Tale conversione va intesa in maniera integrale, come una trasformazione delle relazioni che intratteniamo con le nostre sorelle e i nostri fratelli, con gli altri esseri viventi, con il creato nella sua ricchissima varietà, con il Creatore che è origine di ogni vita”.

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