Natale nelle diocesi: è nato il Salvatore

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‘L’Emmanuele sia luce per tutta l’umanità ferita. Sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoista e ci renda strumenti del suo amore. In questo giorno di festa, doni a tutti la sua tenerezza e rischiari le tenebre di questo mondo’: il tweet natalizio di papa Francesco è un invito per ogni persona ad aprirsi alla ‘grazia’ di Dio, che ‘continua ad amare’ l’uomo, invitandolo a portare la ‘luce’ nel mondo.

Quindi nelle diocesi italiane i vescovi hanno parlato della bellezza del Natale, come è avvenuto nella diocesi di Macerata, dove mons. Nazareno Marconi ha raccontato la tradizionale ‘favola’ di costruire una società attraverso il racconto del signor Giovanni, titolare di una cartoleria: “Questo Natale gli piaceva particolarmente.

Come ogni anno aveva messo per tempo in vetrina le sue migliori statuine del presepe, con la fontanella, la stella cometa di varie misure e la carta disegnata che sembrava una roccia vera. Da qualche anno però se ne vendevano sempre meno ed il signor Giovanni, dopo il 26 dicembre, doveva rimetterle mestamente dentro le loro scatole. Era davvero un peccato che la gente stesse perdendo il gusto di fare il presepe, pensava Giovanni. Poi successe quello che non sperava”.

Infatti grazie a papa Francesco molti avevano desiderato ‘fare’ il presepe: “Il signor Giovanni aveva svuotato la vetrina ed era dovuto andare nel ripostiglio, a prendere altre serie di statuine per ricostruire più volte il presepe esposto.

Le ultime le aveva vendute proprio poche ore prima ed ora chiudendo la porta si rese conto che la gente che sarebbe andata alla Messa di mezzanotte nella chiesa dietro l’angolo, passando davanti alla sua vetrina illuminata, non avrebbe potuto vederci nessun presepe. Si fermò, sentendosi quasi in colpa, come se solo lui non avesse risposto all’invito così bello e gioioso che il Papa aveva fatto in quel Natale”.

Infine anche lui volle fare il presepe: “Alla fine il risultato era addirittura bello: quel presepe sembrava grandissimo perché dalla statuina più grande in primo piano a quella più piccola sullo sfondo, sembrava ci fossero chilometri di distanza. I tre re magi erano da sempre rappresentanti di popoli diversi, ma quelle tre statuine che alla fine riuscì a trovare, sembravano addirittura venire da pianeti diversi… era proprio un presepe internazionale!..

A questo punto il signor Giovanni entrò nel panico: non trovava neppure una statuina di Gesù Bambino!.. Quando fu di ritorno dopo una ventina di minuti vide la gente che stava andando alla Messa di mezzanotte accalcata davanti alla sua vetrina. Cosa era successo? Si chiese preoccupato. Quando si fece largo a fatica rimase senza fiato”.

Il vescovo ha terminato l’omelia che il presepe apre all’armonia della diversità: “Quel presepe, fatto con gli scarti del mondo delle statuine, era davvero bello. Mentre lo costruiva con fatica non si era reso conto che: è proprio il fatto che siamo tanto diversi tra noi che rende il mondo bello.

Certo trovare l’armonia non è facile, ma l’armonia difficile è certo la più bella e preziosa. Non aveva mai fatto in vita sua, un presepe più bello.  Ma la cosa più sconvolgente, che gli fece cadere una lacrima di gioia profonda, fu che nella piccola capanna vide brillare un Gesù Bambino, così ben fatto e luminoso da sembrare vivo”.

Dalla diocesi di Perugia il presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti, ha incentrato l’omelia sull’umiltà di Dio: “Chi segue la via dell’umiltà e della semplicità dell’incarnazione del Figlio di Dio, troverà il Dio vero e scoprirà il profondo di se stesso. Non troverà un architetto, che ha progettato il mondo, ma un Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chi crede in Lui non muoia ma abbia la vita eterna”.

Quindi ha aggiunto che occorre intraprendere un cammino: “Quello che colpisce in questa Notte è che siamo usciti numerosi dalle nostre case per venire qui, perché, in un modo o in un altro, a tutti si è fatto sentire l’Angelo di Natale. Ma il Natale cristiano non è solo di addobbi e di luci. Il Vangelo, parlando del viaggio di Maria e di Giuseppe, lo presenta come un cammino in salita… E’ un bambino avvolto in fasce, è piccolo e indifeso, eppure è il nostro Salvatore!”

In conclusione il card. Bassetti si è soffermato sul “desiderio struggente di Francesco d’Assisi quando nel lontano Natale del 1223 disse: ‘Voglio vedere Gesù’ e inventò il presepe vivente. Racconta una tradizione che Francesco strinse fra le sue braccia un piccolo neonato. La fragilità di quel bambino toccò il suo cuore e commosse tutti i contadini che erano accorsi. Quel Bambino ora è davanti ai nostri occhi perché anche noi ci commuoviamo e lo abbracciamo, lo stringiamo al cuore, perché Gesù resti sempre con noi, nelle nostre case, nella nostra città e in tutto il mondo. Questo è il Natale”.

Dalla diocesi di Rieti, mons. Domenico Pompili nella messa della notte di Natale a Greccio ha invitato i fedeli a riflettere sul valore ‘temporale’ del presepe: “Dio si fa oggi, Gesù è l’oggi di Dio. E se l’eterno si fa oggi, allora oggi è anche il tempo dell’eternità. Ogni attimo è destinato a diventare eterno… Non esiste un tempo perduto o che verrà, ma solo l’oggi che porta la saggezza a tutti gli uomini. A Natale si riscopre che l’unico tempo a nostra disposizione è il presente, senza fughe in avanti e senza nostalgie all’indietro”.

Imparando a “vivere intensamente il presente, a fare in modo che neanche una goccia del tempo vada sprecato, accade qualcosa di decisivo: senza accorgercene finiremo per privilegiare il concreto rispetto l’astratto, l’agire rispetto al parlare, il vivere al lasciarsi vivere… Natale è nascere e in fondo la nostra esistenza è un continuo rinascere, un continuo ricominciare”.

Sempre dalle zone colpite dal sisma del 2016 il presidente della conferenza episcopale umbra, mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto e Norcia, ha celebrato Natale tra i ruderi della concattedrale di s. Maria, sconquassata dal sisma: “I pastori trovarono il bambino adagiato nella mangiatoia. Quel bambino che è nato è come tutti gli altri. Ma la straordinaria precarietà della sua prima sistemazione, inaccettabile anche per i poveri beduini pastori che avevano almeno la tenda propria, colpisce chi passa di là per caso.

Per ogni uomo, il disagio di questa giovane famiglia è un invito ad aprire il cuore. E’ il segno di ciò che ha valore e di ciò che non conta agli occhi di Dio… Il figlio di Dio offre un senso alla vita, alle cose semplici, per giungere alla piena verità di se. Solo lui rivela il fine globale della storia. Natale è credere che ogni essere umano valga più di tutti gli universi. Natale è credere che in questa storia che noi viviamo, l’ultima parola apparterrà alla vita e all’amore”.

Dalla diocesi di San Miniato mons. Andrea Migliavacca ha sottolineato che Dio si è fatto bambino, cioè indifeso: “Per riconquistare gli uomini, per sollevarli verso di sé, per parlare con loro, Dio è venuto quaggiù come un bambino, come un balbettio che è facile soffocare. E molti effettivamente lo soffocano. Lo soffocano facendo del Natale la festa del consumo, dello spreco istituzionalizzato: festa dei regali e dei lustrini, della tredicesima e del panettone, festa di una certa poesia di generale bontà, di un sentimentalismo che si vernicia di generosità e commozione”.

Però, nonostante questo rinnegamento da parte degli uomini, Gesù è la nostra storia: “Gesù non è una tradizione annuale, non è un mito, non è una favola. Gesù è parte  della nostra storia umana. Il senso teologico della venuta di Cristo non distrugge di per sé la cornice festosa e la poesia del Natale, ma la ridimensiona e la colloca nel giusto contesto; Gesù che nasce è la Parola di Dio che si fa come: noi esseri umani, siamo portati forse a soffermarci di più sul bambino, tenero e fragile, che non sul suo aspetto di Verbo Incarnato…

Divenuto figlio di Dio l’uomo è in grado di realizzare il suo compito di creatura: egli può rivolgersi  Dio e chiamarlo ‘padre’ ed è libero perché è figlio e non servo, ed ama gli altri uomini perché fratelli”.

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