Il card. Parolin: san Nicola di Bari unione tra Oriente ed Occidente

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L’ eparchia di Lungro degli Italo-Albanesi, in provincia di Cosenza, è una sede della chiesa bizantina cattolica in Italia di rito orientale, immediatamente soggetta alla Santa Sede e appartenente alla regione ecclesiastica della Calabria.

Ed il 5 dicembre sono terminate le celebrazioni per i 100 anni dalla creazione dell’Eparchia degli Italo – Albanesi dell’Italia continentale avvenuta il 13 febbraio del 1919 con il card. Pietro Parolin ha chiuso con queste parole al Solenne Vespro di San Nicola, nella cattedrale Eparchiale.

Ricordando le tappe del centenario il segretario di Stato vaticano ha sottolineato che la cattedrale conserva il ricordo di san Nicola: “In questa cornice, mentre celebriamo i solenni Vespri di san Nicola di Mira, patrono di questa Cattedrale, ci rendiamo conto di come risplendano non soltanto le luci delle candele e lo scintillio delle tessere dei mosaici che decorano la volta e le pareti, ma soprattutto la luce della santità, in particolare quella dei testimoni della Chiesa indivisa”.

Ha ricordato la bella storia del santo: “La vicenda di san Nicola e delle sue reliquie anticipa ed in qualche modo riproduce alcuni tratti dell’esistenza delle comunità bizantine italo-greche ed albanesi: in entrambi i casi, infatti, la luce dell’Oriente ha trovato accoglienza nell’Italia continentale, che ha offerto ai resti mortali del santo vescovo e taumaturgo un luogo ove poter essere venerate degnamente, nella Basilica che ancora oggi porta il suo nome a Bari, e ai vostri antenati rifugio e riparo nella loro fuga dalla violenza e dall’oppressione”.

La sua storia si intreccia con l’accoglienza: “Una storia di ‘pellegrinaggio’ e ‘accoglienza’, resa possibile dalla fede di chi si è messo in cammino; una storia che, come tesoro prezioso, riverbera ancora oggi i suoi raggi sull’Eparchia di Lungro, nella duplice direzione dell’annuncio del Vangelo alla società odierna e della testimonianza dell’unità nella diversità della Chiesa cattolica, attraverso la compresenza, in terra calabra, di presenze latine e bizantine, entrambe non dimentiche, seppur per strade diverse, di quel passato che vide in queste terre una presenza consistente di comunità greche, con Diocesi, chiese e monasteri, e in seguito lo stabilirsi di quelle arberesche”.

Analogamente è la cattedrale di Bari, che è sintomo di unità: “Di questa storia il mondo dell’ortodossia è consapevole, e a differenza di altri contesti più travagliati, non percepisce alcuna forzatura nell’unità poi stabilita dai vostri antenati con la sede di Roma e per questo affida alla vostra Eparchia una singolare vocazione per l’unione di tutti i cristiani.

In modo analogo la Basilica di san Nicola a Bari, che custodisce le reliquie del santo nella sua cripta e ogni anno si stupisce per il dono della manna che viene raccolta presso la sua sepoltura: un tempio pienamente inserito nel contesto occidentale, ma che rimane spalancato agli orizzonti al di là del mar Mediterraneo. Non per nulla, proprio dall’Oriente continuano a venire milioni di fedeli ortodossi, e si sentono a casa, potendo pregare l’unico Signore guardando al suo fedele discepolo san Nicola”.

Eppoi ha invocato il santo per la pace in Medio Oriente: “Non vogliamo dimenticare due intenzioni: quella della pace e della riconciliazione in Medio Oriente, secondo quanto indicato dal Santo Padre insieme ai Patriarchi di quella tormentata regione, Cattolici e non, nell’incontro del 7 luglio 2018; e quella che vedrà papa Francesco nel febbraio 2020 insieme ai Vescovi di tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, con l’organizzazione della Conferenza Episcopale Italiana: sia occasione di un risveglio del ruolo e della missione dei cattolici nei diversi Paesi, nell’annuncio del Vangelo e in quella difesa della dignità della persona umana che da esso scaturisce”.

Ripercorrendo, con le parole della Bolla ‘Catholici Fideles’ di papa Benedetto XVI, la vicenda e la nascita dell’Eparchia, il card. Parolin è tornato a sottolineare la bellezza del rito dei Vespri bizantini: “La liturgia del Vespro bizantino prevede in modo suggestivo il canto dell’Inno Phos Ilaron, luce gioiosa, preceduta dall’incensazione del tempio e delle pietre vive che sono i Pastori e i fedeli che lo affollano:

il rito che si ripete non ci trovi spettatori distratti o presi dall’abitudine, incapaci così di stupirci per il significato e il mistero cui siamo ricondotti: è la certezza profonda che abita nel profondo del cuore del credente di sapere che ogni tenebra non ha e non può avere l’ultima parola sulla vita del discepolo di Cristo, di sapere che ‘amore è più bello dell’odio, l’amicizia è più bella dell’inimicizia, la fratellanza fra tutti noi è più bella dei conflitti’”.

In conclusione il card. Parolin ha ribadito che la bellezza si armonizza della carità: “In modo particolare vi raccomando la via della carità, concretizzata nella parabola del Buon Samaritano: a chi è senza speranza portate il conforto che nasce dalla certezza che Cristo cammina con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo, a chi è nella necessità recate secondo le vostre possibilità il conforto della solidarietà fraterna.

Il gesto della benedizione dei pani, e dell’artoclasia che pure animerà questo Vespro è rimando a questa dimensione concreta: il pane è frutto della terra e del lavoro dell’uomo, in maniera più evidente quando in molti dei vostri paesi e parrocchie le prosfore per il sacrificio eucaristico sono prodotte e impastate personalmente da alcuni fedeli.

Il pane benedetto invece nella festa di san Nicola è spezzato per nutrire ed essere portato nella vita di tutti giorni: la regola del cristiano è dunque quella del prendere, spezzare e condividere, come è stata la vita stessa del Figlio di Dio, nella sua Passione ‘volontariamente accettata’, come ama ripetere la liturgia bizantina”.

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