Chi non vuole la trasparenza vaticana?

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Il Vaticano? Uno Stato poco affidabile per quanto riguarda la trasparenza finanziaria, secondo una classifica del Dipartimento di Stato Usa cui è stato dato ampio risalto sui giornali. Ma la classifica si riferisce al 2011. Quando in Vaticano c’era ancora il vecchio testo della legge 127 sull’antiriciclaggio. E quando il processo di adeguamento agli standard internazionali  non era nemmeno cominciato. Ma è proprio adesso che questo processo è in pieno svolgimento, e con l’apprezzamento dell’Europa, e che la legge 127 è stata migliorata con un testo nuovo e più aderente agli standard internazionali che gli “architetti” del primo testo si agitano. Pressato da un’indagine della Procura di Roma per due movimentazioni IOR, il presidente Gotti Tedeschi si presentò spontaneamente dai giudici, senza rogatoria internazionale. E poi sollecitò una legge che sembrava tarata su misura per il suo caso. L’estensore di quella legge fu Marcello Condemi, avvocato, conosciuto, apprezzato e segnalato da Gotti Tedeschi, che ora siede nell’Autorità di Informazione Finanziaria della Santa Sede. Direttore dell’Aif è diventato Francesco De Pasquale, anche lui avvocato, e anche lui – come dimostra una e-mail pubblicata dal Fatto Quotidiano – legatissimo e fedele a Gotti Tedeschi. Come a dire: c’è una legge ad personam e un’Autorità di controllo ad personam, in cui i controllori sono particolarmente legati alla persona che devono controllare. Tutto a discapito dell’immagine e della trasparenza vaticana. Ma tutto a favore dell’immagine di grande moralizzatore che è stata cucita addosso ad Ettore Gotti Tedeschi e ai membri dell’Autorità di Informazione Finanziaria Vaticana che hanno delineato la prima versione della legge vaticana antiriciclaggio.

 

E così, per la prima volta, un’ombra è stata gettata sull’Autorità di Informazione Finanziaria, l’ente preposta a controllare le “finanze vaticane”. Fino ad ora ammantata dalla retorica della “trasparenza” finalmente raggiunta dal Vaticano, che non è più “un Paradiso fiscale”, il “passo indietro” dell’AIF riguardo la collaborazione con le Procure italiane è stata sottolineata in un articolo del Sole 24 Ore, i cui strascichi si stanno avendo anche sulla stampa internazionale. Le fughe di notizie lasciano intendere di un vivace dibattito interno allo stesso AIF. Un dibattito che – buttato nelle prime pagine dei giornali – non permette di comprendere davvero i passi concreti che sono stati fatti dalla Santa Sede, e le criticità che stanno venendo risolte. È il caso di riprendere le fila del discorso, e di mettere insieme i pezzi.

La visita degli esperti europei

La scorsa settimana si è conclusa la seconda on site visit dei consulenti MONEYVAL, l’organismo del Consiglio d’Europa che si occupa della valutazione dei sistemi antiriciclaggio dei Paesi membri. Contrariamente a quanto comparso sugli organi di stampa, non si trattava di una ispezione. MONEYVAL segue passo dopo passo le procedure di adeguamento dei Paesi membri alle normative antiriciclaggio. In genere, sono previsti quattro “round” di incontri. La normativa, infatti, non solo deve tenere conto degli standard internazionali (tra i quali la riservatezza delle informazioni finanziarie, il coinvolgimento dell’intero quadro istituzionale nel contrasto al riciclaggio e al finanziamento di terrorismo, le modalità dello scambio di informazioni tra le FIU – Financial Intelligence Unit, le Unità di Informazione Finanziaria – dei Paesi membri); deve anche adeguarsi alle peculiarità legislative di ogni Stato.

Il percorso di adeguamento agli standard internazionali è cominciato ufficialmente al termine del 2010, quando è stata inserita nell’ordinamento di Stato di Città del Vaticano la legge 127. La legge – praticamente mutuata per intero dalla normativa italiana, con qualche “picco” di severità che hanno fatto pensare ad una eccessiva solerzia del legislatore vaticano anche da parte di osservatori esterni – non solo inseriva il reato di riciclaggio in Vaticano, ma istituiva l’Autorità di Informazione Finanziaria, l’analoga delle FIU di tutto il mondo. A questa Autorità spettavano praticamente per intero i compiti di vigilanza sulla cosiddetta “finanza vaticana”, così come la discrezione sull’eventuale scambio di informazioni. Il Cardinal Nicora, presidente dell’Autorità Finanziaria, l’architetto dell’8 per mille – e che dai tempi dell’8 per mille mantiene ottimi rapporti con gli esponenti dello Stato italiano – era la figura di garanzia di questa rinnovata collaborazione tra autorità vaticane e autorità italiane. Anche perché la legge 127 era stata scritta in fretta, e sotto la pressione del sequestro da parte della Procura di Roma di 23 milioni di euro movimentati da due conti IOR presso il Credito Artigiano (20 milioni) e Banca del Fucino (3 milioni) verso un altro conto IOR presso la filiale di Francoforte della banca Jp Morgan. La “garanzia” funziona. Infatti, la legge 127 diventa operativa il 1° aprile del 2011, e poco dopo la Procura di Roma dissequestra i 23 milioni dello IOR. Non chiude, tuttavia, l’indagine.

Il miglioramento della Legge 127

Nonostante la collaborazione data dal presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR Ettore Gotti – che si presentò spontaneamente davanti ai giudici italiani, senza che fosse richiesta alcuna rogatoria internazionale, e rilasciò dichiarazioni che hanno riempito 91 pagine di verbale – e un’Autorità di Informazione Finanziaria tutta sbilanciata nei confronti dell’Italia – se si eccettua Giuseppe Della Torre, presidente del Tribunale vaticano, tutti i componenti dell’Aif sono italiani e provenienti dal mondo bancario italiano, e la direzione è praticamente una enclave della Banca d’Italia  – i passi fatti dalla legge 127 soddisfano semplicemente i criteri di un rapporto tra Italia e Santa Sede. Ma non possono soddisfare i criteri internazionali. D’altronde, dalla firma della Convenzione Monetaria con l’Unione Europea nel 2009, i rapporti della Santa Sede non sono più solo con l’Italia, ma con l’intera Europa. Se prima il Vaticano poteva coniare gli euro sulla base di un accordo bilaterale con l’Italia, adesso il conio di moneta è delineato da una convenzione con l’Europa. I rapporti sono completamente diversi. (vedi su Korazym “Trasparenza Finanziaria e Santa Sede. Cronache di un anniversario”).

Si comincia così a lavorare ad un miglioramento della legge 127. La legge necessita di essere adeguata agli standard internazionali. Il Decreto n. 159 della Pontificia Commissione dello Stato di Città del Vaticano viene pubblicato il 25 gennaio. (vedi su Korazym “Il Vaticano migliora la legge antiriciclaggio. Per rispettare gli standard internazionali”)

Tra le novità, anche l’obbligo di stipulare dei protocolli di intesa con gli Stati per lo scambio di informazioni finanziarie (art. 41). Un obbligo che prima non era presente nella legge 127. Un obbligo che hanno anche altri Stati nel mondo (ad esempio il Canada e il Lichtenstein), ma non l’Italia. Che però stipula i protocolli d’intesa con gli Stati in cui il protocollo è previsto e obbligatorio. Potrebbe rifiutarsi di stipulare un protocollo con lo Stato di Città del Vaticano?

Fughe di notizie

E a questo punto è necessario ripercorrere a ritroso le fughe di notizie sugli organi di stampa riguardanti lo IOR e l’Autorità di Informazione Finanziaria. Il Fatto Quotidiano pubblica una nota del Cardinal Nicora in cui parla della revisione della legge n. 127 come “un passo indietro”, e persino una e-mail inviata dal direttore dell’AIF Francesco De Pasquale ad Ettore Gotti Tedeschi, in cui lo stesso De Pasquale (controllore) lamentava le nuove norme con Gotti Tedeschi (controllato). Un rapporto discutibile, che lascia persino pensare al fatto che Gotti Tedeschi voglia una legge antiriciclaggio ad personam, quasi a voler chiudere l’indagine che l’Italia sta svolgendo nei suoi confronti;  come “ad personam” potrebbe essere considerato lo stesso  l’AIF, che ha alla direzione un uomo a Gotti Tedeschi legato e fedele, come si evince dalla missiva. Ancora prima, lo stesso Fatto Quotidiano pubblica una nota interna dell’Aif in cui Giuseppe Dalla Torre discuteva della retroattività della legge 127. Una nota – tra l’altro basata su un principio giuridico riconosciuto da tutti, che è quello di non applicare le nuove normative a fatti che sono accaduti precedentemente alla promulgazione della nuova norma – utilizzata per sostenere la tesi che la Santa Sede aveva messo il freno nel collaborare sui problemi di riciclaggio.

Prima ancora, Luca Tescaroli ha lamentato che ben tre rogatorie internazionali inviate alla Santa Sede nell’ambito del processo sulla misteriosa morte del banchiere Calvi – uno dei principali protagonisti dello scandalo IOR/Ambrosiano – non hanno ricevuto riscontro. Ma le tre rogatorie non sono mai arrivate in Vaticano, che negli ultimi dieci anni ha ricevuto 20 richieste di rogatorie internazionali: 19 sono state evase, 1 no perché la Santa Sede ha rivendicato la propria sovranità sul caso (che è stato comunque giudicato da un tribunale vaticano). La rogatoria internazionale, per essere effettiva, deve essere inoltrata attraverso canale diplomatico dal Ministero di Grazia e Giustizia, e poi vidimata dall’Ufficio del Protocollo della Segreteria di Stato. Le rogatorie di Tescaroli – quelle riprodotte sul sito di Repubblica mancano addirittura del timbro del ministero – assomigliano più a richieste informali di collaborazione che a vere e proprie rogatorie. Ovviamente, la Santa Sede non può rispondere a quel tipo di richieste, perché è uno Stato sovrano, e rivendica così la propria sovranità.

Infine, viene fatto aleggiare il sospetto che la Santa Sede rischia di non essere ammessa nella white list dei Paesi virtuosi a luglio. Ma a luglio c’è semplicemente la plenaria di MONEYVAL, in cui viene presentato il rapporto. E le visite di MONEYVAL rappresentano parte di un processo in corso.

Infatti, il comunicato di MONEYVAL al termine dell’ultima on site visit ci tiene a sottolineare che gli incontri sono previsti, così come che il rapporto sarà presentato il prossimo luglio. I rapporti della Santa Sede con l’Europa sembrano ottimi, e gli esperti MONEYVAL sembrano apprezzare i passi avanti che sono stati svolti. (vedi su Korazym “Vaticano, un altro passo verso la trasparenza finanziaria”)

Un’ombra sull’Aif

Ma il giorno seguente il comunicato di MONEYVAL, Il Sole 24 Ore – gettando per la prima volta  un’ombra sul lavoro dell’Autorità di Informazione Finanziaria – pubblica un articolo particolarmente dettagliato che spiega come la filiale di Milano della Banca di Jp Morgan abbia chiuso il conto aperto presso di loro dallo IOR. Il motivo? Il fatto che lo IOR sarebbe  “impossibilitato a rispondere” alle richieste di ulteriori informazioni riguardanti alcuni pagamenti trasmessi dal conto presso la filiale di Milano. Jp Morgan ricorda inoltre che le attività bancarie della filiale sono regolate “sia dalle leggi dello Stato italiano che dalle policy interne”, per cui, confrontando le motivazioni Ior con le direttive di entrambi gli istituti, JpMorgan ritiene di non avere sufficienti informazioni per continuare a fornire il servizio di pagamenti e incassi del conto n. 1365.

La filiale di Milano ha deciso semplicemente di evitare problemi. Perché l’articolo fornisce un altro dato interessante. Le FIU di tutto il mondo sono unità di intelligence destinate allo scambio di informazioni interne. Quando c’è una sospetta operazione di riciclaggio, è la banca che lo segnala alla vigilanza della Banca Centrale, che lo segnala a sua volta all’Unità di Informazione Finanziaria. Le segnalazioni restano anonime, e la garanzia di riservatezza serve proprio a garantire le funzionalità del sistema di prevenzione dell’antiriciclaggio. Sono parametri delineati dall’Egmont Group delle Financial Intelligence Units. Il gruppo Egmont deve il suo nome all’Hotel Egmont di Bruxelles, dove un gruppo di FIU si riunì nel 1995. Lo scopo del Gruppo Egmont è d fornire un tavolo per le FIU di tutto il mondo per migliorare la cooperazione nella lotta contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo, e di sviluppare il miglioramento dei programmi di ciascuno Stato in questo campo. La riservatezza delle informazioni è un criterio cardine, stabilito anche dalla legge 231 del 2007 con cui lo Stato italiano definiva le competenze dell’Unità di Informazione Finanziaria presso la Banca d’Italia. All’articolo 6 si legge, infatti, che “la UIF esercita le proprie funzioni in piena autonomia e indipendenza. In attuazione di tali principi la Banca d’Italia disciplina con regolamento l’organizzazione e il funzionamento della UIF, ivi compresa la riservatezza delle informazioni acquisite. La Banca d’Italia attribuisce alla UIF mezzi finanziari e risorse idonei ad assicurare l’efficace perseguimento dei suoi fini istituzionali”. Le Autorità, tra l’altro, godono anche di una immunità “funzionale” rispetto alle inchieste, e questo serve a garantire loro l’indipendenza necessaria a svolgere le indagini.

Nel caso della chiusura del conto Jp Morgan, nessun parametro è stato rispettato. È avvenuto – ed è chiaramente raccontato nell’articolo del Sole 24 Ore – che la Procura di Roma ha allertato l’Ufficio di Informazioni Finanziarie di Bankitalia, il quale ha allertato la vigilanza, la quale ha chiesto alla filiale Jp Morgan informazioni sul conto. Ma se le Procure vogliono fare indagini, le devono fare attraverso la Guardia di Finanza. Altro dato che emerge dall’articolo, la configurazione dello IOR come un ente. Ma lo IOR non è un ente, bensì una “banca corrispondente” che ha – come tutte le banche del mondo – acceso un conto presso la filiale Jp Morgan per movimentare denaro. Tra l’altro, Paola Severino, attuale ministro della Giustizia italiano, non è l’avvocato dello IOR, come viene descritta, bensì l’avvocato di Ettore Gotti Tedeschi. Fu lei a consigliere al presidente dello IOR il cambio di strategia che lo portò a riferire ai giudici italiani di tutte le procedure dello IOR.

I rapporti tra Italia e Santa Sede

Così, mentre la Santa Sede prosegue il suo lavoro di adeguamento agli standard internazionali, mantenendo le proprie peculiarità di Stato sovrano e ottenendo l’apprezzamento dell’Europa, viene messa in atto una sottile campagna stampa che dipinge la Santa Sede non come uno Stato con una sua sovranità, ma come una sorta di enclave all’interno dell’Italia. Di fronte a tale ostilità, lo IOR ha deciso una diversa politica, e chiuso tutti i rapporti con le banche italiane. Ora lo IOR movimenta dalle filiali Deutsche Bank tedesche. I giudici italiani non si sono fermati, e il procuratore Nello Rossi e il sostituto Nuccio Fava hanno chiesto alla Germania di rendere conto dei movimenti IOR sulle banche tedesche. Invano. Intanto, è stato innalzato a 37 euro il costo di un bonifico dall’estero su Italia, rendendo estremamente disagevoli le operazioni di Congregazioni Religiose ed altri correntisti dello IOR, che vengono raggiunti dalle offerte delle banche italiane di conti ad hoc con meno spesa e più rendimento finanziario.

È una guerra sottile, in cui in gioco sembra essere proprio la sovranità stessa della Santa Sede. Intanto, i teorici del “passo indietro” riguardo la legge 127 si agitano. Viene passata sottobanco l’informazione che il Cardinal Nicora stia lavorando ad una ulteriore revisione della legge che riporti tutto alla situazione originaria. E nel frattempo, ampio risalto viene dato dai giornali alla classifica dei paesi affidabili diffusa dalla Segreteria di Stato americana. Manco a dirlo, il Vaticano è considerato poco affidabile. Ma la classifica si riferisce al 2011. Quando c’era la vecchia legge. E quando il processo di adeguamento agli standard internazionali non era nemmeno cominciato.

VEDI ANCHE : Finanze vaticane, l’altra tromba.

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/03/26/finanze-vaticane-laltra-tromba/

 

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