Verso il Messico: Giovanni Paolo II e la Madonna di Guadalupe

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Benedetto XVI ha affidato l’imminente viaggio in Messico e Cuba “all’intercessione della Beata Vergine Maria, tanto amata e venerata in questi due Paesi che mi accingo a visitare”. Lo ha fatto durante l’angelus di domenica scorsa, parlando del suo attesissimo viaggio internazionale, che si terrà dal 23 al 28 marzo prossimi, anticipandone in qualche modo i tratti mariani. Già Giovanni Paolo II aveva pregato in maniera speciale la Vergine di Guadalupe: il 12 dicembre 1981, durante la Santa Messa celebrata in San Pietro per il 450° anniversario delle apparizioni a San Juan Diego Cuauhtlatoatzin a Tepeyac (Armando Flores Navarro). Ce lo ricorda il quadro conservato nella cappella del Pontificio Collegio Messicano di Roma, donato dalla  Chiesa del Messico a Papa Clemente XIII ed esposto in forma eccezionale nella Sala Stampa della Santa Sede durante il briefing di presentazione del prossimo viaggio in America Latina, tenuto da padre Federico Lombardi venerdì scorso.

 

L’immagine di Nostra Signora di Guadalupe è un opera del 1757 di Miguel Cabrera (1695-1768), un pittore messicano di origine oaxana. È il pittore più conosciuto del Messico Vicereale. Il Santo Padre (probabilmente Pio IX) la donò al Collegio Pío Latino da dove passò, come regalo, al Collegio Messicano alla sua fondazione nel 1967. Il pittore, figlio di genitori sconosciuti e figlioccio di una coppia di mulatti, forse formato nell’atelier di José de Ibarra, iniziò la sua attività artistica nel 1740. Durante la sua vita era riconosciuto come il più grande pittore di tutta la Nuova Spagna (l’attuale Messico). È sepolto nella Chiesa di Santa Inés a Città del Messico.

Gli vengono attribuite 300 opere, in maggioranza di natura religiosa. Famosa è la pala d’altare, eseguito nel 1753 insieme a Higinio de Chávez, nella chiesa gesuita di Tepotzotlán. Il suo lavoro è stato influenzato da Bartolomé Estéban Murillo e dalla pittura francese del suo tempo. Nel XIX secolo, lo scrittore José Bernardo Couto lo definì “la personificazione del grande artista e del pittore per eccellenza, e un secolo dopo la sua morte il suo meritato primato rimane intatto”. Nel 1753 fondò la seconda Accademia di pittura a Città del Messico di cui era il direttore. Il tema mariano, e più concretamente la Vergine di Guadalupe, occupa gran parte dell’opera di Miguel Cabrera. Era il pittore preferito dei gesuiti e dell’Arcivescovo del Messico, José Manuel Rubio y Salinas. Grazie a questo sostegno, una sua opera, l’immagine di Nostra Signora di Guadalupe, arrivò all’attenzione di Papa Benedetto XIV, che ammirato esclamò come in nessuna nazione era avvenuto un miracolo come nella Nuova Spagna, sulla collina di Tepeyac. Ciò ha reso Cabrera il pittore guadalupiano per eccellenza e il più rinomato.

Cabrera eccelle nel genere della ritrattistica. Non si limita all’applicazione delle codificazioni e delle convenzioni, non le fa pesare e rappresenta situazioni e individualità. I suoi magnifici ritratti di monache, Suor Juana Inés de la Cruz (Museo Nacional de Historia), Suor Francisca Ana de Neve (sacristía di Santa Rosa de Querétaro) e Suor Agustina Arozqueta (Museo Nacional del Virreinato, a Tepotzotlán), sono tre omaggi alla donna, al suo intelletto, alla sua bellezza e alla sua vita interiore.

Il pittore è famoso anche per la “tilma” di Guadalupe, costituita da due teli di ayate – un rozzo tessuto di fibre d’agave, usato in Messico dagli indios poveri per fabbricare abiti – cuciti insieme con filo sottile. Su di essa si vede l’immagine della Vergine, di dimensioni leggermente inferiori al naturale (l’altezza è di 143 cm) e di carnagione un po’ scura, donde l’appellativo popolare messicano di Virgen Morena o Morenita, circondata dai raggi del sole e con la luna sotto i suoi piedi, secondo la figura della Donna dell’Apocalisse. I tratti del volto non sono né di tipo europeo né di tipo indio, ma piuttosto meticcio – cosa “profetica” al tempo dell’apparizione – così che oggi, dopo secoli, la Vergine di Guadalupe appare tipicamente “messicana”. Sotto la falce argentata della luna un angelo, le cui ali sono ornate di lunghe penne rosse, bianche e verdi, sorregge la Vergine che, sotto un manto verde-azzurro coperto di stelle dorate, indossa una tunica rosa “ricamata” di fiori dai contorni dorati, e stretta sopra la vita da una cintura color viola scuro: questa cintura – il “segno di riconoscimento”, presso gli aztechi, delle donne incinte – indica che la Vergine è in procinto di donare agli uomini il Salvatore.

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