Papa Francesco ad Hiroshima: mai più guerre

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“La pace non è più di un ‘suono di parole’ se non si fonda sulla verità, se non si costruisce secondo la giustizia, se non è vivificata e completata dalla carità e se non si realizza nella libertà”: è questo il tweet di papa Francesco che dà significato alla prima giornata, dopo l’arrivo di ieri, della visita apostolica in Giappone.

Questo secondo giorno in terra giapponese si è concluso ad Hiroshima, città devastata dalla bomba atomica durante la Seconda Guerra Mondiale, da dove ha lanciato un messaggio di tre verbi, in cui ha sottolineato l’immoralità della guerra:

“L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho detto già due anni fa. Saremo giudicati per questo. Ricordare, camminare insieme, proteggere. Questi sono tre imperativi morali che, proprio qui a #Hiroshima, acquistano un significato ancora più forte e universale e hanno la capacità di aprire un vero cammino di pace”.

Nakasaki e Hiroshima, due città simbolo della guerra, in cui il papa nel Parco del Memoriale della Pace, ha deposto ai piedi del monumenti due mazzi di fiori offerti dai sopravvissuti dalla bomba atomica al plutonio ‘Little Boy’, sganciata il 6 agosto 1945; e tre giorni dopo, il 9 agosto 1945, ‘Fat Man’ su Nagasaki.

Prima del suo discorso ha ascoltato le testimonianze di due sopravvissuti: “Mi chiamo Yoshiko Kajimoto. Quando fummo bombardati avevo 14 anni ed ero uno studente di terza media. All’epoca mi trovavo a 2.3 chilometri al nord dell’epicentro, e lavoravo nella produzione di parti per le eliche degli aeroplani.

Nel momento in cui una luce blu ha attraversato la finestra, ho subito pensato a una bomba. Poi la fabbrica è rumorosamente crollata ed io sono svenuto. Sono rinvenuto tra le grida dei miei compagni, ma era buio e non riuscivo a muovermi perché ero sepolto sotto le macerie…

Lungo la strada, c’erano persone che camminavano fianco a fianco come fantasmi; persone il cui corpo era così bruciato che non riuscivo a differenziarli tra uomini e donne, i capelli dritti, i volti gonfi, le labbra pendenti, con entrambe le mani tese e con la pelle bruciata che penzolava.

Nessuno in questo mondo può immaginare una simile scena infernale. Nei giorni seguenti i cadaveri iniziarono a marcire e un fumo bianco avvolgeva tutto: Hiroshima era diventata un forno crematorio. Per molto tempo non sono riuscito a rimuovere il cattivo odore dal mio corpo e dai miei vestiti…

Mia madre è morta a causa degli effetti della bomba atomica dopo averne sofferto per venti anni. Due terzi del mio stomaco mi sono stati rimossi a causa del cancro nel 1999. La maggior parte dei miei amici sono morti a causa del cancro. Inoltre, a causa delle radiazioni, 74 anni dopo soffro di leucemia e cancro”.

Mentre Kojí Hosokawa, assente per motivi di salute, ha fatto pervenire la sua testimonianza: “All’epoca avevo 17 anni e mi trovavo al 4° piano di un edificio a 1.3 chilometri dall’epicentro quando la bomba è stata sganciata, ma sono sopravvissuto miracolosamente. Delle dozzine (di persone) che sono state esposte nello stesso posto, io sono l’unico che è ancora vivo…

Nonostante siamo sopravvissuti, in molti abbiamo sofferto di cheloidi per tutta la vita, nonché degli effetti postumi e delle conseguenze. Ho continuato a vivere nella paura delle malattie in conseguenza della bomba atomica…

La guerra fece impazzire le persone e la follia finale fu la bomba atomica che ha negato l’esistenza umana. Sebbene mi rimane poco tempo, credo che trasmettere l’esperienza di Hiroshima alle nuove generazioni sia l’ultima missione che ci è stata affidata a quanti siamo sopravvissuti ad essa”.

Dopo aver ascoltato le testimonianze papa Francesco ha invocato Dio della misericordia e Signore della storia: “Qui, di tanti uomini e donne, dei loro sogni e speranze, in mezzo a un bagliore di folgore e fuoco, non è rimasto altro che ombra e silenzio. Appena un istante, tutto venne divorato da un buco nero di distruzione e morte.

Da quell’abisso di silenzio, ancora oggi si continua ad ascoltare il forte grido di coloro che non sono più. Provenivano da luoghi diversi, avevano nomi diversi, alcuni di loro parlavano diverse lingue. Sono rimasti tutti uniti da uno stesso destino, in un’ora tremenda che segnò per sempre non solo la storia di questo Paese, ma il volto dell’umanità.

Faccio memoria qui di tutte le vittime e mi inchino davanti alla forza e alla dignità di coloro che, essendo sopravvissuti a quei primi momenti, hanno sopportato nei propri corpi per molti anni le sofferenze più acute e, nelle loro menti, i germi della morte che hanno continuato a consumare la loro energia vitale”.

La sua presenza è quella di un pellegrino di pace, ‘voce dei poveri’: “Ho sentito il dovere di venire in questo luogo come pellegrino di pace, per rimanere in preghiera, ricordando le vittime innocenti di tanta violenza, portando nel cuore anche le suppliche e le aspirazioni degli uomini e delle donne del nostro tempo, specialmente dei giovani, che desiderano la pace, lavorano per la pace, si sacrificano per la pace.

Sono venuto in questo luogo pieno di memoria e di futuro portando con me il grido dei poveri, che sono sempre le vittime più indifese dell’odio e dei conflitti.  Desidererei umilmente essere la voce di coloro la cui voce non viene ascoltata e che guardano con inquietudine e con angoscia  le crescenti tensioni che attraversano il nostro tempo, le inaccettabili disuguaglianze e ingiustizie che minacciano la convivenza umana, la grave incapacità di aver cura della nostra casa comune, il ricorso continuo e spasmodico alle armi, come se queste potessero garantire un futuro di pace”.

Ricordando il discorso all’ONU di san Paolo VI ha denunciato l’uso immorale delle armi: “Quando ci consegniamo alla logica delle armi e ci allontaniamo dall’esercizio del dialogo, ci dimentichiamo tragicamente che le armi, ancor prima di causare vittime e distruzione, hanno la capacità di generare cattivi sogni, ‘esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli’… 

Inoltre, ‘la pace non è la semplice assenza di guerra; ma è un edificio da costruirsi continuamente’. E’ frutto della giustizia, dello sviluppo, della solidarietà, dell’attenzione per la nostra casa comune e della promozione del bene comune, imparando dagli insegnamenti della storia”.

E con le parole del salmo 84 ha invocato la pace: “In un’unica supplica, aperta a Dio e a tutti gli uomini e donne di buona volontà, a nome di tutte le vittime dei bombardamenti, degli esperimenti atomici e di tutti i conflitti, dal cuore eleviamo insieme un grido: mai più la guerra, ma più il boato delle armi, mai più tanta sofferenza! Venga la pace nei nostri giorni, in questo nostro mondo…

Vieni, Signore, che si fa sera, e dove abbondò la distruzione possa oggi sovrabbondare la speranza che è possibile scrivere e realizzare una storia diversa. Vieni Signore, Principe della pace, rendici strumenti e riflessi della tua pace!”

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