Il ritorno del matrimonio in Italia

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Nel 2018 sono stati celebrati in Italia 195.778 matrimoni, circa 4.500 in più rispetto all’anno precedente (+2,3%): così ha registrato l’Istat; forse un segno di speranza, perché secondo una proiezione del 2014, formulata dal Censis la crisi demografica avrebbe azzerato le nozze nel 2031, se la diminuzione si fosse mantenuta costante. Però niente illusioni, perché prosegue la tendenza a sposarsi sempre più tardi: attualmente gli sposi al primo matrimonio hanno in media 33,7 anni e le spose 31,5 (rispettivamente 1,6 e 2,1 anni in più rispetto al 2008).

Quindi nel decennio appena trascorso la tendenziale diminuzione dei matrimoni è dovuta prevalentemente al calo delle prime nozze: i matrimoni tra celibi e nubili sono passati da oltre 210.000 nel 2008 a quasi 157.000 nel 2018. Nel 2017 si è registrato il minimo relativo delle prime nozze (152.500), in parte recuperate nel 2018. Infatti, tra il 2017 e il 2018, la crescita registrata nel totale dei matrimoni è dipesa quasi esclusivamente dall’aumento dei primi matrimoni che, con 4.370 eventi in più, hanno raggiunto 156.870 celebrazioni.

Nella maggior parte dei primi matrimoni entrambi gli sposi sono cittadini italiani (l’86%) e sono proprio le nozze di questa tipologia a essere in forte flessione rispetto al 2008: da 185.749 prime nozze a 134.249 nel 2018 (con una riduzione di 51.500 unità). Anche in questo caso, nel 2018 si registra una ripresa dei primi matrimoni di sposi entrambi italiani di quasi 3.000 unità, circa due terzi dell’aumento dei primi matrimoni registrato nell’ultimo anno.

Per l’Istat la contrazione delle nascite ha determinato il fenomeno del ‘degiovanimento’ (riduzione della popolazione tra 16 e 34 anni): al 1° gennaio 2018 sono quasi 12.000.000, un milione e 200.000 in meno rispetto al 2008. Questa contrazione ha contribuito alla diminuzione dei matrimoni dei giovani tra i 16 e 34 anni. Infatti, mentre nel 2018 l’incidenza delle prime nozze dei giovani è del 59,7% tra gli sposi e del 72,5% tra le spose, nel 2008 era di circa 10 punti percentuali in più.

Inoltre secondo i calcoli dell’Istat nel 2018 sono stati celebrati 432 primi matrimoni per 1.000 uomini e 480 per 1.000 donne; tali valori, sebbene inferiori del 19,5% e del 19,3% rispetto al 2008, sono in crescita per gli uomini rispetto all’anno precedente e per le donne rispetto al valore minimo del 2014. Quindi negli ultimi 4 anni la diminuzione della primo-nuzialità si è attenuata.

La diminuzione dei primi matrimoni è da mettere in relazione in parte con la progressiva diffusione delle libere unioni: dal 1997-1998 al 2017-2018 sono passate da circa 329.000 a 1.368.000. L’incremento è dipeso prevalentemente dalla crescita delle libere unioni di celibi e nubili, passate da 122.000 a 830.000. Questa modalità di ‘fare famiglia’ è sempre più diffusa anche nel caso di famiglie con figli; l’incidenza di bambini nati fuori del matrimonio è in continuo aumento: nel 2017 quasi un nato su tre ha i genitori non coniugati.

Inoltre accanto alla scelta delle libere unioni come modalità alternativa al matrimonio, sono in continuo aumento le convivenze prematrimoniali, le quali possono avere un effetto sul rinvio delle nozze a età più mature (posticipazione del primo matrimonio). Ma è soprattutto la protratta permanenza dei giovani nella famiglia di origine a determinare il rinvio delle prime nozze.

Nel 2018 vivono nella famiglia di origine il 67,5% dei maschi tra 18 e 34 anni (oltre 3.700.000) e il 56,4% delle loro coetanee (oltre 2.900.000). Particolarmente rilevante è l’aumento nel tempo di chi vive nella famiglia di origine, specialmente per le donne: rispetto al 2008 le donne che non hanno ancora lasciato la famiglia di origine sono aumentate di 3 punti percentuali mentre gli uomini di 1,3.

Però, analizzando i tassi di primo-nuzialità, dopo i bassi livelli del 2014, l’Istat ha osservato un andamento altalenante anche come conseguenza delle modificazioni legislative introdotte riguardanti il divorzio. Mettendo a confronto la media annua dei tassi di primo-nuzialità nel periodo 2015-2018 col tasso osservato nel 2014, a dispetto di un lieve aumento dell’indicatore osservato per il complesso della popolazione in età tra 16 e 49 anni (circa il 3% in più per uomini e donne), emerge un sostanziale arresto dei primi matrimoni dei giovani fino a 34 anni.

Si osserva, invece, un aumento del 10,3 e 17,3%, rispettivamente per uomini e donne, dei matrimoni tra i 35 e 49 anni, effetto della posticipazione dell’evento verso età sempre più mature. Inoltre nel 2018 i matrimoni in cui almeno uno sposo ha 65 anni o più anni costituiscono ancora una quota residuale del totale dei matrimoni, seppur in aumento: 3,4% quando è lo sposo ad avere più di 64 anni, 0,9% quando è la sposa.

Tuttavia tale proporzione è più che raddoppiata rispetto al 2008 sia per gli uomini sia per le donne (erano rispettivamente 1,4% e 0,4%). Per quanto concernono i matrimoni misti nel 2018 sono state celebrate 33.933 nozze con almeno uno sposo straniero, il 17,3% del totale dei matrimoni, una proporzione in leggero aumento rispetto all’anno precedente.

La quota dei matrimoni con almeno uno sposo straniero è notoriamente più elevata nelle aree in cui è più stabile e radicato l’insediamento delle comunità straniere, cioè al Nord e al Centro. A livello regionale in cima alla graduatoria vi sono la provincia autonoma di Bolzano (30,1%), la Toscana (27,8%), l’Umbria (25,2%) e il Veneto (24,5%). I matrimoni misti (in cui uno sposo è italiano e l’altro straniero) ammontano a oltre 24.000 nel 2018 (70,5%) e rappresentano la parte più consistente dei matrimoni con almeno uno sposo straniero.

Nelle coppie miste, la tipologia più frequente è quella in cui lo sposo è italiano e la sposa è straniera; questo tipo di matrimonio riguarda il 9,1% del totale delle celebrazioni a livello medio nazionale (17.789 nozze celebrate nel 2018) e arriva quasi al 12% nel Centro-Nord. Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero sono state 6.127 nel 2018, il 3,1% del totale delle spose. I casi in cui entrambi gli sposi sono stranieri sono 10.017 (il 5,2% dei matrimoni totali) e si riducono di molto se si considerano solo quelli in cui almeno uno dei due sposi è residente in Italia (5.451 nozze in totale).

Gli uomini italiani che nel 2018 hanno sposato una cittadina straniera hanno nel 18,6% dei casi una moglie rumena, nel 12,7% un’ucraina, nel 6,7% una brasiliana e nel 6,1% una russa. Le donne italiane che hanno sposato un cittadino straniero, invece, hanno scelto più spesso uomini con cittadinanza marocchina (15,0%), albanese (10,0%) e tunisina (5,2%). Complessivamente, in questa tipologia di coppia, più di tre sposi stranieri su 10 sono cittadini di un paese africano.

Considerando i matrimoni di sposi entrambi stranieri in cui almeno uno è residente in Italia, quelli più diffusi sono tra rumeni (1.521 matrimoni nel 2018, pari al 27,9% del totale dei matrimoni tra sposi stranieri residenti), seguono quelli tra nigeriani (559 nozze, il 10,3%) e ucraini (408 matrimoni, il 7,5%).

Cresce anche la quota di matrimoni in cui almeno uno sposo è stato già unito in matrimonio: nel 2018 il 19,9% dei matrimoni riguarda almeno uno sposo alle seconde nozze (o successive), nel 2008 era il 13,8%. La tipologia più frequente tra i matrimoni successivi al primo è quella in cui lo sposo è divorziato e la sposa è nubile (13.597 nozze, il 6,9% dei matrimoni celebrati nel 2018); a seguire vi sono le celebrazioni in cui è la sposa a essere divorziata e lo sposo è celibe (5,5% del totale) e quelle in cui entrambi gli sposi sono divorziati (5,4%).

Le percentuali più elevate di matrimoni con almeno uno sposo alle seconde nozze si osservano in Valle d’Aosta (30,8% del totale delle celebrazioni), Liguria (30,7%), Friuli-Venezia Giulia (30,2%), Emilia-Romagna (28,4%) e Piemonte (27,9%). Le incidenze più basse si rilevano, invece, in Basilicata (7,8%), Calabria (8,9%) e Campania (9,8%), con percentuali più che dimezzate rispetto al valore medio nazionale. Un altro tratto distintivo dell’evoluzione della nuzialità è la crescita sostenuta delle nozze celebrate con il rito civile, passate dal 2,3% del 1970, al 36,7% del 2008 fino al 50,1% del 2018 (98.182 matrimoni celebrati con rito civile, circa 8 mila in più rispetto al 2008).

Al Nord la quota è del 63,9% mentre al Sud è meno della metà (30,4%). Sono celebrate prevalentemente con rito civile le seconde nozze e successive (94,6%) e i matrimoni con almeno uno sposo straniero (89,5%).

Considerando i primi matrimoni di sposi entrambi italiani, che costituiscono l’85,6% del totale dei primi matrimoni, l’incidenza media di quelli celebrati con il rito civile è del 31,3%. Anche la scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni è un fenomeno in rapida crescita: nel 2008, l’incidenza dei matrimoni in regime di separazione dei beni era pari al 62,7% e in soli 11 anni è arrivata al 72,9%.

Infine nello scorso anno sono state costituite 2.808 unioni civili (tra coppie dello stesso sesso) presso gli Uffici di Stato civile dei comuni italiani. Queste si vanno a sommare a quelle già costituite nel corso del secondo semestre 2016 (2.336) e dell’anno 2017 (4.376). Anche nel 2018 è confermata la prevalenza di coppie di uomini (1.802 unioni, il 64,2% del totale), anche se in progressivo ridimensionamento (73,6% nel 2016, 67,7% nel 2017).

Il 37,2% delle unioni civili è stato costituito nel Nord-ovest, seguito dal Centro (27,2%). In testa si posiziona la Lombardia con il 25%, a seguire Lazio (15,1%), Emilia-Romagna (10,0%) e Toscana (9,4%).

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