Papa Francesco incontra i volti del cattolicesimo thailandese

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Nella tappa odierna del viaggio apostolico in Thailandia e Giappone, Papa Francesco trascorre l’intera giornata a Bangkok, incontrando le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. Il Pontefice si rivolge ai membri del Governo e del Corpo Diplomatico ricordando i problemi globali che interessano tutta l’umanità. «L’epoca attuale – ha dichiarato il Papa – è segnata dalla globalizzazione, considerata troppo spesso in termini strettamente economico-finanziari ed incline a cancellare le note essenziali che configurano e generano la bellezza e l’anima dei nostri popoli; invece l’esperienza concreta di un’unità che rispetti e ospiti le differenze serve di ispirazione e di stimolo a tutti coloro che hanno a cuore il mondo così come desideriamo lasciarlo alle generazioni future».

Nelle parole del Pontefice affiorano anche i temi che riguardano la libertà, la violenza e l’ingiustizia, in modo particolare per i bambini feriti, violentati ed esposti ad ogni forma di sfruttamento, schiavitù, violenza e abuso; non ultimo i tema riguardante i movimenti migratori soprattutto per condizioni in cui essa si svolge e che non può essere ignorata. «Auspico – ha detto Papa Francesco – che la comunità internazionale agisca con responsabilità e lungimiranza, possa risolvere i problemi che portano a questo tragico esodo e promuova una migrazione sicura, ordinata e regolata», per proteggere «la dignità e i diritti dei migranti e dei rifugiati, i quali affrontano pericoli, incertezze e sfruttamento nella ricerca della libertà e di una vita degna per le proprie famiglie. Non si tratta solo di migranti, si tratta anche del volto che vogliamo dare alle nostre società».

Le nostre società – conclude il Pontefice – «hanno bisogno di “artigiani dell’ospitalità”, uomini e donne che si prendano cura dello sviluppo integrale di tutti i popoli, in seno a una famiglia umana che si impegni a vivere nella giustizia, nella solidarietà e nell’armonia fraterna».

Immediatamente dopo il Papa si reca al Wat Ratchabophit Sathit Maha Simaram Temple di Bangkok per l’incontro con il Patriarca supremo dei buddisti. Un incontro che si inscrive entro il cammino di stima e di mutuo riconoscimento iniziato da Paolo VI e Giovanni Paolo II.

Papa Francesco ha riservato al Patriarca parole di amicizia e riconoscenza per la libertà nella pratica religiosa e l’armonia che i cristiani – in quattro secoli di presenza, seppur come gruppo minoritario – hanno potuto esprimere nella terra thailandese. Il Pontefice ha auspicato «tra i fedeli delle nostre religioni lo sviluppo di nuovi progetti di carità, capaci di generare e incrementare iniziative concrete sulla via della fraternità, specialmente con i più poveri, e riguardo alla nostra tanto maltrattata casa comune. In questo modo contribuiremo alla formazione di una cultura di compassione, di fraternità e di incontro, tanto qui come in altre parti del mondo».

Incontrando il personale medico del St. Louis Hospital di Bangkok, Papa Francesco ha mostrato lodevole apprezzamento per le attività sanitarie promosse nell’Ospedale cattolico thailandese. «Voi – ha sottolineato il Pontefice – compite una delle più grandi opere di misericordia, poiché il vostro impegno sanitario va ben oltre una semplice e lodevole pratica della medicina. Tale impegno non può ridursi solo a realizzare alcune azioni o determinati programmi, ma dovete andare al di là, aperti all’imprevisto. Accogliere e abbracciare la vita come arriva al Pronto Soccorso dell’ospedale per essere trattata con una pietà speciale, che nasce dal rispetto e dall’amore per la dignità di tutti gli esseri umani. Anche i processi di guarigione richiedono e rivendicano la forza di un’unzione capace di restituire, in tutte le situazioni che si devono attraversare, uno sguardo che dà dignità e che sostiene».

Ai presenti (circa 700 persone tra medici, infermieri e personale paramedico), il Papa ha ribadito l’importanza della carità che tutti noi cristiani siamo chiamati ad esercitare, «tutti voi – ha detto il Pontefice –, membri di questa comunità sanitaria, siete discepoli missionari quando, guardando un paziente, imparate a chiamarlo per nome. So che a volte il vostro servizio può essere pesante e stancante; vivete in mezzo a situazioni estreme, e ciò richiede che possiate essere accompagnati e assistiti nel vostro lavoro. Da qui l’importanza di sviluppare una pastorale della salute in cui, non solo i pazienti, ma tutti i membri di questa comunità possano sentirsi accompagnati e sostenuti nella loro missione. Sappiate anche che i vostri sforzi e il lavoro delle tante istituzioni che rappresentate sono la testimonianza viva della cura e dell’attenzione che siamo chiamati a dimostrare per tutte le persone, in particolare per gli anziani, i giovani e i più vulnerabili».

Terminate le due visite private (ai malati e alle persone disabili al St. Louis Hospital e a Sua Maestà il Re Maha Vajiralongkorn “Rama X”), Papa Francesco ha presieduto la celebrazione della Santa Messa che si è svolta nello Stadio Nazionale di Bangkok dov’erano presenti 40 mila thailandesi, mentre altre 20 mila persone seguivano l’evento attraverso i maxischermi nel vicino stadio Thephasadin.

I primi missionari che si misero in cammino e arrivarono in queste terre – ha detto Francesco – «poterono vedere che appartenevano a una famiglia molto più grande di quella generata dai legami di sangue, di cultura, di regione o di appartenenza a un determinato gruppo». Senza quell’incontro, «al Cristianesimo sarebbe mancato il vostro volto; sarebbero mancati i canti, le danze che rappresentano il sorriso thai, così tipico in queste terre». Il discepolo missionario – ha precisato il Pontefice – «non è un mercenario della fede né un procacciatore di proseliti, ma un mendicante che riconosce che gli mancano i fratelli, le sorelle e le madri, con cui celebrare e festeggiare il dono irrevocabile della riconciliazione che Gesù dona a tutti noi: il banchetto è pronto, uscite a cercare tutti quelli che incontrate per la strada (cfr Mt 22,4.9)».

Le parole diventano meste quando il Pontefice ricorda nella sua omelia i bambini e le donne esposte alla prostituzione e alla tratta, «sfigurati nella loro dignità più autentica; penso a quei giovani schiavi della droga e del non-senso che finisce per oscurare il loro sguardo e bruciare i loro sogni; penso ai migranti spogliati delle loro case e delle loro famiglie, come pure tanti altri che, come loro, possono sentirsi dimenticati, orfani, abbandonati».

Essi fanno parte di noi, della nostra famiglia «non priviamo le nostre comunità dei loro volti, delle loro piaghe, dei loro sorrisi, delle loro vite; e non priviamo le loro piaghe e le loro ferite dell’unzione misericordiosa dell’amore di Dio».

Si conclude così una giornata densa di incontri e di umanità vissuta nella comunità thailandese, assolutamente festosa e contenta di poter ospitare nella propria terra il Successore di Pietro.

Foto: Vatican Media

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