Capitolo contro il far da balabiòtt [*]

resilienza
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“Mi fan patir costoro il grande stento, | che vanno il sommo bene investigando, | e per ancor non v’hanno dato drento. | E mi vo col cervello immaginando | che questa cosa solamente avviene | perché non è dove lo van cercando” (Galileo Galilei, incipit della poesie “Capitolo contro il portar la toga”).

Non ho nessuna intenzione di farmi zittire da balabiòtt [*], che spargono “calunnie e palate di fango sui social e attraverso i social”.

Quindi,ho deciso di aprire su Korazym.org – di cui sono il Fondatore-Proprietario-Editore – questa nuova rubrica dal titolo “Blog dell’editore”.

E vorrei spiegare ai nostri lettori, con questo primo contributo “Capitolo contro il far da balabiòtt”, i retroscena, la maturazione e la motivazione di questa decisione.

Non si tratta di un atto di resistenza, ma di una dichiarazione di resilienza.

Mentre la resistenza è l’azione tendente a impedire l’efficacia di un’azione contraria, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva alle difficoltà, coltivando le risorse che sono dentro di noi stessi.

Questo passo è maturato dopo il 9 novembre 2019, stimolato da alcuni amici, quando il logaritmo di Facebook, ripetendo il blocco di una settimana senza alcuna motivazione e, alle mie rimostranze e richieste di spiegazioni non si è presentato, avevo diffuso il seguente Comunicato:

“Per l’ennesima volta Facebook blocca il mio profilo personale (e il mio accesso alle Pagine e Gruppi che gestisco), senza darmi alcuna informazione sui motivi e senza rispondere alla mia rimostranza, senza che i miei contatti vengano a saperlo.

Vik van Brantegem
Assistente emerito della Sala Stampa della Santa Sede
Responsabile della comunicazione della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio
Fondatore-Editore del sito di informazione religiosa Korazym.org”.

Ho ricevuto tanti segni di solidarietà e a titolo di esempio ne cito tre:

– “Censura illiberale che, cosa ancor più grave ed inquietante, proviene da un soggetto privato, Facebook per l’appunto, che tuttavia ha assunto connotazione di Agorà pubblica per discussione, confronto, comunicazione. Proprio a proposito delle politiche proterve e paradossali di Facebook, in questi giorni Brian Acton, uno dei fondatori di WhatsApp, ha lanciato un allarme sulla permanenza in Facebook per gli utenti, sostenendo che la profilazione eccessiva sul piano religioso, politico, culturale, e degli orientamenti in genere, unita al ricatto di tacitazione in caso di disobbedienza, rappresenti un rischio di interdipendenza eccessivo e coartante. Io ho preso un po’ le distanze da Facebook ultimamente, ma rimango davvero costernato. Mala tempora Currunt” (Domenico Burzachechi).

– “Tutto quello che è Cattolico e non la Nuova Religione Massonica è visto come impedimento alla pace ed alla concordia tra gli uomini. Pertanto viene etichettato come ‘linguaggio di odio’, al pari del ‘sovranismo’ (razzismo, fascismo, omofobia e qualunque cosa inventeranno secondo il loro arbitrio e le loro necessità). Facebook, Google, Twitter obbediscono a chi c’è dietro tutto questo, il NWO, che avendo tolto la leadership alla Chiesa Cattolica, ora hanno la loro ‘inquisizione’ che decide ciò che è giusto e sanziona ciò che è iniquo. Secondo loro. Con una sostanziale differenza: la Chiesa ci metteva la faccia. Loro no” (Luca Monforte).

– “Si chiama… DITTATURA. Accadeva in Germania con il nazismo, in Italia con il fascismo ed in Russia con il comunismo… ed accade oggi, qui da noi, ad opera di quattro avventurieri della politica, senza un colore, senza un’ideologia, senza spina dorsale” (Guglielmo Bonanno di San Lorenzo).

Della solidarietà non ricevuta, da coloro che hanno sempre la bocca piena contro la censura e contro gli hater nei social, me ne faccio una ragione e vado oltre.

Questa nuova rubrica inizia in previsione che il blocco certamente si ripeterà, ma rappresenta anche uno spazio di libera espressione, senza censura del “politically correct” stabilito dal “team Zuckerberg” senza possibilità di difesa e di replica.

Come regola non intervengo su Korazym.org, visto che ne sono l’editore, essendo il contenuto responsabilità dei collaboratori, dei redattori, del segretario di redazione Simone Baroncia e del direttore responsabile Angela Ambrogetti, che continuano ad avere la mia piena fiducia.

Quindi, in questa rubrica “Blog dell’editore” pubblicherò – sotto la mia responsabilità personale – dei post che normalmente condivido su Facebook. E, quindi, interverrò qui anche nel caso di un nuovo blocco su Facebook [**].

Terminato il blocco impostomi per una settimana, il 16 novembre 2019 avevo l’intenzione di pubblicare sul mio diario Facebook una Nota, con la spiegazione dei fatti e alcune riflessioni. Però, anche se Facebook me la fa pubblicare, consente solo a me di vederla.

Inoltre, diversi episodi recenti dimostrano che sono preso proprio di mira, anche se è impossibile sapere chi sono gli utenti che agiscono e, sotto la copertura dall’anonimato, mi accusano di intimidazioni e di bullismo, ovviamente privi di qualsiasi fondamento e prova.

In riferimento al blocco che a più riprese ho subito su Facebook, con un Tweet si è autodenunciata una hater con parole gravide di odio, in sostanza incitando alla mia eliminazione fisica (“Considera che io ho 10 profili e ogni giorno per sfizio a questo essere immondo qualsiasi cosa faccia lo segnalo per sfizio. Questo andrebbe bandito dall’umanità non da Facebook”). Come in passato, non ho intenzione di rispondere (allo zero si risponde con il nulla e il silenzio è l’unica risposta logica da poter dare agli stupidi balabiòtt [*]).

Ovviamente, nonostante ho segnalato al team di Facebook la campagna di denigrazione, di calunnia, di minaccia e di bullismo, da parte di questa persona sui generis, il suo profilo non riceve nessun blocco dal team anonimo che gestisce la “Comunità” di Facebook.

Da vittima vengo trattato come carnefice. È il risultato di analfabetismo funzionale, ignoranza, cialtroneria, sciatteria, malafede, calunnia, spargimento di fango, il vizio di barrare e danze mentali di balabiòtt [*]. Insopportabile…

Fatto è che sui social sguazza questa hater con il vizio, malata di bulimia di protagonismo e di bullismo – che mi insulta e calunnia con regolarità in modo ossessivo-compulsivo, che si qualifica da sola con il suo linguaggio colorito e i suoi modi stravaganti.

Due mesi fa, questa hater scriveva, con candida limpidezza, dimostrando il suo impeto di censura: “Per quanto ognuno abbia diritto ad esprimersi io vi ricordo che @facebook è una azienda privata e può decidere a chi far usufruire della sua piattaforma e a chi no”.

Si nota che il suo vulnus persecutionis non è di ieri; infatti, in un commento su Twitter ha confermato che il suo bullismo patologico trova la sua origine anni indietro e ha un motivo molto preciso, volendo colpire me ad personam: il suo modus operandi, contro personalità molto più importanti di me.

Nel silenzio pubblico, che talvolta è più eloquente e potente di molte parole che escono dalla bocca di un balabiòtt [*], ho provveduto a segnalare questa hater a Facebook e di bloccarla (cosa che per anni non ho fatto, ma è ora di toglierla dall’elenco dei miei contatti).

Concordo con le riflessioni di tre persone non qualsiasi che voglio condividere.

La prima riflessione è dell’amico e collega di lunga data Marco Tosatti (che ringrazio – come tanti altri amici vicini e lontani, che mi hanno contattato esprimendomi la loro solidarietà – per la sua vicinanza e il suo sostegno). È un giornalista molto conosciuto e scrittore, “decano” dei vaticanisti italiani, già vaticanista de La Stampa, collaboratore de La Nuova Bussola Quotidiana, curatore del blog sulla Chiesa “Stilum Curiae”, che vanta un numero di accessi davvero strabiliante. In un’intervista a La Verità del 3 febbraio 2018 disse: “Giovanni Paolo II mi ha aiutato a ritrovare la fede”. Su Stilum Curiae ha scritto: “Facebook si conferma ancora una volta, e sempre di più, come un luogo di censura – non solo politica, ma anche oggettivamente stravagante – e di illibertà. Ora, nessuno contesta a un sito ‘privato’, anche se la funzione pubblica ne è ormai evidente, di applicare criteri anche arbitrari al suo interno. Però in questo caso la gestione deve essere chiara, per onestà verso se stessi e gli altri; indicare un minimo di limiti e margini per gli utenti. (…) E se consideriamo che su Facebook sono presenti spesso e volentieri messaggi violenti, insultanti, blasfemi e volgari, il punto interrogativo si fa sempre più grosso. Personalmente, credo che sia l’ora di trovare delle forme alternative di comunicazione, tramite altri canali meno totalitari e ideologicamente orientati e oppressivi. Ma nel frattempo, posto che Facebook si presenta come uno spazio di libera condivisione delle idee speriamo che qualcuno abbia la decenza di rispondere a Vik van Brantegem”.

La seconda riflessione è di Mons. Nunzio Galantino, già Vescovo di Cassano all’Jonio, già Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Nel suo nuovo volume “Sul confine” (Piemme edizioni) si lamenta che “sempre più spesso si leggono contributi che dispensano consigli per scovare le ‘bufale’, pochi, invece, ad esempio, spingono a indignarsi per le calunnie e per le palate di fango che vengono sparse sui social e attraverso i social”, dicendo comunque che i social non sono solo questo e parla anche di “pagine intense e davvero interessanti che giustificano la frequenza di una piazza virtuale che domanda comunque il possesso di anticorpi per non ritrovarsi rinchiusi in una vera e propria prigione”. Ed è arrivato ad una sua conclusione: “Talvolta ho l’impressione che tutti questi modi eticamente inefficaci e dannosi di stare sui social siano un modo per dire a tutti il proprio livello di insoddisfazione nei confronti della vita”.

La terza riflessione è del magistrato e giusfilosofo Otello Lupacchini, Procuratore generale della Repubblica della Corte d’appello di Catanzaro, già Pretore a Riesi, già Giudice di Corte d’Assise a Bologna, già Giudice istruttore penale e Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma. La sua riflessione su Il Fatto Quotidiano del 26 febbraio 2016 partiva da Umberto Eco, che con una lectio magistralis tenuta all’università di Torino, nel giugno del 2015, scatenò un ampio dibattito pubblico affermando: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”. Osserva Lupacchini che “il cittadino del ventunesimo secolo somiglia sempre più a una fulminea lepre della tecnologia, la quale si comporta e comunica come una tartaruga dell’etica, cioè disconosce o ignora volontariamente i limiti e i rischi etico-dialogici delle opportunità tecniche offertegli dagli strumenti avanzatissimi che ha in mano, senza perciò migliorare la qualità di ciò che ci scambia. In ogni caso, simili scomposte e chiassose reazioni sono sintomatiche esse stesse d’imbecillità, intesa questa come condizione umana di cui si hanno continue manifestazioni su scala anche vasta e nei campi più disparati, vita politica compresa, diffusa statisticamente in modo uniforme nel tempo e nello spazio, senza distinzioni di titolo di studio, di professione, di reddito; con alcune concentrazioni statistiche, tuttavia, di cui sarebbe interessante ricercare ragioni e modalità di sviluppo”.

[*] “Con la forza dell’umbonato affrontiamo il “balabiòtt”, una delle parole bandiera della geosemasiologia dei dialetti lombardi”: https://www.facebook.com/notes/vik-van-brantegem/con-la-forza-dellumbonato-affrontiamo-il-balabi%C3%B2tt-una-delle-parole-bandiera-del/2561343883962132/

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