Papa Francesco invita a non essere sudditi dell’egocentrismo

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‘In questo #SinodoAmazonico abbiamo sentito il bisogno di metterci davanti al Signore, di rimettere al centro Lui, a livello personale e come Chiesa. Perché si annuncia solo quel che si vive’: papa Francesco ha chiuso con una solenne messa nella basilica di san Pietro il Sinodo sull’Amazzonia chiedendo al mondo di impedire il saccheggio continuo della regione e la morte di tanti indios.

Ed ai fedeli arrivati a piazza san Pietro per l’Angelus il papa ha spiegato cosa è stato il Sinodo: “E’ stato, come dice la parola, un camminare insieme, confortati dal coraggio e dalle consolazioni che vengono dal Signore. Abbiamo camminato guardandoci negli occhi e ascoltandoci, con sincerità, senza nascondere le difficoltà, sperimentando la bellezza di andare avanti uniti, per servire.

Nel Sinodo… si annuncia solo quel che si vive. E per vivere di Gesù, per vivere di Vangelo bisogna uscire da se stessi. Ci siamo sentiti allora spronati a prendere il largo, a lasciare i lidi confortevoli dei nostri porti sicuri per addentrarci in acque profonde: non nelle acque paludose delle ideologie, ma nel mare aperto in cui lo Spirito invita a gettare le reti”.

Nell’omelia della concelebrazione eucaristica conclusiva del Sinodo il papa si è soffermato sulla preghiera del fariseo: “E oltre a Dio dimentica il prossimo, anzi lo disprezza: per lui, cioè, non ha prezzo, non ha valore. Si ritiene migliore degli altri, che chiama, letteralmente, ‘i rimanenti, i restanti’. Sono, cioè, ‘rimanenze’, sono scarti da cui prendere le distanze. Quante volte vediamo questa dinamica in atto nella vita e nella storia!”

Con riferimento alla situazione in Amazzonia il papa ha affermato che gli errori del passato “non son bastati per smettere di saccheggiare gli altri e di infliggere ferite ai nostri fratelli e alla nostra sorella terra: l’abbiamo visto nel volto sfregiato dell’Amazzonia. La religione dell’io continua, ipocrita con i suoi riti e le sue ‘preghiere’, dimentica del vero culto a Dio, che passa sempre attraverso l’amore del prossimo. Anche cristiani che pregano e vanno a Messa la domenica sono sudditi di questa religione dell’io”.

Di contro la preghiera del pubblicano non è superba, riconoscendosi peccatore: “La sua preghiera nasce proprio dal cuore, è trasparente: mette davanti a Dio il cuore, non le apparenze. Pregare è lasciarsi guardare dentro da Dio, senza finzioni, senza scuse, senza giustificazioni. Tante volte ci fanno ridere i pentimenti pieni di giustificazioni. Più che un pentimento sembra una auto-canonizzazione. Perché dal diavolo vengono opacità e falsità, queste sono le giustificazioni, da Dio luce e verità, la trasparenza del mio cuore”.

Quindi ha ringraziato i padri sinodali per il dialogo instaurato ‘con sincerità e schiettezza’: “In questo Sinodo abbiamo avuto la grazia di ascoltare le voci dei poveri e di riflettere sulla precarietà delle loro vite, minacciate da modelli di sviluppo predatori. Eppure, proprio in questa situazione, molti ci hanno testimoniato che è possibile guardare la realtà in modo diverso, accogliendola a mani aperte come un dono, abitando il creato non come mezzo da sfruttare ma come casa da custodire, confidando in Dio”.

Da ultimo, rifacendosi alla lettura del Siracide, ha chiesto di ascoltare la ‘voce’ del povero: “E quante volte, anche nella Chiesa, le voci dei poveri non sono ascoltate e magari vengono derise o messe a tacere perché scomode. Preghiamo per chiedere la grazia di saper ascoltare il grido dei poveri: è il grido di speranza della Chiesa. Il grido dei poveri è il grido di speranza della Chiesa. Facendo nostro il loro grido, anche la nostra preghiera, siamo sicuri, attraverserà le nubi”.

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