Sinodo Panamazzonico: la Chiesa alleata dell’Amazzonia

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Cinque capitoli, più un’introduzione ed una breve conclusione: così si articola il Documento finale dell’Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica. Tra i temi in esame, missione, inculturazione, ecologia integrale, difesa dei popoli indigeni, rito amazzonico, ruolo della donna e nuovi ministeri, soprattutto in zone in cui è difficile l’accesso all’Eucaristia.

Il punto più controverso è il 111, quello in cui si parla di una possibile ordinazione di uomini sposati in circostanze speciali: 128 voti a favore, 41 contro. Tutti gli altri punti sono passati a larga maggioranza, anche quello in cui si parla di un possibile rito amazzonico. Prende 30 voti contro il punto 103 sul coinvolgimento delle donne, visto come una apertura al diaconato femminile; 27 voti contro ha avuto il punto 117, che parla di un possibile rito amazzonico.

Il testo è il risultato dello ‘scambio aperto, libero e rispettoso’, svoltosi nelle tre settimane di lavori del Sinodo, per raccontare le sfide e le potenzialità dell’Amazzonia, ‘cuore biologico’ del mondo esteso su nove Paesi ed abitato da oltre 33.000.000 persone, di cui circa 2.500.000 indigeni.

Eppure, questa regione, seconda area più vulnerabile al mondo a causa dei cambiamenti climatici provocati dall’uomo, è ‘in una corsa sfrenata verso la morte’ e ciò esige urgentemente una nuova direzione che consenta di salvarla, pena un impatto catastrofico su tutto il pianeta.

Il documento esorta ad una ‘vera conversione integrale’, con una vita semplice e sobria, sullo stile di san Francesco d’Assisi, impegnata a relazionarsi armoniosamente con la ‘casa comune’, opera creatrice di Dio. Tale conversione porterà la Chiesa ad essere in uscita, per entrare nel cuore di tutti i popoli amazzonici.

L’Amazzonia, infatti, ha una voce che è un messaggio di vita e si esprime attraverso una realtà multietnica e multiculturale, rappresentata dai volti variegati che la abitano. Il testo non tace i tanti dolori e le tante violenze che oggi feriscono e deformano l’Amazzonia, minacciandone la vita: la privatizzazione di beni naturali; i modelli produttivi predatori; la deforestazione che sfiora il 17% dell’intera regione; l’inquinamento delle industrie estrattive; il cambiamento climatico; il narcotraffico; l’alcolismo; la tratta; la criminalizzazione di leader e difensori del territorio; i gruppi armati illegali.

Ampia, poi, la pagina amara sulla migrazione che in Amazzonia si articola su tre livelli: mobilità di gruppi indigeni in territori a circolazione tradizionale; spostamento forzato di popolazioni indigene; migrazione internazionale e rifugiati. Per tutti questi gruppi, occorre una pastorale transfrontaliera in grado di includere il diritto alla libera circolazione. Di qui, l’esortazione a creare équipe missionarie che, in coordinamento con le parrocchie, si occupino di questo aspetto, offrendo liturgie inculturate e favorendo l’integrazione di tali comunità nelle città.

Il secondo capitolo affronta il richiamo alla natura missionaria della Chiesa: la missione non è qualcosa di facoltativo perché la Chiesa è missione e l’azione missionaria è il paradigma di tutta l’opera della Chiesa: è importante passare da una pastorale ‘di visita’ ad una pastorale ‘di presenza permanente’ e per questo, il Documento sinodale suggerisce che le Congregazioni religiose del mondo stabiliscano almeno un avamposto missionario in uno qualsiasi dei Paesi amazzonici.

Per questo il Sinodo non ha dimenticato i missionari che hanno dato la vita per trasmettere il Vangelo in Amazzonia, le cui pagine più gloriose sono state scritte dai martiri. Al contempo, il documento ha sottolineato che l’annuncio di Cristo nella regione si è compiuto spesso in connivenza con i poteri oppressori delle popolazioni.

Il Documento richiama, inoltre, l’urgenza di una pastorale indigena che abbia il suo posto specifico nella Chiesa: è necessario creare o mantenere ‘un’opzione preferenziale per le popolazioni indigene’, dando anche maggiore impulso missionario tra le vocazioni autoctone, perché l’Amazzonia deve essere evangelizzata anche dagli amazzonici.

Spazio, poi, ai giovani amazzonici, con le loro luci e le loro ombre: divisi a metà tra tradizione e innovazione, immersi in un’intensa crisi di valori, vittime di tristi realtà come povertà, violenze, disoccupazione, nuove forme di schiavitù e difficoltà di accesso all’istruzione, essi finiscono spesso in carcere o morti suicidi.

Eppure, i giovani amazzonici hanno gli stessi sogni e le stesse speranze degli altri ragazzi del mondo e la Chiesa, chiamata ad essere presenza profetica, deve accompagnarli nel loro cammino, per evitare che la loro identità e la loro autostima vengano danneggiate o distrutte. Il testo conclusivo del Sinodo si sofferma, poi, sul tema della pastorale urbana, con uno sguardo particolare alle famiglie: nelle periferie cittadine, esse patiscono la povertà, la disoccupazione, la mancanza di alloggi, oltre a numerosi problemi di salute.

Diventa, quindi, necessario difendere il diritto di tutti alla città come godimento equo dei principi di sostenibilità, democrazia e giustizia sociale: bisogna lottare affinché nelle ‘favelas’ e nelle ‘villas miserias’ siano garantiti i diritti fondamentali di base. E centrale deve essere anche l’istituzione di un ‘ministero dell’accoglienza’ per una solidarietà fraterna con i migranti, i rifugiati e i senzatetto che vivono nel contesto urbano.

Nel capitolo terzo inculturazione e interculturalità sono strumenti importanti per raggiungere una conversione culturale che porti il cristiano ad andare incontro all’altro per imparare da lui. La Chiesa si impegna ad essere alleata delle popolazioni indigene per denunciare gli attacchi perpetrati contro la loro vita, i progetti di sviluppo predatorio etnocidi ed ecocidi e la criminalizzazione dei movimenti sociali.

In quest’ottica dell’inculturazione è dato anche spazio alla teologia india e alla pietà popolare, le cui espressioni vanno apprezzate, accompagnate, promosse e talvolta ‘purificate’, poiché sono momenti privilegiati di evangelizzazione che devono condurre all’incontro con Cristo. L’annuncio del Vangelo, infatti, non è un processo di distruzione, ma di crescita e di consolidamento di quei semina Verbi presenti nelle culture.

Il capitolo IV affronta la questione ecologica: l’ecologia integrale non sia intesa come un cammino in più che la Chiesa può scegliere per il futuro, ma come l’unico cammino possibile per salvare la regione dall’estrattivismo predatorio, dallo spargimento di sangue innocente e dalla criminalizzazione dei difensori dell’Amazzonia.

Quindi la difesa dei diritti umani, oltre che un dovere politico e un compito sociale, è un’esigenza di fede. Di fronte a questo dovere cristiano il Documento denuncia la violazione dei diritti umani e la distruzione estrattiva; assume e sostiene, anche in alleanza con altre Chiese, le campagne di disinvestimento delle compagnie estrattive che causano danni socio ecologici all’Amazzonia;

propone una transizione energetica radicale e la ricerca di alternative; propone inoltre lo sviluppo di programmi di formazione per la cura della ‘casa comune’. Nel Documento si ribadisce l’impegno della Chiesa nella difesa della vita ‘dal concepimento al suo tramonto’ e nella promozione del dialogo, interculturale ed ecumenico, al fine di contenere strutture di morte, peccato, violenza e ingiustizia.

Nel capitolo conclusivo i padri sinodali chiedono di superare il clericalismo e le imposizioni arbitrarie, rafforzare una cultura del dialogo, dell’ascolto e del discernimento spirituale, rispondere alle sfide pastorali. La sfida è quella di interpretare alla luce dello Spirito Santo i segni dei tempi e individuare il cammino da seguire a servizio del disegno di Dio. Le forme di esercizio della sinodalità sono varie e dovranno essere decentralizzate, attente ai processi locali, senza indebolire il legame con le Chiese sorelle e con la Chiesa universale.

Di conseguenza è stato dato ampio spazio nel Documento alla presenza della donna, chiedendo che la voce delle donne sia ascoltata, che siano consultate, partecipino in modo più incisivo alla presa di decisioni, contribuiscano alla sinodalità ecclesiale, assumano con maggiore forza la loro leadership all’interno della Chiesa, nei consigli pastorali o ‘anche nelle istanze di governo’.

Il Sinodo ha messo in luce come dalle numerose consultazioni in Amazzonia sia stato sollecitato ‘il diaconato permanente per le donne’. Inoltre sono definiti urgenti la promozione, la formazione ed il sostegno ai diaconi permanenti. Il diacono, sotto l’autorità del vescovo, è al servizio della comunità ed è oggi tenuto a promuovere l’ecologia integrale, lo sviluppo umano, la pastorale sociale e il servizio a chi si trova in situazioni di vulnerabilità e povertà, configurandolo a Cristo.

Di conseguenza anche la formazione dei sacerdoti sia inculturata: l’esigenza è quella di preparare pastori che vivano il Vangelo, conoscano le leggi canoniche, siano compassionevoli sull’esempio di Gesù; prossimi alle persone, capaci di ascolto, di guarire e consolare, senza cercare di imporsi, manifestando la tenerezza del Padre.

Centrale per la comunità cristiana è la partecipazione all’Eucarestia. Eppure molte delle comunità ecclesiali del territorio amazzonico hanno enormi difficoltà di accedervi. Possono passare mesi o addirittura anni prima che un sacerdote torni in una comunità per celebrare la messa o offrire i sacramenti della Riconciliazione e dell’unzione degli infermi.

Il Documento finale propone “di stabilire criteri e disposizioni da parte dell’autorità competente, per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti della comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica”.

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