L’Università Cattolica conferisce laurea honoris causa a Mario Draghi

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Nelle scorse settimane l’Università Cattolica di Milano ha conferito la Laurea honoris causa in Economia al presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, come ha affermato in apertura di cerimonia il rettore, prof. Franco Anelli: “E’ nel modo in cui ha condotto la Banca centrale europea nella tempesta che la moneta unica ha attraversato in questi anni il suo contributo più significativo…

La presidenza di Mario Draghi ha indubbiamente lasciato il segno, e certamente sarà a lungo in futuro oggetto di analisi, perché è stata emblematica del peso e al tempo stesso dei riconosciuti limiti degli strumenti di politica monetaria… Se spesso la Laurea honoris causa è riconoscimento del valore scientifico e culturale, ed esemplare, di un’esperienza pratica il titolo che conferiamo oggi ha un senso di circolarità, perché riconosce nell’azione di un economista nell’esercizio di responsabilità istituzionali un elevato valore scientifico e un sicuro merito accademico”.

Dopo il saluto del rettore, il preside di Economia Domenico Bodega ha letto le motivazioni con cui la Facoltà ha inteso attribuire il riconoscimento accademico: “Mario Draghi ha contribuito in modo unico alla costruzione di un’Europa unita. Come presidente della Banca centrale europea ha disegnato strumenti straordinari per impedire la dissoluzione dell’Eurozona. Ha concepito e reso operativo il programma di unificazione bancaria.

Ha introdotto nuove modalità nella gestione della politica monetaria. Ha definito un piano dettagliato per completare e rendere sostenibile l’Eurozona, mantenendo vivo il sogno di un continente unito non solo dal punto di vista monetario ma anche politico, operando nel solco della tradizione dei padri fondatori dell’Europa moderna”.

Quindi è seguita la ‘lectio cathedrae magistralis’ di Mario Draghi: “Fra poche settimane si concluderà il mio mandato di presidente della Banca centrale europea. E’ una occasione per sollevare lo sguardo dalle incombenze quotidiane, per riflettere sull’esperienza fatta nella speranza che le lezioni apprese possano essere utili per altri”.

Nell’intervento si è concentrato sulla natura delle responsabilità del ‘policy maker’: “Vorrei oggi condividere con voi quelle che mi paiono caratteristiche frequenti nelle decisioni che consideriamo ‘buone’: la conoscenza, il coraggio, l’umiltà. Naturalmente la loro presenza non garantisce che si prenda sempre la decisione giusta. I policy maker spesso decidono in condizioni di incertezza in cui i risultati raramente sono conosciuti e valutabili con sicurezza”.

Quindi la conoscenza è importante “per comprendere nel profondo un problema, per essere in grado di prendere decisioni ponderate, il cui merito tecnico è tenuto distinto dal merito politico, e per saperle eventualmente correggere alla luce delle nuove evidenze. Il policy maker non può appoggiarsi alla realtà empirica nello stesso modo di uno scienziato ma può utilizzare lo stesso approccio nell’analisi dell’esperienza e nel processo di verifica delle ipotesi adottate con l’obiettivo di rispondere meglio alle richieste che i cittadini rivolgono ai governi”.

Per il presidente della Bce la conoscenza permette la comprensione della complessità: “La competenza fondata sulla conoscenza è essenziale per capire la complessità, nel nostro caso, delle dinamiche economiche e sociali, per quantificare i rischi associati a determinate situazioni e per valutare di conseguenza l’effettiva necessità di una certa azione; per stimare i trade off e gli effetti distributivi di un intervento, individuando coloro che ne beneficiano e coloro che ne vengono danneggiati”.

E le crisi servono per comprendere i ‘circoli viziosi’: “Come per la crisi ecologica, la crisi dell’area dell’euro ha rivelato l’esistenza di molteplici circoli viziosi precedentemente non ben compresi, ad esempio quello fra debiti sovrani, banche e imprese. La crisi ha inoltre messo in discussione ciò che sapevamo su alcune relazioni di fondo nell’economia, come quella fra disoccupazione e inflazione.

La ricerca e l’analisi accurata dei dati dell’economia dell’eurozona, il lavoro degli economisti e degli statistici sono da decenni il pilastro su cui poggiano le valutazioni della BCE. In più occasioni queste attività hanno avuto un’importanza cruciale nel contestualizzare correttamente il problema e nel fornire le coordinate per una risposta efficace”.

Ma la conoscenza non è sufficiente se manca il coraggio dell’azione: “Una volta stabilito nella misura del possibile come stanno i fatti arriva il momento della decisione. Anche nel caso della politica economica, le azioni hanno sempre effetti collaterali e conseguenze indesiderate. Vi sono situazioni in cui anche le migliori analisi non danno quella certezza che rende una decisione facile: la tentazione di non decidere è frequente.

E’ in questo momento che il policy maker deve far leva sul coraggio. Anche il non agire rappresenta infatti una decisione. Quando l’inazione compromette il mandato affidato al policy maker dai legislatori, decidere di non agire significa fallire. In molti casi i policy maker devono agire consapevoli che le conseguenze delle loro decisioni sono incerte , ma convinti che l’inazione porterebbe a conseguenze peggiori e al tradimento del loro mandato”.

Il terzo punto necessario è l’umiltà: “Essa discende dalla consapevolezza che il potere e la responsabilità del servitore pubblico non sono illimitati ma derivano dal mandato conferito che guida le sue decisioni e pone limiti alla sua azione. I funzionari pubblici, le banche centrali in particolare, ricevono un mandato politico, nel senso che esso è il frutto di un processo politico… Un mandato politico è essenziale affinché l’indipendenza della banca centrale sia compatibile con la democrazia.

Le banche centrali sono potenti e indipendenti ma non sono elette dai cittadini: è un assetto accettabile solo se esse agiscono sulla base di un mandato chiaramente definito dato da coloro che sono eletti e a cui devono pubblicamente rispondere. Il Presidente della BCE viene ascoltato almeno ogni tre mesi dal Parlamento europeo, e nel mio caso ciò ha comportato 40 audizioni in otto anni; inoltre sono stato convocato dalle commissioni parlamentari in diversi Paesi per spiegare le nostre azioni e per rispondere alle loro domande”.

Ed ha chiarito quale è la natura politica della Banca centrale: “La natura politica del nostro mandato ha alcune implicazioni essenziali: non abbiamo la libertà di decidere se dobbiamo fare ciò che è necessario fare per assolvere il nostro mandato. E’ nostro dovere farlo. Rassegnarsi a venirvi meno non è un’opzione accettabile se abbiamo gli strumenti per adempiere alle nostre responsabilità. Al contempo, il mandato implica l’obbligo permanente di agire rigorosamente nei limiti della legge”.

Quindi, concludendo la ‘lezione’, ha spiegato la necessità della Comunità Europea: “E’ essenziale per lo sviluppo di un’unione monetaria che i suoi cittadini credano nell’unione e la assumano comunque, anche criticamente, come riferimento piuttosto che considerare tutti i problemi guardando all’orizzonte del loro punto di vista particolare. Mi sembra che le ultime elezioni per il Parlamento europeo, forse le prime incentrate su temi prevalentemente europei, lo abbiano confermato…

Per questa ragione sono ottimista sul futuro dell’Europa. Penso che col tempo essere parte dell’UE e dell’Unione monetaria sia diventato normale per gran parte dei cittadini. L’euro è più popolare che mai; il sostegno all’UE tocca i valori più alti registrati dall’inizio della crisi. Nei dibattiti sul futuro dell’Europa si discute sempre meno se la sua esistenza abbia senso e assai di più sulla via migliore per avanzare. Su queste basi la nostra Unione può durare e prosperare”.

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