La Chiesa è preoccupata per la Siria

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“E il mio pensiero va ancora una volta al Medio Oriente. In particolare, all’amata e martoriata Siria da dove giungono nuovamente notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni del nord-est del Paese, costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle azioni militari: tra queste popolazioni vi sono anche molte famiglie cristiane. A tutti gli attori coinvolti e anche alla Comunità Internazionale; per favore, rinnovo l’appello ad impegnarsi con sincerità, con onestà e trasparenza sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci”:

così al termine dell’Angelus di domenica scorsa papa Francesco ha pregato per la pace in Siria, di nuovo al centro di una guerra, dopoché la Turchia ha scelto di invadere la zona nord della Siria per combattere i Kurdi, creando per sé una zona cuscinetto rispetto al Governo di Damasco. Ed alcune settimane precedenti il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, alle Nazioni Unite aveva chiesto la fine delle sanzioni alla Siria per accompagnare il periodo della ricostruzione dopo 8 anni di guerra sanguinosa e per favorire la permanenza dell’antica comunità cristiana nella Regione.

Intanto l’ong Save the Children ha denunciato che più di 9000 bambini che vivono in tre campi di sfollati nella Siria nordorientale rischiano la vita se dovessero essere interrotti gli aiuti umanitari a causa dell’avvio dell’offensiva militare della Turchia: “Siamo profondamente preoccupati per le centinaia di migliaia di persone presenti nel nordest della Siria e raccomandiamo a tutte le parti in conflitto di garantire che le operazioni non abbiano un impatto sui civili…

In caso contrario potrebbero esserci ulteriori sfollati o essere limitati gli spostamenti dei civili. Attualmente ci sono 1.065.000 persone bisognose di assistenza umanitaria in quest’area, di cui oltre 650 mila sfollati a causa della guerra. Qualora tutti i servizi essenziali tra cui cibo, acqua, alloggio, salute, istruzione e protezione non dovessero essere costantemente forniti a tutti i civili, rischiamo di assistere a un altro disastro umanitario.

Oltre ai civili siriani nel nordest, ci sono migliaia di donne e di bambini che vivono nei campi in tutta l’area. Ci sono più di 9000 bambini di oltre 40 nazionalità diverse in tre campi che si affidano completamente ed esclusivamente agli aiuti umanitari. Qualsiasi interruzione ai servizi del campo che sono già eccessivamente sotto pressione, metterebbe a rischio la loro vita”.

Nel frattempo mons. Jacques Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico emerito di Hassaké-Nisibi nella zona curda di Siria, ha commentato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre le notizie del confine tra Siria e Turchia: “Come sempre ognuno ha i propri interessi, ma saremo noi cristiani a pagarne le conseguenze”.

Nel marzo scorso mons. Hindo aveva i leader del Partito Democratico Curdo (PYD): “Li ho invitati a desistere dai loro piani; loro credono di aver diritto ad una regione autonoma così come vi è un Kurdistan iracheno ed uno turco. Ma La popolazione curda in quelle aree della Siria è appena del 10%. Inoltre si tratta di persone giunte come richiedenti asilo dopo il 1925, che hanno nazionalità turca o irachena. Non hanno alcun diritto”.

Però il pensiero di mons. Hindo va alle 5000 famiglie della diocesi di Hassaké-Nisibi: “Nei giorni scorsi in molti si erano già spostati dalle città di frontiera ad Hassaké. Ora il conflitto è divenuto ancor più grave e temo che saranno in tanti ad emigrare. Dall’inizio della guerra in Siria il 25% dei cattolici di Qamishli ed il 50% dei fedeli di Hassaké hanno lasciato il Paese assieme al 50% degli ortodossi. Temo un simile esodo se non maggiore”.

Ed ha criticato l’abbattimento della prigione di Chirkin, dove sono detenuti jihadisti dello Stato Islamico: “A che pro? In questo modo la gran parte di loro sarà libera. Questo è un piano per distruggere la Siria e non solo. Ora i terroristi arriveranno anche in Europa, attraverso la Turchia e con il sostegno dell’Arabia Saudita”.

Mentre nell’ultima parte del messaggio ad ACS mons. Hindo ha richiamato la comunità internazionale alle proprie responsabilità: “Stati Uniti, Italia, Francia, Regno Unito, Germania, dovrebbero tutti fare mea culpa. Hanno agito in Siria per i loro interessi, nascondendosi dietro gli ideali della libertà e della democrazia. E invece non hanno fatto che indebolire il nostro Paese a spese della popolazione. Per quale motivo non combattono per la libertà e la democrazia in Arabia Saudita?”.

Inoltre fonti della Chiesa locale hanno riferito ad Aiuto alla Chiesa che Soffre che secondo il governo del Kurdistan iracheno almeno 130.000 persone avrebbero abbandonato le proprie abitazioni nelle aree siriane interessate dal conflitto con Ankara e sarebbero ora vicine ai confini con l’Iraq. La Chiesa locale si è già resa disponibile ad accogliere i rifugiati che potrebbero giungere e il governo del Kurdistan ha fatto sapere che aprirà gli aeroporti in caso di necessità. Tuttavia un afflusso di simili proporzioni va ben oltre la capacità della piccola regione autonoma dell’Iraq, secondo una preoccupazione di mons. Bashar Warda, arcivescovo di Erbil:

“E’ una situazione drammatica. Se non saremo in grado di accogliere i cristiani in fuga dalla Siria nordorientale, c’è il rischio che questi si vedano costretti ad abbandonare il Medio Oriente per sempre… Non possiamo farcela da soli e se non aiuteremo i cristiani siriani costretti ad abbandonare le proprie case è probabile che ISIS stavolta riesca nel suo intento, ovvero sradicare completamente il Cristianesimo dal Medio Oriente”.

Di fronte ad una nuova tragedia umanitaria il direttore di ACS-Italia, Alessandro Monteduro, ha assicurato un sostegno straordinario alla popolazione: “Qualunque siano gli sviluppi futuri, non mancherà il nostro sostegno ai rifugiati cristiani e alle Chiese locali. La straordinaria Chiesa del Kurdistan non può essere lasciata sola nell’accoglienza di un simile afflusso di rifugiati e noi la sosterremo esattamente come abbiamo fatto 5 anni fa. Continueremo ad offrire aiuto ai nostri fratelli nella fede cercando ancora una volta di impedire che il Medio Oriente si svuoti della sua presenza cristiana”.

Anche la ‘rete’ della Caritas si è subito attivata; in particolare Caritas Siria, con il sostegno di Caritas Italiana e di altre Caritas estere, ha allestito alcuni centri di accoglienza per gli sfollati, che si stanno riversando in gran numero nell’area di Hassake. Caritas Italiana in tutti questi anni è rimasta vicina alla popolazione locale e, grazie al contributo di molti offerenti e dell’otto per mille alla Chiesa Cattolica, ha potuto sostenere progetti in vari ambiti in Siria e in altri paesi coinvolti dalla crisi siriana, per un importo complessivo pari a oltre € 7.200.000:

“Di fronte a queste nuove violenze si unisce all’esortazione del Papa e rinnova l’appello al Governo Italiano, all’Unione Europea e a tutta la Comunità internazionale affinché i civili siano protetti e sia consentito l’accesso sicuro e senza ostacoli agli aiuti umanitari, non vi siano rilocazioni forzate di civili, si faccia tutto il necessario per porre fine alla guerra e ristabilire il rispetto del diritto internazionale”.

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