Papa Francesco invita i neo cardinali ad avere la compassione di Dio

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‘La disponibilità di un Cardinale a dare il proprio sangue – significata dal colore rosso dell’abito – è sicura quando è radicata nella compassione, ricevuta da Dio e donata ai fratelli’: il tweet di papa Francesco ha iniziato la giornata dei neo cardinali, seguita dall’imposizione della berretta, dalla consegna dell’anello, dall’assegnazione del titolo che è il legame più stretto con la città di Roma.

Il rito è iniziato con il saluto liturgico del primo dei cardinali in ordine di creazione, mons. Ayso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso: “Le siamo vivamente riconoscenti per averci insignito di un particolare titolo di comunione con la Chiesa di Roma che è una chiamata del Signore a diventare ancora più stretti collaboratori cum Petro e sub Petro.

Ricordandoci quanto scritto nel Vangelo di Luca: ‘Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato’, siamo consapevoli che ogni vocazione ecclesiale è anzitutto un servizio ai fratelli e alla Chiesa stessa. Gesù ci mostra sempre la necessità di percorrere la via dell’umiltà e di una gratuità senza confini”.

Ricordando la missionarietà della Chiesa il neo cardinale ha evidenziato la necessità di essere nel mondo: “Infatti la Chiesa missionaria, chiamata a far risplendere l’annuncio del Risorto, si apre all’incontro e al dialogo con le donne e gli uomini del nostro tempo. E una Chiesa che vuole testimoniare la misericordia di Dio verso tutti coloro che soffrono o causa della violenza e dell’ingiustizia…

Lei, Santo Padre, con la sua instancabile opera, ci ha più volte invitato ad essere cuna Chiesa in uscita, ad andare alle periferie esistenziali, a camminare sulla strada del dialogo ecumenico ed interreligioso. Desideriamo adoperarci, assieme a Vostra Santità, ad avviare processi e non ad occupare spazi, a costruire un mondo nuovo dove possano regnare la fraternità, la pace e la convivenza comune”.

Nell’omelia papa Francesco ha preso spunto da un passo del Vangelo di Marco con la parola ‘compassione’ come nucleo centrale: “Nei Vangeli vediamo molte volte Gesù che sente compassione per le persone sofferenti. E più leggiamo, più contempliamo, e più comprendiamo che la compassione del Signore non è un atteggiamento occasionale, sporadico, ma è costante, anzi, sembra essere l’atteggiamento del suo cuore, nel quale si è incarnata la misericordia di Dio”.

Il papa ha invitato i neo cardinali a seguire le ‘orme’ di Gesù: “Gesù va a cercare le persone scartate, quelli che ormai sono senza speranza. Come quell’uomo paralitico da trentotto anni, che giace presso la piscina di Betzatà, aspettando invano che qualcuno lo aiuti a scendere nell’acqua. Questa compassione non è spuntata a un certo punto della storia della salvezza, no, è sempre stata in Dio, impressa nel suo cuore di Padre… Ecco la compassione del Padre!”

Di seguito il papa ha evidenziato anche l’atteggiamento dei discepoli: “E’ un atteggiamento comune a noi umani, anche quando siamo persone religiose o addirittura addette al culto. Ce ne laviamo le mani. Il ruolo che occupiamo non basta a farci essere compassionevoli, come dimostra il comportamento del sacerdote e del levita che, vedendo un uomo moribondo sul ciglio della strada, passarono oltre dall’altra parte.

Dentro di sé avranno detto: ‘Non tocca a me’. Sempre c’è qualche pretesto, qualche giustificazione per guardare da un’altra parte. E quando un uomo di Chiesa diventa un funzionario, questo l’esito più amaro. Ci sono sempre delle giustificazioni, a volte sono anche codificate e danno luogo a degli ‘scarti istituzionali’, come nel caso dei lebbrosi… Così si pensava, e così si pensa. Da questo atteggiamento molto, troppo umano derivano anche strutture di non-compassione”.

Concludendo l’omelia il papa ha chiesto ai neo cardinali se c’è la consapevolezza della misericordia di Dio: “Da questa consapevolezza viva dipende per tutti noi anche la capacità di essere leale nel proprio ministero. Anche per voi, fratelli Cardinali. La parola ‘compassione’ mi è venuta nel cuore proprio nel momento di incominciare a scrivere a voi la lettera del 1° settembre.

La disponibilità di un Porporato a dare il proprio sangue (significata dal colore rosso dell’abito) è sicura quando è radicata in questa coscienza di aver ricevuto compassione e nella capacità di avere compassione. Diversamente, non si può essere leali. Tanti comportamenti sleali di uomini di Chiesa dipendono dalla mancanza di questo senso della compassione ricevuta, e dall’abitudine di guardare da un’altra parte, dall’abitudine dell’indifferenza”.

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