Il papa ad Albano: Dio si ricorda

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Oggi pomeriggio papa Francesco ha celebrato la messa all’esterno della Cattedrale di Albano, in occasione della visita pastorale nella cittadina laziale, festeggiato da tanta gente e dal vescovo della diocesi, mons. Marcello Semeraro, che lo ha ringraziato per la sua presenza in occasione dell’anniversario della dedicazione della Cattedrale, collegata a quando papa Benedetto XVI nello stesso giorno del 2008 dedicò l’altare maggiore e inaugurò la nuova cattedra episcopale:

“E’ da queste ‘periferie’ che possiamo meglio conoscere la realtà. E se pure non riusciamo a risolvere i problemi, ci impegniamo almeno a lasciare segni di speranza. Penso alle persone e alle famiglie in difficoltà, per le quali con la nostra Caritas ci adoperiamo con la nostra Caritas.

Ci sono opere avviate dai miei predecessori, che crescono rigogliose; ve ne sono altre più giovani (come la Casa per i Papà separati dai figli), che si rinvigoriscono grazie pure all’aiuto prezioso della Vita consacrata… Per tutto questo e per l’altro che conserviamo nel cuore e anche per le nostre fragilità, mentre ufficialmente inizia un nuovo anno pastorale, voglia, Santo Padre, invocare su noi l’aiuto del Signore. Ci benedica e ancora grazie per essere stato oggi con questa Città, con questa Chiesa di Albano”.

Nell’omelia il papa ha sottolineato che la persona non basta a se stesso, commentando il passo del Vangelo, che racconta la conversione di Zaccheo: “E in questa città, che sta sotto il livello del mare, non teme di raggiungere il livello più basso, rappresentato da Zaccheo. Questi era un pubblicano, anzi il ‘capo dei pubblicani’, cioè di quei giudei odiati dal popolo che riscuotevano i tributi per l’Impero romano.

Era ‘ricco’ ed è facile intuire come lo fosse diventato: a spese dei suoi concittadini, sfruttando i suoi concittadini. Ai loro occhi Zaccheo era il peggio, l’insalvabile. Ma non agli occhi di Gesù, che chiama per nome proprio lui, Zaccheo, che significa ‘Dio si ricorda’. Nella città dimenticata, Dio si ricorda del più grande peccatore”.

Il papa ha sottolineato che la Chiesa esiste per manifestare l’amore di Dio: “… la Chiesa con la maiuscola esiste per mantenere vivo nel cuore degli uomini il ricordo che Dio li ama. Esiste per dire a ciascuno, anche al più lontano: ‘Sei amato e sei chiamato per nome da Gesù; Dio non ti dimentica, gli stai a cuore’. Cari fratelli e sorelle, come Gesù non abbiate paura di ‘attraversare’ la vostra città, di andare da chi è più dimenticato, da chi sta nascosto dietro i rami della vergogna, della paura, della solitudine, per dirgli: ‘Dio si ricorda di te’.

Vorrei sottolineare una seconda azione di Gesù. Oltre a ricordarsi, a riconoscere Zaccheo, Egli anticipa. Lo vediamo nel gioco di sguardi con Zaccheo. Questi ‘cercava di vedere chi era Gesù’. E’ interessante che Zaccheo non cercava solo di vedere Gesù, ma di vedere chi era Gesù: cioè di capire che tipo di maestro fosse, quale fosse il suo tratto distintivo. E lo scopre non quando guarda Gesù, ma quando viene guardato da Gesù”.

Ha quindi evidenziato che il Vangelo parla di misericordia, che è parola contraria alla mondanità: “Ogni conversione nasce da un anticipo di misericordia, nasce dalla tenerezza di Dio che rapisce il cuore. Se tutto quello che facciamo non parte dallo sguardo di misericordia di Gesù, corriamo il rischio di mondanizzare la fede, di complicarla, di riempirla di tanti contorni: argomenti culturali, visioni efficientiste, opzioni politiche, scelte partitiche…

Ma si dimentica l’essenziale, la semplicità della fede, quello che viene prima di tutto: l’incontro vivo con la misericordia di Dio. Se questo non è il centro, se non sta all’inizio e alla fine di ogni nostra attività, rischiamo di tenere Dio ‘fuori casa’, cioè nella chiesa, che è casa sua, ma non con noi. L’invito di oggi è: lasciati ‘misericordiare’ da Dio. Lui viene con la sua misericordia”.

Ed ha sottolineato come Gesù non disdegna di entrare nella casa di un ‘peccatore’ per farlo sentire a proprio agio: “Fratelli e sorelle, sia la Chiesa il luogo dove non si guardano mai gli altri dall’alto in basso ma, come Gesù con Zaccheo, dal basso verso l’alto. Ricordate che l’unico momento nel quale è lecito guardare una persona dall’alto in basso è per aiutarla a rialzarsi, altrimenti non è lecito.

Soltanto in quel momento: guardarla così, perché è caduta. Guardiamo la gente mai da giudici, sempre da fratelli. Non siamo ispettori delle vite altrui, ma promotori del bene di tutti. E per essere promotori del bene di tutti, una cosa che aiuta tanto è tenere la lingua ferma: non sparlare degli altri”.

Ed ha augurato che la Chiesa sia luogo di accoglienza: “Se evitiamo chi ci sembra perduto non siamo di Gesù. Chiediamo la grazia di andare incontro a ciascuno come a un fratello e di non vedere in nessuno un nemico. E se ci è stato fatto del male, restituiamo del bene.

I discepoli di Gesù non sono schiavi dei mali passati ma, perdonati da Dio, fanno come Zaccheo: pensano solo al bene che possono fare. Diamo gratuitamente, amiamo i poveri e chi non ha da restituirci: saremo ricchi agli occhi di Dio”.

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