Da Madrid per abbattere l’indifferenza

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Con la cerimonia finale in piazza dell’Almudena a Madrid si è concluso l’incontro internazionale di preghiera per la pace, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con l’appello finale, in cui i leaders religiosi si dicono preoccupati per i giovani: “Siamo preoccupati per le future generazioni, perché vediamo consumarsi l’unico pianeta di tutti come se fosse solo di alcuni. Perché vediamo riaffacciarsi il culto della forza e le contrapposizioni nazionalistiche, che hanno creato grandi distruzioni nella storia. Perché il terrorismo non cessa di colpire gente inerme. Perché sembra indebolito il sogno di Pace”.

Infine hanno chiesti di abbattere il ‘muro’ dell’indifferenza: “Non possiamo lasciare dietro al muro dell’indifferenza i più deboli, quanti colpiti dalla violenza e dal disprezzo perché diversi, perché pregano e parlano in un’altra lingua. Non possiamo lasciare sperperare in maniera incosciente aria, acqua, terra, risorse umane: così pesi e conti insopportabili si scaricano sulle future generazioni. Chiediamo a tutti, ai responsabili politici, ai più ricchi del mondo, agli uomini e alle donne di buona volontà, di fornire le risorse per evitare che milioni di bambini muoiano ogni anno senza cura e per mandare a scuola i milioni di bambini che non possono andarci. Sarà un segno di speranza per tutti”.

Durante la preghiera dei cristiani il presidente del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, card. Peter Kodwo Appiah Turkson, ha letto un brano del profeta Isaia su Gerusalemme: “La città di Gerusalemme, diventata una città di pace e di giustizia, è il sogno che unisce l’umanità intera. Ma questo è anche il sogno di Dio, cosi come viene espresso nell’oracolo del profeta. I due sogni confluiscono e infatti sono uno solo. La città della pace e della giustizia è una città aperta, comune, senza frontiere, nella quale non si ci sono mura per difendersi ma alberi…E’la bellissima flora del Libano! Alberi che attirano le genti e sono segno della gloria del Signore. La pace è la gloria di Dio e allo stesso tempo l’anelito di tutti”.

Per il cardinale la visione di Isaia è un momento che si può realizzare solo se la pace si coniuga con la giustizia: “I cuori sono ormai disarmati, perché la prepotenza, madre della violenza, non c’è più. La distruzione non è più l’obiettivo di nessuno. Un nuovo spirito raduna tutti. La guerra è sconfitta, perché vincono le due sorelle, la pace e la giustizia, che si baciano, come noi oggi ci abbracciamo, tutti figli dello stesso Dio, fratelli del Signore Gesù Cristo”.

Il vescovo evangelico-luterano, presidente del Consiglio della chiesa evangelica tedesca, Heinrich Bedford-Strohm, ha commentato il passo evangelico di Giovanni sulla resurrezione: “Gesù, il figlio di Dio, ha vissuto l’esperienza della disperazione assoluta. Sa come ci sentiamo a volte. Sa come noi figli di Dio a volte non capiamo come agisce Dio… Sa come ci si sente quando Dio sembra assente. Gesù lo sa perché Gesù stesso si è sentito abbandonato da Dio. Ma poi avvenne il miracolo.

La morte non ha prevalso. L’amore di Dio è stato più forte della morte. Gesù risuscitò da morte per il potere di Dio. Nessuno può spiegare scientificamente cosa accadde… Da allora sappiamo che Gesù non è più tra noi nella carne. Ma Gesù risorto è con noi nello spirito ogni volta che due o tre di noi sono riuniti nel suo nome. E questo è ciò che sperimentiamo oggi”.

Ed il metropolita ortodosso di Albania, Joan, ha evidenziato il valore evangelico della pace: “Solo la pace che dà Cristo è solida e sostanziale; è una pace spirituale che viene da una riconciliazione dell’uomo con Dio e dal ristabilirsi di una vera e corretta relazione con Lui. La sua pace è una pace interiore, una pace che può resistere a tutte le tempeste che infuriano nella vita. La pace di Cristo calma il cuore turbato e lo libera dalla paura, perché questa pace viene dalla sua presenza nei nostri cuori, che ci riempie di amore. L’amore perfetto scaccia la paura, scrive san Giovanni”.

Ed ha sottolineato l’essenza di Dio: “Il nostro Dio è Dio di pace e noi siamo chiamati a servirla. Facciamo prima pace nei nostri cuori e dopo questa fluirà e raggiungerà gli altri. Come una candela consumata non può risplendere, così noi non possiamo diffondere pace senza che noi stessi abbiamo la pace nel cuore”.

Salutando i convenuti l’arcivescovo di Madrid, card. Carlos Osoro Sierra, ha sottolineato la bellezza di questi giorni: “Quanto è bello e salutare costruire la pace! Come sta bene il cuore dell’uomo quando ci dedichiamo a costruire ponti e non muri! Quanto è importante prendere decisioni chiare e scommettere sulla cultura dell’incontro!

E per questo deponiamo le armi che portano allo scontro, alla rottura, alla violenza, allo scarto tra gli uomini. Per tutti noi questi giorni vissuti a Madrid sono stati un dono, poter esprimere ciò che rende possibile aiutare a dare vita, a darci la mano, a poter essere protagonisti di una lotta attiva a partire dal dialogo e l’incontro, evitando e lottando contro la divisione, le rotture , gli scontri, la violenza, la discriminazione, la guerra. Questo è ed è stato un regalo”.

Il Presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ha sottolineato che il cielo è ‘uno solo’ anche se le fedi sono molte: “Al cielo tutti si rivolgono pregando: nella disperazione come nella gioia, dai precari rifugi sotto le bombe in Siria come nel culto delle chiese, delle sinagoghe, delle moschee, dei templi. Il cielo non è prigioniero dei confini. Perché il Dio del cielo e della terra, della pace e della misericordia è per tutti.

L’uomo e la donna che soffrono, oppressi da povertà, malattie, guerre, esposti alle catastrofi naturali, loro, quando tendono le mani in cerca di salvezza, non hanno colore, etnia, nazione, segni di distinzione. Siamo qui anche per loro: il loro grido non può essere confinato dietro ai muri, nell’indifferenza”.

Ed ha ricordato la caduta del Muro di Berlino: “Trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, ‘Pace senza frontiere’ vuol dire no ai muri di ogni tipo. Si assumano, allora, gli uomini e le donne di religione il compito storico e profetico di rompere le barriere, unificare i mondi. Lo faranno con la forza debole della preghiera, del dialogo e dell’incontro. Perché ci sia pace senza frontiere. Questa pace libererà dall’orgoglio della solitudine e della supremazia; porterà il dialogo laddove c’è guerra; la cooperazione nella lotta alle grandi povertà; la responsabilità per i tanti migranti e rifugiati che cercano casa nel mondo.

Dio mai ci divide, ma ci unisce”. Infine il direttore di ‘Hermanos en camino’, p. José Alejandro Solalinde Guerra, ha sottolineato l’apporto del migrante in una società accogliente: “I migranti apportano l’esperienza del cambiamento, del rinnovamento culturale e spirituale, della forza del cammino, sono una opportunità per vivere meglio la fede nel Dio di tutti che cammina con tutti, che ama i migranti e la famiglia e la nostra terra che come madre dà vita a tutti e ci apre alla speranza di un tempo migliore. I migranti sono anche l’immagine di una umanità nuova, ricca, plurale che si libera dei pesi materiali per camminare più leggeri. Come Chiesa, apprendiamo dai migranti che anche noi siamo pellegrini”.

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