Il teologo nigeriano, p. Orobator, in Italia per il suo libro

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Agbonkhianmeghe Orobator, gesuita nigeriano, responsabile della Compagnia di Gesù per l’Africa e il Madagascar, battezzato a 16 anni, è uno dei teologi più brillanti del continente; a ‘Confessioni di un animista. Fede e religione in Africa’ (Editrice Missionaria Italiana), primo suo libro ad essere tradotto in italiano, l’autore affida, con originalità e freschezza di pensiero, le sue riflessioni sul futuro del cristianesimo in Africa e sul suo contributo alla Chiesa globale.

E su invito della EMI Orobator è in Italia per alcuni incontri pubblici: martedì 17, sarà al Monastero del Bene Comune di Sezano (Vr), mercoledì 18 a Padova, giovedì 19 al Centro Pime di Milano e venerdì 20 a Brescia. Sabato 21 sarà ospite di PordenoneLegge intervistato da Pierluigi Vercesi, inviato speciale del Corriere della Sera, e domenica 22 al Festival Economia e Spiritualità a Lucca.

Convinto ‘afrottimista’, il gesuita afferma che è necessario un radicale cambiamento di prospettiva riguardo alle tradizioni religiose africane, abbandonando le categorie di primitivismo e di arretratezza culturale che per secoli sono state loro affibbiate, persino dagli stessi missionari.

Al contrario, secondo Orobator l’animismo ‘costituisce la base o sottoscrittura della coscienza religiosa degli africani’ sulla quale si sono innestati islam e cristianesimo: “Le tradizioni africane di spiritualità contengono una serie di valori e di caratteristiche che possono contribuire al rinnovamento globale del cristianesimo stesso e dell’islam.

Se tale tradizione viene etichettata negativamente con la definizione di ‘animista’, non mi vergogno di esserne un sostenitore… Il cristianesimo in Africa è di vitale importanza per la sopravvivenza della comunità cristiana globale. Il futuro del cristianesimo globale passa per l’Africa”.

Richiamando la famosa frase di papa Paolo VI secondo cui ‘l’africano, quando diviene cristiano, non rinnega sé stesso, ma riprende gli antichi valori della tradizione in spirito e verità’, Orobator non si sente ‘lacerato tra due religioni’ e rifiuta categoricamente ‘di accettare l’etichetta di schizofrenia della fede o di ‘doppia mentalità religiosa’, che tanti, teologi e non, hanno usato per descrivere la religione africana.

Figlio di due devoti alla religione tradizionale africana, cresciuto con ‘una stanza delle medicine’ tra rituali e abluzioni, l’autore non smette mai di ricordarci che è proprio la sua esperienza personale di ‘convertito’ al cattolicesimo e di ‘africano’ ciò che gli permette di ritrovare nella vitalità e nella spiritualità del continente il contributo essenziale che il cristianesimo africano potrà dare alla chiesa globale.

Nemmeno l’esponenziale crescita del cristianesimo in Africa (si stima che nel 2040 i cattolici saranno circa 460.000.000, il 24% della popolazione del continente), può essere spiegata soltanto dagli alti tassi di fertilità. Le ‘radici’ animiste degli africani, la loro fervente religiosità e la vitalità del loro modo di vivere la fede hanno reso la religione uno ‘stile di vita’, parte integrante della loro quotidianità.

Il gesuita nigeriano è convinto che questa vitalità del continente sarà in grado di portare una ‘rianimazione spirituale’ dal Sud al Nord del mondo, dove invece le chiese sono sempre più vuote: “Possono le chiese del Nord tendere le brac­cia verso le cosiddette giovani chiese per trovare una via di rianimazione spirituale? E’ qui che l’Africa e il resto del Sud globale possono entrare in gioco, come nuo­vi soggetti evangelizzatori delle chiese del Nord”.

Quindi l’interdipendenza tra i diversi elementi dell’universo che sono alla base dell’animismo portano naturalmente al rispetto della natura, alla difesa dell’ecologia e delle stesse relazioni familiari. Secondo Orobator, questa concezione molto ha in comune con il concetto di ecologia integrale sviluppato da papa Francesco nella ‘Laudato sì’; un monito per tutti i cattolici sul fatto che la salvaguardia del creato non può essere scissa dalla difesa della vita umana:

“La saggezza delle tradizioni religiose africane, a lungo derise e liquidate come animiste, offre risorse per coltivare sane virtù ecologiche al fine di suscitare un rinnovato impegno per una responsabilità condivisa dell’umanità nel prendersi cura della nostra casa comune…

Rimango convinto che questa spiritualità di recipro­cità e interdipendenza offra al cristianesimo e alla comunità globale di fede un altro strumento per affermare le virtù di una buona gestione del creato, del vivere in semplicità, del rispetto e di un rapporto di alleanza con il nostro ambiente”.

La riflessione del teologo nigeriano, tuttavia, non si ferma qui, dedicandosi anche al ruolo delle donne nella società africana e nella chiesa stessa e rilevandone forti criticità: dalla permanenza di una mentalità ‘patriarcale e clericale’ che poco spazio dà alle donne, soprattutto a livello istituzionale, alla discriminazione di genere:

“L’accesso alla salute e all’istruzione per le donne e le ragazze più povere dell’Africa sono questioni fondamentali, così come la libertà di esercitare i loro diritti umani e i privilegi battesimali in modo coscienzioso e responsabile. Sono problemi che non esistono isolati…
In tutta l’Africa, molte donne africane come mia madre fungono da tramite degli spiriti liberi, creativi e attivi degli dei e delle dee. La religione africana, in effetti, ha qualcosa da insegnare alla chiesa nel mondo”.

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