A Madrid la Comunità di Sant’Egidio per una ‘pace senza confini’

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Si svolgerà, dal 15 al 17 settembre, ‘Pace senza confini’, l’incontro internazionale promosso dalla Comunità di Sant’Egidio a Madrid, dove sono attese migliaia di persone da tutta Europa e oltre 300 leader delle religioni e del mondo, uniti per “dire ‘no’ ad un mondo attraversato ancora da troppe guerre e a società che conoscono un crescente clima di violenza e di razzismo”. Per tre giorni leader cristiani, ebrei, musulmani e delle religioni asiatiche interverranno, insieme a rappresentanti delle istituzioni e del mondo della cultura, in una trentina di tavole rotonde.

Tanti gli argomenti al centro dell’attenzione, tra questi la necessità del disarmo, l’emergenza ambientale, il futuro dell’Europa, il fenomeno delle migrazioni, i temi dello sviluppo e della giustizia sociale a cui hanno aderito finora, tra gli altri, l’arcivescovo di Madrid, card. Carlos Osoro Sierra, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, l’economista statunitense Jeffrey Sachs, il presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin-Archange Touadera, il rabbino capo di Tel Aviv, Israel Meir Lau, il rettore dell’università di Al-Azhar, Mohammad Al-Mahrasawi e il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi.

Per comprendere meglio l’evento abbiamo rivolto alcune domande al prof. Francesco De Palma, insegnante di italiano e di storia agli Istituti Superiori di Roma, membro della Comunità Sant’Egidio ed esperto di dialogo interreligioso, che ha scritto il libro ‘Il prezzo di due mani pulite’, dedicato alla figura di Floribert Bwana Chui, membro della Comunità di Sant’Egidio nella Repubblica Democratica del Congo, caposervizio dell’agenzia congolese per il controllo della qualità delle merci in uscita e in entrata, assassinato a Goma il 7 luglio 2007 per essersi rifiutato di far passare una partita di riso avariato.

Cosa significa attuare una pace senza confini?
“Il mondo attuale è ossessionato dai confini. Viviamo il paradosso per cui siamo un villaggio globale, la globalizzazione ci ha avvicinato in maniera prima impensabile quanto a possibilità di comunicazione, quanto a capacità di spostamento. E però, forse per reazione a tutto questo, c’è come il rimpianto dei muri del passato, il desiderio di costruirne di nuovi, di renderli sempre più impenetrabili. Come se i confini ci potessero salvare da ciò che di terribile c’è all’esterno. ‘Pace Senza Confini’ indica il sogno di un mondo che globalizza il rifiuto della guerra e della violenza, costruendo ponti tra i popoli, le culture e le religioni”.

Quale è il motivo per cui la Comunità di Sant’Egidio promuove questi incontri tra le religioni?
“Dalla Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace di Assisi, convocata da Giovanni Paolo II nel 1986, la Comunità di Sant’Egidio ha inteso raccogliere l’invito finale del Papa in quello storico incontro: ‘Continuiamo a diffondere il messaggio della pace e a vivere lo spirito di Assisi’.

Da allora, attraverso una rete d’amicizia con i rappresentanti di fedi e culture diverse, la Comunità ha promosso un pellegrinaggio di pace che ha fatto sosta, di anno in anno, in diverse città d’Europa e del mondo, coinvolgendo credenti di tutte le fedi e uomini e donne di buona volontà. La pace, infatti, riguarda tutti. L’anelito alla pace è inscritto nel cuore di ogni religione. Di più: è inscritto nel cuore di ogni uomo. La pace è vivere insieme tra diversi. I credenti possono fare qualcosa per la pace, che è cosa troppo seria per essere riservata ai ‘grandi’. Chi prega possiede una forza di pace, che può essere messa a frutto”.

Per quale motivo dedicate un panel all’Europa?
“Perché di Europa c’è bisogno. E ce n’è bisogno perché c’è bisogno di pace. Ricordiamoci che l’Unione Europea è una storia di pace. In quello che era stato il continente maggiormente devastato dalle guerre. Non è un caso che l’Europa abbia ricevuto il Premio Nobel per la Pace. L’Europa è una success story. Certo, oggi è di moda criticare l’Unione Europea e lamentare il modo con cui essa è stata condotta.

Ma nel voler fare senza l’Europa si nasconde il virus dell’individualismo, del nazionalismo e dell’isolamento. E la conseguenza di questo modo di ragionare è la mancanza di visioni per il futuro. Vale la pena allora riflettere sulle parole che papa Francesco ha pronunciato, ricevendo il premio ‘Carlo Magno’, nel 2016: ‘Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita’.

Da donne e uomini spirituali in Europa possono sgorgare un umanesimo planetario, iniziative di pace e di solidarietà, una visione del mondo come casa comune dei popoli e degli uomini. Del resto i cambiamenti climatici (ormai percepiti da tutti nei loro effetti) mostrano come la terra sia una casa comune. Sempre più il destino dei popoli è legato tra loro. Da credenti che pregano e costruiscono unità, nasce un amore responsabile che diventa missione. L’Europa può avere ancora una missione nel mondo”.

Secondo la Comunità di Sant’Egidio è ancora il tempo dell’ecumenismo?
“E’ sempre il tempo dell’ecumenismo. Magari non è più la stagione dell’entusiasmo, degli inizi. Vediamo meglio le difficoltà del cammino, la sua fatica. Ma questo è il tempo in cui continuare a camminare, è il tempo dell’ecumenismo del cuore, di chi si incoraggia l’un l’altro. Credenti in Cristo, ognuno con la sua storia, cominciano a camminare insieme, come verso Emmaus, e nel cammino, strada facendo, il Signore stesso ci spiegherà meglio cosa ci chiede, cosa vuole da noi, come si potrà realizzare il miracolo dell’unità”.

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