Al Monastero di Bose un convegno sulla vocazione

Condividi su...

‘Chiamati alla vita di Cristo. Nella chiesa, nel mondo, nel tempo presente’ è stato il tema del XXVII convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa promosso fino al 6 settembre dalla comunità monastica di Bose in collaborazione con le Chiese ortodosse per mettere in luce la radicalità e la forza dell’appello alla vita cristiana, nella chiesa, nel mondo, nella storia, in ascolto della tradizione spirituale ortodossa:

“Ripensando la ricca e multiforme tradizione dell’oriente cristiano, approfondiscono la teologia ortodossa della vocazione monastica e la teologia ortodossa del matrimonio, il carisma della donna nella chiesa, il significato della vita di una comunità cristiana, la bellezza presente nella vita cristiana, la speranza cristiana nelle diverse età della vita, anche di fronte alla malattia, la sofferenza, la morte”.

Nella conclusione fratel Enzo Bianchi ha sottolineato il valore della vocazione: “La vocazione, la chiamata di Dio che è già un atto efficace e creatore della sua Parola: ha una dimensione cosmica e non solo individuale; una dimensione personale e comunitaria, e ancora una dimensione pubblica che s’incarna nella storia e nella vita della polis.

In questi giorni abbiamo imparato a vedere nella vocazione quel misterioso e ininterrotto dialogo tra Dio e l’uomo che mette in gioco la libertà e coinvolge tutta la persona: la sua volontà, le sue energie, i suoi desideri, la sua capacità di amare, di entrare in relazione con gli altri”.

Dopo l’excursus biblico fratel Bianchi ha sottolineato la realtà ‘dinamica’ della vocazione secondo l’apostolo Paolo: “Dimenticare il passato non significa perdere le proprie radici, ma fare spazio a quel seme seminato in noi, alla Parola di Dio che è seme di vita nuova e diventa carne nella nostra vita, che fa di noi creature nuove.

In questa prospettiva, possiamo vedere come si incontrano la tradizione occidentale dell’imitazione di Cristo e quella orientale della divinizzazione, della thèosis, dell’inabitazione in noi dello Spirito che ci rende pienamente conformi a Cristo”.

La vita in Cristo, quindi, non è monotona, parafrasando Dostoevskij: “Al contrario, è segnata dalla multiforme bellezza dei doni che sono dati a ogni persona, e che diventano carismi, doni offerti e condivisi per edificare nell’unità e nell’armonia il Corpo di Cristo… La bellezza cui siamo chiamati non è un astratto ideale, ma un concreto cammino nelle vicende del mondo creato, della storia.

Il nostro essere sessuati è l’orizzonte in cui impariamo a diventare umani: qui si innestano quelle specifiche vie di sequela cristiana che sono il matrimonio, il tendere dell’uomo e della donna a essere uno in Cristo; e la via del celibato fecondo per il Regno, la via monastica nelle sue diverse forme, che ancora oggi assume in oriente e in occidente, come ci hanno testimoniato numerose relazioni”.

Ed ha concluso affermando che Dio si manifesta nell’amore di Gesù: “In Cristo l’amore diventa libertà, permette a ciascuno di riconoscersi nell’altro senza negare la propria particolarità. In questa pluralità riconciliata e compaginata in unità sta anche la vocazione specifica di una comunità cristiana, che non è mai separata dalla compagnia degli uomini e delle donne impegnati nell’avventura dell’esistenza, ma è chiamata a mostrare la fraternità, cioè a vivere il comandamento nuovo dell’amore”.

Infatti la giornata conclusiva del convegno ha dato spazio alle relazioni sulla chiamata alla santità nella vita monastica. Nektarios, metropolita dell’Argolide, ha parlato del monachesimo odierno in Grecia e si è interrogato sulla capacità delle guide spirituali di discernere le motivazioni che conducono un giovane a bussare alle porte di un monastero.

Nel trattare il tema della vocazione alla santità nella vita matrimoniale, p. John Behr (Istituto St Vladimir, New York) ha ricordato come ‘il matrimonio, proprio come il monachesimo, continua la fondamentale vocazione cristiana al martirio e non ha necessità di essere, né dovrebbe essere assimilato al monachesimo’.

Il prof. Aristotle Papanikolau (Università di Fordham, New York) ha affrontato il delicato tema del rapporto tra chiesa e città: “la chiesa e la polis sono spazi distinti e la comunione divino-umana possibile nella polis non può mai coincidere con la sua pienezza realizzata nella Chiesa … è molto forte la tentazione di utilizzare lo stato e il nazionalismo per assicurare il privilegio dell’ortodossia in una società in nome della deificazione della cultura della e della polis. Ma questa è la tentazione di Giuda, non la politica della divinizzazione cui tutti siamo tutti chiamati”.

Il convegno era stato aperto dalla domanda di p. Arsenij Sokolov, biblista e rappresentante del Patriarcato di Mosca a Damasco: ‘Ci sono ancora profeti tra di noi?’ Riprendendo la ‘provocazione’ della domanda il prof. Bassim Nassif, docente di teologia pastorale all’Università di Balamand in Libano, ha parlato della Chiesa come Corpo di Cristo e dei carismi del popolo di Dio.

Nella Chiesa i doni sono innumerevoli e diversi; tutti vanno vissuti nell’amore e fatti fruttificare per il bene comune; tutti vanno riconosciuti evitando ogni tentazione di clericalismo che riduce il laicato a una ‘seconda classe’. Introducendo i lavori fratel Bianchi aveva parlato di una ‘chiamata cosmica’ alla santità:

“Purtroppo quando si riflette sulla vocazione non si fa riferimento, se non in modo periferico, alla chiamata cosmica, alla chiamata all’esistenza di tutte le creature da parte di Dio. Eppure è decisivo cogliere questa vocazione, perché l’esistenza di ogni creatura del cielo e della terra implica e significa il suo essere stata chiamata…

Solo ciò che Dio ha voluto è venuto all’esistenza e sussiste, in relazione con lui. Dio, infatti, ama tutte le cose esistenti, nulla disprezza di quanto ha creato, perché se avesse odiato qualcosa non l’avrebbe neppure chiamato all’esistenza. Tutte le cose appartengono al Signore, l’Amante della vita, e in tutte c’è il suo Spirito santo. L’esistenza delle creature non è nient’altro che il loro rispondere: ‘Eccoci! Presenti!’ alla chiamata di Dio”.

Quindi esiste anche una chiamata cristiana alla santità: “Sì, è la specificità della chiamata a vivere ‘in Cristo’: en Christô, secondo quel sintagma così ricorrente nelle epistole paoline, espressione che riassume da sé sola il cammino della vita cristiana. E’ la chiamata a essere conformi a lui, il vero, ultimo e definitivo Adamo, il Figlio di Dio nel quale siamo chiamati a diventare a nostra volta figli e figlie di Dio… I cristiani sono i chiamati (kletoí) per eccellenza e la loro comunità è ek-klesía, adunanza di chiamati. La vocazione essenziale dei cristiani è quella ricevuta nel battesimo ed è vocazione unica”.

Free Webcam Girls
151.11.48.50