Al Meeting di Rimini l’economia del papa

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Dopo la diplomazia di papa Francesco sul palco della fiera riminese è salita l’economia della Chiesa, attraverso il ‘patto per dare un’anima all’economia di domani’, come ha detto papa Francesco nell’invito ad Assisi dal 26 al 28 marzo dell’anno prossimo centinaia di economisti ed imprenditori di tutto il mondo, tutti giovani.

Di questo ha parlato il meeting in un incontro incentrato sullo spirito di ‘The Economy of Francesco’ con il docente universitario alla Lumsa di Roma, prof. Luigino Bruni, che ha dialogato con sei giovani, alcuni dei quali imprenditori, altri studiosi di economia.

Durante l’incontro il prof. Bruni ha presentato tre giorni di incontro voluti dal pontefice (c’è già il sito web: www.francescoeconomy.org), che avranno come riferimento i due Francesco: il poverello di Assisi e il papa di oggi. Non sarà il consueto convegno di luminari che parlano con un pubblico che prende appunti.

I giovani interessati, che stanno facendo arrivare le loro storie e le loro domande, avranno modo di incontrare personalmente i grandi nomi dell’economia e dell’impresa di oggi, premi Nobel compresi. Saranno invitati ogni giorno a visitare in silenzio, per un paio di ore, i luoghi dove san Francesco ha avuto i suoi incontri decisivi, da quello con il lebbroso al crocefisso di San Damiano. Poi porranno quesiti e racconteranno le loro storie.

Durante l’incontro il prof. Bruni ha incontrato giovani come Benedetto, che ha una piattaforma e-commerce di prodotti agricoli; Elettra, titolare di un’agenzia di comunicazione con nove dipendenti che, oltre allo stipendio, partecipano agli utili; Giacomo, dottorando in management, in giro per l’Africa, ad insegnare a 400 imprenditore del sociale a rispondere adeguatamente all’emergenza dei loro paesi;

Domenico, ricercatore di economia, che ha studiato come la regola benedettina abbia dato risultati straordinari nell’Inghilterra di Guglielmo il Conquistatore e Marco, fondatore e ceo di uno studio di progettazione e sviluppo della comunicazione.

Le domande e le esperienze dei sei giovani hanno permesso al prof. Bruni di delineare i tratti salienti di una economia più umana, che non ha il fascino ingannevole dell’utopia ma che è profetica “perché indica il non-ancora stando però sul ‘già’, realizzando già qualcosa”.

Bruni ha sfatato alcuni moralismi e luoghi comuni, perché l’imprenditore non può essere altruista, se non in via eccezionale, in quanto la legge dell’economia civile è la reciprocità, il mutuo vantaggio: il lavoratore che viene assunto deve arricchire anche l’impresa, altrimenti il rapporto non funziona.

Il mutuo vantaggio è anche un questione di dignità: chi lavora deve sentirsi utile e non può sempre dire grazie a uno che lo ha aiutato. L’impresa, poi, se non vuol chiudere, deve fare in modo che il suo dipendente le doni quello che essa non può comprare con lo stipendio: deve coltivare un rapporto dentro il quale il lavoratore si senta libero, libero anche di cambiare azienda e poi, magari, un domani, tornare.

Il docente ha demolito anche il ‘bene comune’, in quanto ‘manipolabile’: “E’ una bella espressione, un bel concetto che può essere manipolabile; quel che conta è il bene che uno può fare ‘qui ed ora’, ogni giorno”. Ed infine ha precisato che certi modelli piccoli non sono ‘scalabili’, cioè non possono automaticamente crescere in base alle necessità: “Ci sono esperienze positive e rivoluzionarie, penso ai benedettini, che non sono ‘scalabili’, perché si incarnano in persone carismatiche che, una volta scomparse, non possono essere copiate”.

Certi modelli, allora, si ‘scalano’ per imitazione: chi arriva dopo prende un po’ dell’originale e ci fa qualcosa di diverso. Francescani e benedettini hanno avuto e hanno al loro interno centinaia di ‘famiglie’, che “hanno continuato a mettersi insieme per dei sogni collettivi…

San Benedetto va imitato a livello della domanda che aveva nei confronti del suo tempo: come salvare il mondo di allora, e noi dobbiamo chiederci la stessa cosa verso il nostro tempo e tenere vivo l’invito di Benedetto: fate delle opere e fatele insieme”.

Invece l’altro pilone economico del papa è fondato sull’enciclica ‘Laudato sì’, capace di “costituire le comunità ‘Laudato Sì’ nelle città, nei quartieri, nelle piccole realtà italiane, come ad Amatrice, seguendo gli insegnamenti contenuti nell’enciclica di papa Francesco”, secondo la proposta lanciata da Carlin Petrini, fondatore di ‘Slow Food’.

Secondo lui l’enciclica del papa “dal 2015 ad oggi continua ad essere un documento rivoluzionario e di grande attualità sul quale lavorare e agire insieme, credenti e non credenti, in favore della salvaguardia della salute dell’uomo, dell’ambiente, del lavoro agricolo, soprattutto quello delle popolazioni dei continenti più poveri, del sostentamento della casa comune a livello globale.

E’ stata definita una enciclica ecologista, ma non è così: è un documento di ecologia integrale che interessa la società e l’uomo nella sua totalità”.

Ed ha spiegato la maniera per cui un’economia può essere sostenibile: “Sostenibilità è un termine usato e anche abusato, non si può parlare di sostenibilità a livello economico se l’unico obiettivo è quello del profitto.

Anzi è proprio il contrario, sono invece quelle pratiche virtuose, quotidiane, individuali, in favore dell’altro, del bene comune che, se attuate insieme, servono a scardinare le economie del risultato, del profitto a tutti i costi.

Sostenibilità vuol dire non sprecare, non gettare cibo e indumenti, non inquinare, possedere una visione che salvaguardi l’ambiente, una cultura della solidarietà e della compassione per il prossimo, per chi è più povero. Non solo sostenibilità ambientale, ma anche umana, di relazioni, di confronto, di non prevaricazione”.

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