Tanti giovani al Global Friendship: mai più indifferenza

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E’ una buona notizia, per l’Europa e non solo: si tratta di ‘Global Friendship’, il raduno di circa 1000 Giovani per la Pace europei in Polonia, che si è svolto dal 19 al 21 luglio 2019. Non è stato solo un incontro festoso di ragazzi, un’esplosione di entusiasmo giovanile (che pure c’è stata), ma soprattutto la manifestazione di una generazione di giovani che cresce alla scuola di un umanesimo cristiano, che non distoglie gli occhi dalla storia, ma si sente impegnata a costruire un mondo senza razzismo e senza violenza.

Nei tre giorni del ‘Global Friendship’, i giovani hanno gustato la bellezza dell’incontro, del ritrovarsi insieme, con canti e parole comuni, ma non attorno a se stessi: in pellegrinaggio al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, in ascolto di Lidia Maksymowicz, una donna sopravvissuta al lager, hanno mostrato la forza che c’è in una generazione di cui troppo spesso si sottovaluta il valore e la carica di speranza che essa rappresenta per il continente europeo.

Marco Impagliazzo, il presidente di Sant’Egidio, ha concluso la tre giorni, invitando i giovani a capire: “Davanti ad Auschwitz non possiamo restare uguali a prima. Dobbiamo capire e reagire. Stand up! Reagisci, cioè diventa grande dentro. Reagire vuol dire parlare, entrare in dialogo”; invitandoli ad “avere un cuore pensante, che significa cambiare il mondo con le parole; opporsi alla cultura del nemico; coltivare il dialogo perché la pace muore quando muore il dialogo”.

Nella conclusione di fronte al memoriale delle vittime del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau il presidente della Comunità di Sant’Egidio ha esortato i giovani a non essere indifferenti: “Di fronte a queste lapidi diciamo ‘mai più indifferenza’. Ci impegniamo qui solennemente a dire war never again e a lavorare ogni giorno alla pace. Solo coloro che non hanno memoria del passato sono condannati a ripeterlo. Noi giovani di Global Friendship, consapevoli di questo terribile passato europeo ci dedicheremo ogni giorno a essere operatori di pace: peacemakers”.

La visita al museo e al memoriale di Auschwitz, il pellegrinaggio silenzioso a Birkenau sui passi che furono quelli dei deportati destinati allo sterminio, sono stati il momento più alto della tre giorni del movimento giovanile promosso da Sant’Egidio. A 80 anni dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale, i giovani hanno voluto ricordare come dall’immensa tragedia i popoli si siano risollevati con umiltà e coraggio per edificare l’Europa di oggi: un grande spazio di pace, in cui si cerca la via del dialogo e del rispetto verso tutti.

‘A Global friendship to live together in peace’, è parte di un movimento di pace consapevole che non c’è memoria senza futuro, come ha ben descritto nella prima giornata dell’incontro Lidia Maksymowicz, sopravvissuta di Auschwitz, le cui parole hanno aperto l’incontro a Cracovia. I mille Giovani per la Pace hanno quindi ascoltato la testimonianza di Lidia Maksymowicz, deportata ad Auschwitz Birkenau quando non aveva ancora compiuto tre anni. Ha trascorso tre anni nel ‘blocco dei bambini’ e ha subito diversi esperimenti medici, come l’inoculazione di virus e di soluzione salina da parte del dott. Mengele, di cui ricorda gli stivali tirati a lucido e lo sguardo da invasato.

Della prigionia ricorda la fame, i pidocchi, il terrore dei bambini all’arrivo dei medici e l’appello in cui venivano chiamati con i numeri che avevano tatuati sul braccio. I numeri mancanti – persone, bambini mai chiamati per nome – venivano sostituiti con gli ultimi arrivati, che condividevano con gli altri prigionieri il destino di affrontare il freddo polacco nelle baracche e la spietatezza delle SS. Quando l’Armata Rossa libera il campo viene accolta da una famiglia polacca di Oświęcim, a pochi metri da Auschwitz.

Per la prima volta gli abitanti della città vedono i volti dei prigionieri di quel campo da cui proveniva l’odore terribile di quel fumo che si estendeva per decine di chilometri; e per la prima volta Lidia, ancora bambina, vedeva una casa, con un letto, le lenzuola e la cucina. Lidia ha deciso di raccontare la sua storia a tanti giovani, anche se la memoria di Auschwitz la fa soffrire riaprendo ferite dolorose: “All’inizio raccontare era difficile, ora mi aiuta e spero vi aiuti per capire meglio quello che vedrete domani visitando il campo”.

Nell’appello i giovani hanno fatto memoria del genocidio di ebrei, rom e sinti e dell’eliminazione di altre centinaia di migliaia di persone: “Il 1° settembre 1939, 80 anni fa, con l’invasione della Polonia ebbe inizio una grande sofferenza per questo popolo. In seguito l’Europa e il mondo intero furono sconvolti dalla seconda guerra mondiale. La violenza inaudita della guerra, liberando ogni odio, permise al nazismo di realizzare i suoi piani di morte.

Da quell’immensa tragedia i popoli si risollevarono con umiltà e coraggio per edificare l’Europa di oggi: un grande spazio di pace, in cui si cerca la via del dialogo e del rispetto verso tutti. Noi siamo nati tanti anni dopo la Shoà, ‘il Grande Male’ per il popolo ebraico, e il Porrajmos, ‘il Grande Divoramento’ per i Rom e i Sinti, ma siamo convinti che esso ci riguardi ancora da vicino.

In questi giorni ci ha profondamente toccato la testimonianza di chi, allora bambino, è sopravvissuto all’orrore dei campi di sterminio, custodendo l’umanità e la speranza”.

L’appello si conclude con l’invito a non ‘perdere’ la memoria: “Per questo crediamo che senza memoria non c’è futuro. Siamo preoccupati per la permanenza, nei nostri paesi, di pregiudizi antisemiti e razzisti, per la diffusione di slogan e atteggiamenti intolleranti e per la crescita, specie tra i giovani, di movimenti nazionalisti, xenofobi e fascisti.

Sentiamo la responsabilità di resistere al male, di ribellarci alla logica dei muri, troppi, che dividono le persone e i popoli, e di costruire un’alternativa all’odio, all’indifferenza e alla paura, che dominano il cuore di tanti. Solennemente ci impegniamo per un mondo in cui tutti possano vivere insieme: un mondo senza razzismo, un mondo senza violenza, dove ci sia posto per chi fugge da povertà, guerre, cambiamenti climatici e mancanza di libertà.

Da Auschwitz sorge un nuovo orizzonte di umanità per i nostri paesi. Da questo luogo riparte un movimento di cuori, che vuole contagiare con l’amicizia altri giovani come noi, per essere migliori e rendere più umani i nostri paesi in una Europa di pace”.

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