In Libano inaugurato il giardino dei giusti

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Nello scorso 29 giugno il Console onorario d’Armenia in Italia e Cofondatore di Gariwo Pietro Kuciukian, ha inaugurato il primo Giardino dei Giusti nel Paese, nel villaggio di Kfarnabrakh, in Libano, definendo “un miracolo quello della nascita del primo Giardino dei Giusti in Libano, a Kfarnabrakh, un villaggio a 45 chilometri da Beirut che non raggiunge i 10.000 abitanti, ma che ospita 1.500 rifugiati siriani”.

L’iniziativa nasce dalla volontà di Gariwo e dell’associazione libanese Annas Linnas di perseguire il bene comune e la solidarietà. L’associazione Annas Linnas, costituita nel 2009 dal padre greco-melchita-basiliense Abdo Raad per favorire la convivenza tra la popolazione locale e i rifugiati, è impegnata dal 2011 ad alleviare i disagi causati dall’arrivo di nuovi profughi dai Paesi limitrofi. Tra le sue attività c’è appunto il Giardino Educativo Sensoriale, progettato come spazio aperto per la preghiera individuale e la discussione collettiva a contatto con la natura. Questi i Giusti onorati: Carlo Angela, Faraaz Hussein, Jakob e Elisabeth Künzler, Antonia Locatelli, Fridtjof Nansen, Andrej Sacharov, Sophie Scholl, Azucena Villaflor e Armin T. Wegner.

La cerimonia è stata anche l’occasione per ringraziare l’associazione svizzera Elias e in particolare il suo Presidente, Yves Tabin, per l’importante contributo donato per la realizzazione del Giardino. Nel Giardino Educativo Sensoriale che sorge sulla collina di Kfarnabrakh nella catena del Monte Libano – scuola e spazio aperto per la meditazione individuale e per la discussione collettiva a contatto con la natura oggi arricchito dal Giardino dei Giusti dell’Umanità – sono proprio la popolazione locale e i rifugiati a vincere il caos e a compiere il miracolo di poter restituire ai bambini il loro tempo, cambiare la loro vita, come ha spiegato p. Abdo Raad:

“Si è pensato a un Giardino perché capire e difendere la Natura, per assicurare una vita migliore per tutti, è un’aspirazione comune a gruppi etnici, religioni, nazionalità e classi di età diversi. Amare la Natura è una preghiera a Dio, poiché tutte le religioni riconoscono il proprio Dio come creatore della Natura”.

Nel discorso il console onorario armeno ha ricordato le proprie radici: “Sono figlio di un sopravvissuto al genocidio armeno. Mio padre è giunto in Italia a 12 anni nel 1915. Era determinato a dimenticare. Ma prima di morire ha rotto il silenzio. Lui e tutta la sua famiglia erano stati salvati a Costantinopoli da un amico turco che li ha nascosti e sulla porta di casa negava la presenza di armeni.

Fu un atto giusto di un uomo normale, la decisione di scegliere il bene, di far valere i valori della solidarietà, di non considerare l’altro, anche se diverso, un nemico. Per anni mi ero immerso nel male del mio popolo. Un amico professore alla Sorbona mi aveva consigliato di cambiare per non impazzire. Dopo il racconto di mio padre mi sono dedicato alla ricerca del bene al tempo del male.

Dagli anni ’90 sono andato alla ricerca dei quei Giusti che hanno salvato gli armeni o hanno testimoniato la verità; ho raccolto e trasportato le loro ceneri o la loro terra tombale a Yerevan, e li ho onorati al Memoriale del genocidio. Ho ricostruito anche le storie dei turchi ottomani che hanno rischiato o perso la vita disobbedendo agli ordini.

I Giusti sono il tramite della ripresa del dialogo e della realizzazione della pace tra i popoli”. Ed ha ricordato che anche di fronte agli orrori è possibile restare umani: “Questa terra è vicina al cuore degli armeni, perché ha offerto rifugio a tanti sopravvissuti. E anche qui oggi ci sono persone che praticano l’accoglienza verso nuovi rifugiati.

Le figure dei Giusti che oggi onoriamo ci dicono che si può restare umani in contesti difficili, che si possono abbattere i muri e iniziare cammini nuovi nella nostra convivenza civile. I Giusti ci insegnano a comprendere le ragioni dell’altro e persino a considerare il punto di vista del nemico”.

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