La comunione degli Apostoli spiegata con la freschezza della Chiesa africana

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Non si può certo dire che Benedetto XVI non ami l’Africa solo perché nell’ultimo concistoro non erano previste berrette per vescovi di quel continente. Nel precedente del resto erano stati quattro i porporati di quella Chiesa giovane ed entusiasta cha ha coinvolto il Papa nei sui due viaggi nel continente. Per questo ha per due volte scelto un cardinale africano per la predicazione degli Esercizi Spirituali alla Curia. Prima Francis Arinze, nigeriano, uomo di Curia, e oggi nel 2012 il cardinale congolese Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa. Nella Repubblica democratica del Congo Pasinya ha avuto spesso un importante ruolo sociale. Del resto Monsengwo significa nipote di un capo tribù e la sua è una delle famiglie reali di Basakata. Negli anni ’90 ha accompagnato l’ex Zaire nel delicato passaggio politico che ha portato alla caduta della dittatura di Mobutu. Lo scorso dicembre ha messo in dubbio il risultato elettorale in Congo delle presidenziali che vedevano la rielezione del presidente uscente Joseph Kabila: “I risultati proclamati dalla Commissione elettorale lo scorso 9 dicembre non sono conformi né alla verità né alla giustizia”. La situazione è rimasta sospesa tra la decisione di nuove elezioni e la accettazione di Kabila in attesa di cambiare le regole, mentre il paese brucia tra le epidemie di colera e morbillo e la totale instabilità politica si cui soffiano gli interessi internazionali.

Pasynia è il vescovo della gente dei Grandi Laghi che soffre da decenni. Ed è stato il primo segretario speciale di un Sinodo dei Vescovi, perché è un valente biblista. Il Sinodo sulla Parola di Dio ha messo in luce anche la conoscenza della Bibbia in Africa. “In Africa – ha detto il cardinale in una intervista a Jesus- l’inculturazione è stata quasi naturale, tramite proverbi e racconti, e per l’annuncio del Vangelo il concetto più elaborato è stato quello della Chiesa come famiglia di Dio.” Pasinya non ha mai nascosto i problemi sociali e politici più scottanti e i tentativi di sfruttare e marginalizzare l’Africa: “La pace va di pari passo con la giustizia, la giustizia con il diritto e il diritto con la verità” ha detto al secondo Sinodo africano, nell’ottobre 2009. Allora tenne anche la relazione sull’attuazione delle indicazioni del primo Sinodo continentale del 1994.

Ora questo nuovo incarico da parte di Papa Benedetto, e la scelta di un tema che parte dalle parole dell’ Evangelista Giovanni che nella Prima Lettera presenta la sua intenzione di raccontare “l’esperienza di fede che gli Apostoli hanno fatto del Verbo della Vita, che era presso il Padre, e che si è manifestato a loro facendosi uomo. Infatti l’hanno vissuto, udito, contemplato e toccato con le loro mani. Egli racconta questa esperienza di fede perchè i cristiani, suoi lettori, siano in comunione con gli Apostoli, come essi stessi sono in comunione con il Padre e suo figlio Gesù Cristo.” Il cardinale congolese svilupperà questa idea di comunione, e darà i criteri che permettono ai cristiani di raggiungere questa comunione, di farla crescere e di viverla. Nella introduzione di domenica sera si è partiti dal segno della croce e la “croce uccide il nostro egoismo e ci fa comunicare al piano di salvezza di Dio”. Da questo si parte per arrivare attraverso la misericordia alla fede.

La freschezza dell’Africa entra nella cappella Redemptoris Mater: “questa freschezza del sì alla vita che c’è in Africa- ha detto il Papa andando in Benin- questa gioventù che esiste, che è piena di entusiasmo e di speranza, anche di umorismo e di allegria, ci mostra che qui c’è una riserva umana, c’è ancora una freschezza del senso religioso e della speranza; c’è ancora una percezione della realtà metafisica, della realtà nella sua totalità con Dio: non questa riduzione al positivismo, che restringe la nostra vita e la fa un po’ arida, e anche spegne la speranza.”

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