Gender: la Santa Sede critica il pensiero unico

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Nei giorni scorsi la Santa Sede ha pubblicato un documento della Congregazione per l’educazione cattolica, firmato dal Prefetto, card. Giuseppe Versaldi e dal segretario, mons. Vincenzo Zani, intitolato ‘Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione’, che ripropone alla luce del Magistero il tema della ideologia gender e dell’insegnamento nelle scuole.

Con il documento, ha spiegato il prefetto della congregazione, si vuole ‘superare ogni inconcludente contrapposizione polemica’: “Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione, ora pubblicato dopo la consultazione dei competenti dicasteri della Santa Sede, invita ad affrontare la questione del gender con un approccio dialogico. In questa materia in cui è alto il rischio di fraintendimenti e conflitti ideologici, risultano opportuni tre atteggiamenti: ascoltare, ragionare e proporre. In primo luogo, quindi, è necessario fare una distinzione tra ideologia e studi sul gender.

Mentre l’ideologia pretende, come riscontra papa Francesco, ‘di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili’, ma cerca ‘di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini’ e quindi preclude l’incontro, non mancano delle ricerche sul gender che cercano di approfondire adeguatamente il modo in cui si vive nelle diverse culture la differenza sessuale tra uomo e donna. In relazione a questi studi è possibile aprirsi all’ascolto, al ragionamento e alle proposte. Pertanto il documento ripercorre la storia, focalizza i punti di incontro ragionevoli e propone la visione antropologica cristiana”.

Ed ha tracciato le criticità di una ideologia che cancella le differenze: “Nel breve itinerario storico appaiono chiaramente alcune criticità alla base di un disorientamento antropologico con la tendenza a cancellare le differenze tra uomo e donna, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale”.

Pur tuttavia, citando san Giovanni Paolo II, occorre anche riscontrare quegli elementi che possono essere condivisibili: “Ci sono, tuttavia, alcuni elementi di ragionevole condivisione, come il rispetto di ogni persona nella sua peculiare e differente condizione, affinché nessuno, a causa delle proprie condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive…), possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste.

Un altro aspetto di convergenza sono i valori della femminilità. Nella donna, infatti, la ‘capacità dell’altro’ favorisce una lettura più realistica e matura delle situazioni contingenti, sviluppando ‘il senso e il rispetto del concreto, che si oppone ad astrazioni spesso letali per l’esistenza degli individui e della società’… il nuovo testo ripropone la visione antropologica cristiana che vede nella sessualità una componente sostanziale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l’amore umano”.

Nelle 31 pagine del documento si ribadisce che le teorie gender, specialmente quelle ‘più radicali’, rappresentano “un processo progressivo di de-naturalizzazione o allontanamento dalla natura verso una opzione totale per la decisione del soggetto emotivo”. Ed è per questo che “la missione educativa si trova di fronte alla sfida che emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che “nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia”.

Secondo la Santa Sede, che si è avvalsa per il suo studio del parere di esperti, “i presupposti delle suddette teorie sono riconducibili a un dualismo antropologico: alla separazione tra corpo ridotto a materia inerte e volontà che diviene assoluta, manipolando il corpo a suo piacimento”.

In questa crescente contrapposizione tra natura e cultura, le proposte gender confluiscono nel ‘queer’, ovvero in una dimensione “fluida, flessibile, no-made, al punto da sostenere la completa emancipazione dell’individuo da ogni definizione sessuale data a priori, con la conseguente scomparsa di classificazioni considerate rigide…

Si vorrebbe, pertanto, che ogni individuo possa scegliere la propria condizione e che la società debba limitarsi a garantire tale diritto, anche mediante un sostegno materiale, altrimenti si realizzerebbero forme di discriminazione sociale nei confronti delle minoranze.
La rivendicazione di tali diritti è entrata nel dibattito politico odierno, ottenendo accoglienza in alcuni documenti internazionali e inserendosi in alcune legislazioni nazionali”.

Ispirandosi principalmente al documento ‘Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale’ (pubblicato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica il 1° novembre 1983) il nuovo testo ripropone la visione antropologica cristiana che vede nella sessualità una componente sostanziale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l’amore umano:

“E’ necessario ribadire la radice metafisica della differenza sessuale: uomo e donna, infatti, sono le due modalità in cui si esprime e realizza la realtà ontologica della persona umana. Questa è la risposta antropologica alla negazione della dualità maschio e femmina da cui si genera la famiglia… Alla luce di una ecologia pienamente umana e integrale dunque, la donna e l’uomo riconoscono il significato della sessualità e della genitalità in quell’intrinseca intenzionalità relazionale e comunicativa che attraversa la loro corporeità e li rimanda l’uno verso l’altro mutuamente”.

Quindi il ruolo fondamentale è quello della famiglia il cui primo diritto è quello di essere riconosciuta come lo spazio pedagogico primario per la formazione del bambino: “La famiglia è il luogo naturale nel quale questa relazione di reciprocità e comunione tra l’uomo e la donna trova piena attuazione.

In essa, l’uomo e la donna uniti nella scelta libera e cosciente del patto di amore coniugale, realizzano ‘una totalità in cui entrano tutte le componenti della persona, richiamo del corpo e dell’istinto, forza del sentimento e dell’affettività, aspirazione dello spirito e della volontà’.

La famiglia è ‘un fatto antropologico, e conseguentemente un fatto sociale, di cultura’, altrimenti ‘qualificarla con concetti di natura ideologica che hanno forza soltanto in un momento della storia, e poi decadono’ significa tradirne il valore. La famiglia, in quanto società naturale in cui reciprocità e complementarità tra uomo e donna si realizzano pienamente, precede lo stesso ordinamento socio-politico dello Stato, la cui libera attività legiferante deve tenerne conto e darne il giusto riconoscimento”.

C’è poi il diritto del bambino “a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva… Ed è proprio all’interno del nucleo familiare stesso che il bambino può essere educato a riconoscere il valore e la bellezza della differenza sessuale, della parità, della reciprocità biologica, funzionale, psicologica e sociale…

Questi diritti si accompagnano naturalmente a tutti gli altri diritti fondamentali della persona, in particolare a quello della libertà di pensiero, di coscienza e di religione. In tali spazi si possono far nascere proficue esperienze di collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nell’educazione”.

Si arriva così al ruolo della scuola “luogo di incontro, promuove la partecipazione, dialoga con la famiglia, prima comunità di appartenenza degli alunni che la frequentano, rispettandone la cultura e ponendosi in profondo ascolto dei bisogni che incontra e delle attese di cui è destinataria… La scuola-comunità è luogo di incontro, promuove la partecipazione, dialoga con la famiglia, prima comunità di appartenenza degli alunni che la frequentano, rispettandone la cultura e ponendosi in profondo ascolto dei bisogni che incontra e delle attese di cui è destinataria”.

Alcuni paragrafi sono dedicati agli educatori cattolici: “La formazione dei formatori, cristianamente ispirata, ha come obiettivo sia la persona del singolo docente sia la costruzione e il consolidamento di una comunità educante attraverso il proficuo scambio didattico, emozionale e personale. In questo modo si genera una relazione attiva tra gli educatori dove la crescita personale integrale arricchisce quella professionale, vivendo l’insegnamento come un servizio di umanizzazione.

Pertanto, è necessario che i docenti cattolici ricevano una preparazione adeguata sul contenuto dei diversi aspetti della questione del gender e siano informati sulle leggi in vigore e le proposte in via di discussione nei propri Paesi con l’ausilio di persone qualificate in una maniera equilibrata e all’insegna del dialogo. Le istituzioni universitarie e i centri di ricerca sono chiamati ad offrire il loro specifico contributo al fine di garantire una formazione adeguata e aggiornata durante tutto l’arco della vita”.

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