Africa: la corruzione e la migrazione in un dossier di Caritas italiana

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Un paese ricco di risorse, la Guinea, ma con alti tassi di povertà e di corruzione: è quanto denuncia Caritas italiana che, a quattro anni dall’enciclica ‘Laudato sì’, ha pubblicato un dossier intitolato ‘Corruzione: ecologia umana lacerata’, in cui si analizza l’intreccio tra malaffare politico, interessi economici e migrazione relativi allo stato africano.

Quello della corruzione è uno dei problemi più gravi e una delle cause del fenomeno migratorio dalla Guinea che ultimamente ha visto espatriare un numero sempre più alto di persone, soprattutto molti minori, lungo la rotta verso il Nord Africa e l’Europa. I gravi danni arrecati dal malaffare politico ed economico non sono solo materiali: a questi si aggiungono disuguaglianze, ingiustizie, decadimento del senso civico e, soprattutto, la rottura del legame di fiducia con istituzioni e comunità del proprio Paese.

L’obiettivo del dossier è evidenziare il ruolo che la corruzione gioca sullo sviluppo non inclusivo, il contesto storico e politico in cui si propaga, le cause e le forme specifiche, le complicazioni etniche, le ramificate responsabilità internazionali, l’impatto sulla quotidianità: tutti fattori alla base della scelta di abbandonare la propria terra d’origine.

A tal proposito sono significativi i dati del rapporto 2018 del Transparency international inde dove emerge che il costo annuo della corruzione nel mondo è di $ 2.600.000.000.000, pari al 5% del Pil mondiale; inoltre, nel mondo, una persona su quattro negli ultimi 12 mesi ha pagato somme di denaro a titolo corruttivo. Le Chiese africane, come si legge nel dossier, hanno in più di un’occasione manifestato preoccupazione per una situazione che non sembra mutare e avanzato proposte concrete di contrasto alla corruzione a ogni stadio del suo sviluppo: dalle profonde radici sociali che la causano alle sue manifestazioni politiche, fino ai suoi molteplici effetti, a partire proprio dal fenomeno migratorio.

In particolare nel 2019 Caritas Guinea ha avviato un articolato progetto triennale per contrastare le cause della migrazione nelle diocesi di Conakry, Kankan e N’Zérékoré, con un duplice obiettivo: da un lato combattere la disoccupazione attraverso l’aiuto a circa 400 giovani nell’ambito della formazione professionale e dell’agricoltura; dall’altro sviluppare una diffusa campagna di sensibilizzazione sui rischi che la migrazione comporta.

L’iniziativa fa parte di un più ampio impegno nel campo della mobilità umana in Africa occidentale, Sahel e Nord Africa, promosso grazie alla campagna della Cei «Liberi di partire, liberi di restare» che vede anche la partecipazione di Caritas italiana. Un impegno che segue la rotta dei migranti dai Paesi di origine sino alle coste del Nord Africa per affermare la libertà di partire che non nega la libertà e il diritto di restare o ritornare nella propria terra. Molti i paesi coinvolti: Senegal, Nigeria, Niger, Mali, Tunisia, Marocco, Libia, Costa d’Avorio.

Oltre a questo vasto impegno nell’ambito della mobilità, in Africa occidentale e nel Sahel, inclusi anche Sierra Leone, Burkina Faso e Mauritania, Caritas italiana è attiva in interventi in risposta a crisi umanitarie dovute a siccità e conflitti e nell’ambito della sicurezza alimentare, nonché in molteplici microprogetti di sviluppo socio-economico, per la salute e l’approvvigionamento idrico. Da anni inoltre vi è la presenza di volontari in servizio civile in progetti ‘Caschi Bianchi’ in Sierra Leone e in Senegal, impegnati in iniziative delle Chiese locali per la promozione dei diritti umani.

Nell’introdurre il tema la Caritas ha sottolineato: “Con lo sbarco della nave Mare Ionio a Lampedusa il 20 marzo scorso, nuovi migranti dalla Guinea hanno raggiunto l’Italia: 17 su 49, la comunità più rappresentata a bordo. La conferma di un fenomeno in atto da qualche anno: nazionalità tradizionalmente poco presente nei flussi migratori, era la seconda per arrivi via mare in Italia nel 2017, la prima in Spagna (ed Europa) nel 2018, e la seconda per richieste d’asilo in Francia nello stesso anno.

Una novità che costringe a cercare sulla mappa un Paese ignoto, ma soprattutto a riflettere su un ‘paradosso dell’abbondanza’ al quale ci siamo a torto abituati: Paesi immensamente ricchi e in crescita si trovano in una tale povertà da costringere i loro giovani e giovanissimi alla fuga.

Molte le ragioni fra loro collegate e ramificate. Una fra le più visibili e maggiormente sofferte dai popoli soprattutto del Sud del mondo: l’endemica corruzione e il contesto d’esclusione che questa provoca nelle varie forme in cui si esprime. Diffusa un po’ ovunque, in Africa subsahariana raggiunge picchi tra i più elevati al mondo: fra i peggiori, nella classifica dei Paesi più corrotti, la Guinea è al 138° su 1801.

Il fenomeno nel mondo assume molteplici profili e ha impatti pesanti su benessere dei popoli, qualità dei servizi, crescita economica, democrazia, tenuta delle istituzioni, occupazione, distribuzione della ricchezza”. L’Africa subsahariana è la regione più povera, con i più bassi indici di sviluppo umano, e la meno democratica al mondo (12/100 per libertà e diritti, con solo l’1% della stampa libera).

Le conquiste democratiche, rilevanti dagli anni ‘90 a oggi, non sembra abbiano avuto effetti significativi sui livelli di corruzione. La regione è anche la più corrotta del pianeta con una media dell’indice ICP di 32/100: il rapporto ITI 2018 osserva che solo 8 Paesi su 49 ottengono più della media mondiale di 43/100. I migliori: Seychelles, Botswana, Capo Verde (rispettivamente 66, 61 e 57/100). I peggiori: Somalia e Sudan (10 e 13/100). Tuttavia l’Africa subsahariana, a differenza della percezione comune, non è omogenea: le regioni mostrano trend differenti, anche al loro interno.

I valori sono divergenti e le macroregioni offrono medie distorte a causa di specifiche performance particolarmente alte o basse. I risultati sono negativi a livello continentale: l’ICP medio dell’Africa subsahariana è sceso da 34 a 32/100 dal 2012 al 2018. I trend sono tuttavia trascinati verso il basso dalle regioni Sud, Est e Centro Africa più omogenee nel deterioramento.

L’Africa occidentale è in controtendenza, sia per la corruzione che per l’evoluzione democratica; l’Africa Centrale26 è passata da una media di 27 a 25/100 dal 2012 al 2018: tutto il gruppo in calo con l’eccezione di São Tomé e Príncipe (+4, oggi a 46/100); crolli netti di Gabon e Guinea Equatoriale (entrambe -4, oggi a 31 e 16/100) e Congo Brazzaville (-7 oggi a 19/100).

L’Africa dell’Est 27, da una media di 32 a 30/100: unico miglioramento vistoso, Seychelles (+14, a 66/100), la cui ottima performance nasconde la discesa del gruppo; pessimo calo di Mauritius (-6, oggi a 51/100), Gibuti (-5, a 31/100) e Madagascar (-7, a 25/100). L’Africa del Sud 28, da una media di 39 a 37/100, con soli 3 miglioramenti su 10: unico progresso, la Namibia (+5, oggi a 53/100); netti i crolli di Botswana, Malawi e Mozambico (cali di 4, 5, 8; oggi a 61, 32, 25/100).

Mentre le altre regioni sono scese, la media dell’Africa occidentale è rimasta invariata a 35/100. Quindi è una regione al suo interno molto contraddittoria: 6 Paesi peggiorano, 7 migliorano. Migliorano Senegal, Costa d’Avorio e Guinea (rispettivamente +9, 6 e 4 punti dal 2012), e peggiorano Liberia e Guinea Bissau (entrambe -9) e Ghana (-4).

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