Dalla Cei si chiede il rispetto delle regole per un umanesimo concreto

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Dopo l’intervento di papa Francesco all’apertura della 73^ Assemblea Generale della Cei, che ha affermato che la riforma sullo scioglimento breve delle nozze non è stata recepita ancora in pieno dalle diocesi, il segretario della Cei, card. Gualtiero Bassetti, ha sottolineato il valore della sinodalità:

“Accogliamoci reciprocamente ‘per camminare insieme in un esempio di sinodalità’: sia questa la modalità con cui portare avanti corresponsabilità e processi decisionali; sia questo il nostro metodo di vita e di governo, secondo la doppia modalità dal basso in alto e dall’alto in basso. La sinodalità non è un evento da celebrare, ma uno stile da lasciar trasparire nel linguaggio, nella stima vicendevole, nella gratitudine, nella cura delle relazioni: tra noi e con il Popolo di Dio, a partire dai nostri presbiteri”.

Quindi in sintonia con il papa ha indicato la missionarietà ecclesiale quale stile sinodale: “Affrontare il tema della missione non significa mettere in fila una nuova serie di attività da realizzare, ma piuttosto fare nostro un nuovo modo di essere Chiesa, che, in quanto tale, coinvolge l’esistenza di ciascuno e l’intera pastorale.

Ce lo chiede quella stessa realtà che non ci stanchiamo di accompagnare con sguardo di pastori. E’ questo sguardo, infatti, a farci prendere coscienza del cambiamento d’epoca nel quale siamo immersi, che ha archiviato il tempo in cui un progetto pastorale poteva essere sviluppato appoggiandosi su un tessuto per molti versi omogeneo”.

La missione nasce dall’ascolto del Vangelo, che deve essere vissuto nella realtà: “Un Vangelo che parla nell’umiltà di chi, non cercando la propria gloria, sa ascoltare e comprendere i bisogni della gente. Ancora: un Vangelo che parla nella gratuità di chi non ripone la ‘fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte’, ma ha a cuore la vita concreta degli altri. Un Vangelo, infine, che parla, prima ancora che nella gioia suscitata nei destinatari, in quella testimoniata da chi lo annuncia”.

Intorno alla parola ‘missione’ ruotano tre punti fondamentali per lo sviluppo dell’Italia, il primo dei quali investe la riforma del terzo settore, chiedendo allo Stato regole valide per tutti: “Al fondo restano ancora antichi pregiudizi per le attività sociali svolte dal mondo cattolico; pregiudizi che non consentono di avere ancora una normativa adeguata a rispondere alle esigenze di centinaia di migliaia di persone, dedite al prossimo e alle persone bisognose.

Si tratta di un mondo di valori e progetti realizzati, di assistenza sociale, di servizi socio-sanitari, di spazi educativi e formativi, di volontariato e impegno civile. In una società libera e plurale questo spazio dovrebbe essere favorito e agevolato in ogni modo… Al Governo chiediamo non sconti fiscali o privilegi, ma regole idonee e certe, nel rispetto di quella società organizzata e di quei corpi intermedi che sono espressione di sussidiarietà; riposta di prossimità offerta al bene di ciascuno e di tutti; risposta qualificata dall’esperienza e dalla creatività, dalla professionalità e dalle buone azioni”.

Il secondo tema sviluppato riguarda la situazione del Centro Italia dopo il terremoto del 2016, chiedendo ordinanze ‘operative’: “Il nostro è un Paese unico, tanto per bellezza quanto per fragilità. Proprio la fragilità, però, potrebbe essere la nostra forza e trasformarsi in occasione di cura e solidarietà, purché la generosa laboriosità di tanti cittadini s’incontri con l’impegno di chi ha la responsabilità civile e politica… E’ decisivo, dunque, che le ordinanze siano rese operative, che le procedure concordate per la ricostruzione trovino attuazione, che i fondi stanziati si traducano in interventi concreti”.

L’ultimo punto riguarda il futuro dell’Europa, che antidoto ai ‘sovranismi’: “E’ vero che oggi l’Europa è sentita come distante e autoreferenziale, fino al punto da far parlare di una ‘decomposizione della famiglia comunitaria’, su cui soffiano populismi e sovranismi.
Lasciatemi, però, dire (forse un po’ provocatoriamente) che il problema non è innanzitutto l’Europa, bensì l’Italia, nella nostra fatica a vivere la nazione come comunità politica. Oggi, noi italiani, cosa abbiamo ancora da offrire?

Penso alle nostre virtù, prima fra tutte l’accoglienza; penso a una tradizione educativa straordinaria, a uno spirito di umanità che non ha eguali; penso alla densità storica, culturale e religiosa di cui siamo eredi. Attenzione, però: non si vive di ricordi, di richiami a tradizioni e simboli religiosi o di forme di comportamento esteriori!”

Ed ha sottolineato che il cristianesimo ha dato origine all’Europa: “Il nostro è un patrimonio che va rivitalizzato, anche per consentirci di portare più Italia in Europa. Dobbiamo essere fino in fondo italiani (convinti, generosi, solidali, rispettosi delle norme) perché anche l’Europa sia un po’ più italiana.

Dobbiamo essere fieri di un Cristianesimo che ha disegnato il Continente con il suo contributo di spiritualità e cultura, di arte e dottrina sociale. Di umanesimo concreto. Come italiani dovremmo essere il volto migliore dell’Europa per dare più fierezza ai nostri giovani, ai nostri emigrati e a quanti sbarcano sulle nostre coste, perché siamo il loro primo approdo”.

Perciò ha ricordato l’importanza del voto: “Con questa prospettiva, va valorizzata l’opportunità che ci è offerta dalle elezioni di domenica prossima: chiediamo a tutti di superare riserve e sfiducia e di partecipare al voto. Siamo consapevoli che questo rimane solo il primo passo, ma è un passo che non ci è dato di disertare”.

Infine ha sottolineato che anche il mar Mediterraneo è parte dell’Europa, invitando gli altri Stati a non ‘abbandonarlo’: “Del progetto europeo è parte integrante il Mediterraneo. Va colto in questa luce l’Incontro di riflessione e spiritualità per la pace, che si svolgerà a Bari dal 19 al 23 febbraio del prossimo anno.

Sarà un’assise unica nel suo genere tra i Vescovi cattolici di tutti i Paesi lambiti dal Mare Nostrum; un incontro che si prefigge di contribuire alla promozione di una cultura del dialogo e della pace per il futuro dell’intero bacino mediterraneo. Papa Francesco non soltanto ha benedetto l’iniziativa, ma vi ha posto il suo sigillo, assicurandoci la sua partecipazione nella giornata conclusiva”.

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