Papa Francesco per una Chiesa della ‘vicinanza’

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Nell’Aula del Sinodo papa Francesco ha aperto i lavori della 73^ Assemblea Generale della C.E.I., che si svolgono fino al 23 maggio sul tema ‘Modalità e strumenti per una nuova presenza missionaria’. Dopo la preghiera iniziale e il saluto del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il papa ha indicato torna a indicare la via della sinodalità alla Chiesa in Italia, ma dice chiaramente che prima di arrivare a un ‘probabile Sinodo’ nazionale bisogna percorrerla sia dal basso (cioè nelle diocesi) che dall’alto (il riferimento è al suo discorso al Convegno di Firenze del 2015):

“Mi rallegro dunque che questa assemblea ha voluto approfondire questo argomento che in realtà descrive la cartella clinica dello stato di salute della Chiesa italiana e del vostro operato pastorale ed ecclesiastico. Potrebbe essere di aiuto affrontare in questo contesto di eventuale carente collegialità e partecipazione nella conduzione della Conferenza CEI sia nella determinazione dei piani pastorali, che negli impegni programmatici economico-finanziari”.

Poi ha chiesto che sia dato adempimento al processo della riforma matrimoniale: “L’esigenza di snellire le procedure ha condotto a semplificare il processo ordinario, con l’abolizione della doppia decisione conforme obbligatoria. D’ora in poi, se non c’è appello nei tempi previsti, la prima sentenza che dichiara la nullità del matrimonio diventa esecutiva. Vi è, poi, l’altro tipo di processo: quello breviore…

Il processo breviore ha introdotto così una tipologia nuova, ossia la possibilità di rivolgersi al Vescovo, quale capo della Diocesi, chiedendogli di pronunciarsi personalmente su alcuni casi, nei casi più manifesti di nullità. E questo poiché la dimensione pastorale del Vescovo, comprende ed esige anche la sua funzione personale di giudice. Il che non solo manifesta la prossimità del pastore diocesano ai suoi fedeli, ma anche la presenza del Vescovo come segno di Cristo sacramento di salvezza”.

La riforma processuale è basata sulla gratuità: “Prossimità alle famiglie ferite significa che il giudizio, per quanto possibile, si celebri nella Chiesa diocesana, senza indugio e senza inutili prolungamenti. Il termine gratuità rimanda al mandato evangelico secondo il quale gratuitamente si è ricevuto e gratuitamente si deve dare, per cui richiede che la pronunzia ecclesiastica di nullità non equivalga ad un elevato costo che le persone disagiate non riescono a sostenere. Questo è molto importante”.

Per il papa tale riforma mostra la misericordia di Dio: “Al riguardo, cari confratelli, non dobbiamo mai dimenticare che la spinta riformatrice del processo matrimoniale canonico, caratterizzata dalla prossimità, celerità e gratuità delle procedure, è volta a mostrare che la Chiesa è madre ed ha a cuore il bene dei propri figli, che in questo caso sono quelli segnati dalla ferita di un amore spezzato; e pertanto tutti gli operatori del Tribunale, ciascuno per la sua parte e la sua competenza, devono agire perché questo si realizzi, e di conseguenza non anteporre null’altro che possa impedire o rallentare l’applicazione della riforma, di qualsiasi natura o interesse possa trattarsi”.

Altro punto importante trattato nel discorso riguarda il rapporto tra i vescovi ed i sacerdoti: “Il Vescovo è il pastore, il segno di unità per l’intera Chiesa diocesana, il padre e la guida per i propri sacerdoti e per tutta la comunità dei credenti; egli ha il compito inderogabile di curare in primis e attentamente il suo rapporto con i suoi sacerdoti. Alcuni Vescovi, purtroppo, fanno fatica a stabilire relazioni accettabili con i propri sacerdoti, rischiando così di rovinare la loro missione e addirittura indebolire la stessa missione della Chiesa”.

Quindi ha messo in guardia che tale rapporto sia collaborativo: “La comunione gerarchica, in verità, crolla quando viene infettata da qualsiasi forma di potere o di autogratificazione personale; ma, all’opposto, si fortifica e cresce quando viene abbracciata dallo spirito di totale abbandono e di servizio al popolo di Dio. Noi Vescovi abbiamo il dovere di presenza e di vicinanza al popolo cristiano, ma in particolare ai nostri sacerdoti, senza discriminazione e senza preferenze. Un pastore vero vive in mezzo al suo gregge e ai suoi presbiteri, e sa come ascoltare e accogliere tutti senza pregiudizi”.

Ha invitato i vescovi ad essere pardi verso quei sacerdoti sempre sotto ‘attacco’: “Cari confratelli, i nostri sacerdoti si sentono continuamente sotto attacco mediatico e spesso ridicolizzati oppure condannati a causa di alcuni errori o reati di alcuni loro colleghi, e hanno vivo bisogno di trovare nel loro Vescovo la figura del fratello maggiore e del padre che li incoraggia nei periodi difficili; li stimola alla crescita spirituale e umana; li rincuora nei momenti di fallimento; li corregge con amore quando sbagliano; li consola quando si sentono soli; li risolleva quando cadono”.

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