Il papa invita i giornalisti a raccontare la realtà con umiltà

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Papa Francesco, ricevendo i membri dell’associazione della Stampa Estera in Italia nella Sala Clementina, ha affermato che il loro lavoro è prezioso con le parole di san Giovanni Paolo II pronunciate ben 31 anni prima: “Voglio dirvi anzitutto che stimo il vostro lavoro; la Chiesa vi stima, anche quando mettete il dito sulla piaga, e magari la piaga è nella comunità ecclesiale. Il vostro è un lavoro prezioso perché contribuisce alla ricerca della verità, e solo la verità ci rende liberi”.

Eppoi ha sottolineato il ruolo indispensabile dei giornalisti: “Il vostro è un ruolo indispensabile, e questo vi affida anche una grande responsabilità: vi chiede una cura particolare per le parole che utilizzate nei vostri articoli, per le immagini che trasmettete nei vostri servizi, per tutto ciò che condividete sui social media…

Vi esorto dunque a operare secondo verità e giustizia, affinché la comunicazione sia davvero strumento per costruire, non per distruggere; per incontrarsi, non per scontrarsi; per dialogare, non per monologare; per orientare, non per disorientare; per capirsi, non per fraintendersi; per camminare in pace, non per seminare odio; per dare voce a chi non ha voce, non per fare da megafono a chi urla più forte”.

Richiamando le parole della presidente papa Francesco ha sottolineato quanto sia difficile la ricerca della verità: “Ognuno di noi sa quanto sia difficile e quanta umiltà richieda la ricerca della verità. E quanto sia più facile non farsi troppe domande, accontentarsi delle prime risposte, semplificare, rimanere alla superficie, all’apparenza; accontentarsi di soluzioni scontate, che non conoscono la fatica di un’indagine capace di rappresentare la complessità della vita reale. L’umiltà del non sapere tutto prima è ciò che muove la ricerca. La presunzione di sapere già tutto è ciò che la blocca”.

Però umiltà non significa mediocrità: “Giornalisti umili non vuol dire mediocri, ma piuttosto consapevoli che attraverso un articolo, un tweet, una diretta televisiva o radiofonica si può fare del bene ma anche, se non si è attenti e scrupolosi, del male al prossimo e a volte ad intere comunità. Penso, per esempio, a come certi titoli ‘gridati’ possono creare una falsa rappresentazione della realtà.

Una rettifica è sempre necessaria quando si sbaglia, ma non basta a restituire la dignità, specie in un tempo in cui, attraverso Internet, una informazione falsa può diffondersi al punto da apparire autentica. Per questo, voi giornalisti dovreste sempre considerare la potenza dello strumento che avete a disposizione, e resistere alla tentazione di pubblicare una notizia non sufficientemente verificata”.

Anzi l’umiltà permette la ricerca della verità, senza pre-giudicare la realtà: “In un tempo in cui molti tendono a pre-giudicare tutto e tutti, l’umiltà aiuta anche il giornalista a non farsi dominare dalla fretta, a cercare di fermarsi, di trovare il tempo necessario per capire. L’umiltà ci fa accostare alla realtà e agli altri con l’atteggiamento della comprensione. Il giornalista umile cerca di conoscere correttamente i fatti nella loro completezza prima di raccontarli e commentarli…

In un tempo in cui, specialmente nei social media ma non solo, molti usano un linguaggio violento e spregiativo, con parole che feriscono e a volte distruggono le persone, si tratta invece di calibrare il linguaggio e, come diceva il vostro santo protettore Francesco di Sales nella Filotea, usare la parola come il chirurgo usa il bisturi.

In un tempo di troppe parole ostili, in cui dire male degli altri è diventato per molti un’abitudine, insieme a quella di classificare le persone, bisogna sempre ricordarsi che ogni persona ha la sua intangibile dignità, che mai le può essere tolta. In un tempo in cui molti diffondono fake news, l’umiltà ti impedisce di smerciare il cibo avariato della disinformazione e ti invita ad offrire il pane buono della verità”.

Dopo aver conosciuto i dati dei giornalisti uccisi ha sottolineato che un giornalista umile è un giornalista libero, perché il racconto della verità richiede la libertà: “Abbiamo bisogno di giornalisti che stiano dalla parte delle vittime, dalla parte di chi è perseguitato, dalla parte di chi è escluso, scartato, discriminato.

C’è bisogno di voi e del vostro lavoro per essere aiutati a non dimenticare tante situazioni di sofferenza, che spesso non hanno la luce dei riflettori, oppure ce l’hanno per un momento e poi ritornano nel buio dell’indifferenza… Per questo voglio ringraziarvi per quello che fate. Perché ci aiutate a non dimenticare le vite che vengono soffocate prima ancora di nascere; quelle che, appena nate, vengono spente dalla fame, dagli stenti, dalla mancanza di cure, dalle guerre; le vite dei bambini-soldato, le vite dei bambini violati”.

Ed ha concluso che un giornalista libero è capace di raccontare la notizia ‘buona’: “Il giornalista umile e libero cerca di raccontare il bene, anche se più spesso è il male a fare notizia. Ciò che mi ha sempre confortato nel mio ministero di vescovo è scoprire quanto bene esiste tra di noi, quante persone si sacrificano per assistere un genitore o un figlio malato, quante persone s’impegnano ogni giorno nel servizio agli altri, quante tendono la mano invece di girarsi dall’altra parte.

Vi prego, continuate a raccontare anche quella parte della realtà che grazie a Dio è ancora la più diffusa: la realtà di chi non si arrende all’indifferenza, di chi non fugge davanti all’ingiustizia, ma costruisce con pazienza nel silenzio. C’è un oceano sommerso di bene che merita di essere conosciuto e che dà forza alla nostra speranza”.

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