A Milano la Cina si avvicina alla Santa Sede

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Martedì 14 maggio all’Università Cattolica del Sacro Cuore si è avuto un evento per il dialogo tra Occidente e Cina: per la prima volta due vescovi cattolici cinesi hanno preso parte, con il segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, ad un’iniziativa pubblica dopo l’Accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi, firmato a Pechino il 22 settembre 2018.

L’accordo, ha detto il card. Parolin “guarda in primo luogo alla vita della Comunità cattolica in quel grande Paese e, di riflesso, incoraggia la Cina a un dialogo sempre più aperto e collaborativo in favore della pace come destino comune della famiglia umana”.

Al convegno internazionale dal titolo ‘1919-2019. Speranze di pace tra Oriente e Occidente’, promosso in occasione dei 10 anni dalla fondazione dell’Istituto Confucio, con il card. Parolin erano presenti i due vescovi cattolici cinesi, mons. Li Shan, vescovo di Pechino, e mons. Huang Bingzhang, vescovo di Shantou, oltre a studiosi, come Andrea Riccardi, Adriano Roccucci, Morris Rossabi, Guido Samarani, Liu Guopeng, Agostino Giovagnoli.

In apertura il rettore dell’Università Cattolica, prof. Franco Anelli, ha detto che questo dialogo è una ‘sfida’: “Abbiamo fatto nostra con entusiasmo la sfida di superare l’estraneità culturale con il mondo cinese che oggi è sempre più vicino e che tuttavia rischia di rimanere al fondo lontano se non promuoviamo la conoscenza, l’incontro e il dialogo”.

Secondo il vescovo di Pechino mons. Li Shan “negli ultimi 60 anni, sotto la guida e gli sforzi congiunti dei fratelli più anziani nella fede, illuminata e guidata dallo Spirito Santo, la Chiesa cattolica cinese ha eletto 203 vescovi. I vescovi hanno sempre custodito il tesoro della fede, fedeli alla Chiesa ‘una, santa, cattolica e apostolica’, hanno lavorato tanto e testimoniato la fede, contribuendo in modo cruciale alla missione pastorale e di evangelizzazione della Chiesa cinese…

Siamo felici che molti problemi, creati soprattutto dalla difficile situazione internazionale del tempo e non da divergenze religiose, siano oggi risolti: il 22 settembre 2018, grazie ai grandi sforzi di dialogo delle due parti, la Cina e la Santa Sede hanno firmato un accordo provvisorio sulle nomine episcopali, che porta la totalità dei vescovi cinesi nella comunione con il Papa e con la Chiesa universale. Questo è stato il desiderio di molti papi ed è anche il nostro desiderio. Attraverso il dialogo è stato costruito un ponte di pace che ha abbattuto un muro durato quasi settanta anni”.

Il card. Parolin ha ripercorso l’itinerario storico degli ultimi 100 anni, partendo da un appello alle nazioni di papa Francesco per il ‘bene comune’: “Queste parole applicano all’attuale situazione di progressiva globalizzazione una linea di pensiero che il magistero della Chiesa ha sviluppato in modo costante negli ultimi cent’anni, attingendo anche all’antica saggezza dei Padri della Chiesa, i quali nei primi secoli avevano già elaborato l’idea dell’unità della famiglia umana così come appare nel progetto salvifico di Dio.

Infatti, proprio mentre ha conosciuto la possibilità di diventare più unita, l’umanità ha cominciato a sperimentare anche le divisioni più laceranti. A questi problemi nuovi, la Chiesa risponde esortando all’unità come espressione di un’esigenza intrinseca, che porta a sviluppare un legame autentico tra popoli diversi”.

Ed ha illustrato alcune linee del magistero pontificio degli ultimi 100 anni, iniziando da papa Benedetto XV: “In questa prospettiva, il 1919 costituisce un importante tornante della storia per quanto riguarda la tematica dell’unità della famiglia umana. Nel clima delle attese suscitate dalla fine della Prima guerra mondiale, Benedetto XV avviò un nuovo approccio della Santa Sede e della Chiesa cattolica al contesto internazionale, in continuità con l’opera di pace svolta durante la guerra… Questo Papa inaugurò un nuovo percorso del magistero pontificio sempre più critico verso la guerra quale strumento di soluzione delle controversie internazionali, atteggiamento poi condiviso e rilanciato dai suoi Successori”.

Papa Benedetto XV ha guardato agli avvenimenti che succedevano fuori dall’Europa: “La prospettiva del Papa aveva qualche affinità con il progetto sociale del Presidente statunitense Woodrow Wilson, come già aveva rilevato don Luigi Sturzo proprio qui a Milano nell’ottobre del 1918. Le due figure, del Papa e del Presidente, si stagliavano sullo sfondo del progressivo declino del ruolo egemonico dell’Europa.

Ma le loro prospettive non erano le stesse: Wilson ha aperto la strada a nuovi equilibri atlantici tra Europa e Stati Uniti, mentre Benedetto XV ha guardato con attenzione anche a ciò che accadeva oltre l’Occidente. Al riguardo, la sua importante Lettera Apostolica ‘Maximum Illud’ segnò una discontinuità proprio nella storia delle missioni cattoliche nel mondo.

Infatti, si tratta del primo documento missionario promulgato personalmente dal Papa, mentre quelli precedenti emanavano piuttosto dal Dicastero della Santa Sede competente per le missioni. E’ come se Benedetto XV avesse voluto autorevolmente dare nuovo inizio e nuovo slancio all’intera azione missionaria della Chiesa cattolica.

Per Benedetto XV, la Chiesa doveva riprendere a guardare con maggiore attenzione ad Oriente, e in modo del tutto particolare alla Cina. La stessa genesi della ‘Maximum Illud’ è in questo senso eloquente: le sollecitazioni che la ispirarono venivano dalla Cina denunciando una certa mentalità colonialistica, perfino legata ad alcuni ambienti missionari”.

Poi ha analizzato la ‘politica estera’ dei papi Pio XI e Pio XII: “La preoccupazione per l’unità della famiglia umana fu viva anche in Pio XI, soprattutto negli ultimi anni del suo pontificato, quando una nuova guerra apparve sempre più vicina e mentre cominciava la persecuzione degli ebrei in Europa. E’ nota la decisione che lo spinse a far preparare il testo di un’Enciclica dedicata all’unità del genere umano (Humani Generis Unitas) che non poté portare a compimento.

Dai documenti d’archivio, sappiamo che avrebbe contenuto una decisa condanna del razzismo e dell’antisemitismo nazista, proprio in nome della fondamentale uguaglianza e unità del genere umano. Alla vigilia della Seconda Guerra mondiale, il suo successore, Pio XII mise in guardia gli Stati affermando: ‘nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra’.

Proprio richiamandosi alla linea tracciata da Benedetto XV, Pio XII ebbe modo di esprimersi con accenti severamente critici nei confronti della guerra che scoppiò il 1 settembre 1939 con l’invasione della Polonia da parte delle truppe naziste… Nella sua Enciclica programmatica, la ‘Summi Pontificatus’ del 20 ottobre 1939, Egli fece esplicito riferimento alla Cina parlando della chiusura della secolare ‘controversia dei riti’, in continuità con il suo predecessore Pio XI, sancita definitivamente l’8 dicembre 1939.

Tale questione aveva segnato dolorosamente la storia delle missioni cattoliche in Cina fin dall’epoca di Matteo Ricci e dei suoi compagni, i quali accoglievano favorevolmente le tradizionali forme cinesi di culto verso gli antenati, mentre altri missionari e scuole di pensiero le avversavano. Nel 1946, Pio XII creò nuovi Cardinali provenienti da tutti i continenti, tra cui il primo dalla Cina Continentale, cioè l’allora vescovo di Pechino, mons. Tommaso Tien Ken-sin”.

Con papa Giovanni XXIII la Chiesa sottolineò il bisogno di nuove solidarietà con la visione dei ‘segni dei tempi’: “L’affacciarsi di tanti nuovi Stati sulla scena internazionale sollecitava una nuova solidarietà tra Nord e Sud del mondo all’interno dell’unica ‘famiglia umana’. Questi Stati chiedevano di essere accolti nella comunità internazionale su un piano di parità, superando posizioni asimmetriche e subordinate. La Pacem in Terris dedicava molta attenzione anche alle responsabilità di questi nuovi soggetti internazionali.

In tale mutato contesto, è convinzione di Papa Giovanni che spetti allo Stato farsi carico, da un lato, del riconoscimento di diritti propri di tutti i cittadini in quanto esseri umani, a partire dai più deboli e da coloro che si trovano in condizioni di minor tutela e, dall’altro, spetta agli Stati nel loro insieme promuovere una collaborazione sempre più intensa in vista di realizzare obiettivi di bene comune”.

Linea continuata con san Paolo VI: “Paolo VI, in particolare, aveva compreso chiaramente che la questione sociale era ormai diventata globale e nell’Enciclica ‘Populorum Progressio’ sottolineò l’interconnessione tra la spinta all’unificazione dell’umanità e l’ideale cristiano di un’unica famiglia dei popoli, fraterna e solidale”.

Seguendo tale linea anche san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sottolineano il valore della ‘famiglia umana’, in quanto la guerra è ‘sempre una sconfitta dell’umanità’: “Con Giovanni Paolo II, l’unità della famiglia umana si intreccia progressivamente con il fenomeno della globalizzazione, ormai vincente sul piano economico, ma carico di ambiguità sul piano umano e umanitario.

Nel 2001, Giovanni Paolo II sullo sfondo drammatico dei crescenti movimenti migratori, richiamò con forza il bene comune universale, che abbraccia l’intera famiglia dei popoli, ‘al di sopra di ogni egoismo nazionalista’. Il tema dell’unità della famiglia umana viene ripreso nuovamente anche nell’enciclica ‘Caritas in Veritate’ di papa Benedetto XVI, che indica il dovere di perseguire il bene comune senza limitarlo ai soli confini nazionali”.

Ed ha concluso con uno sguardo verso l’unità: “Ciò che sta avvenendo ora nella Chiesa in Cina scaturisce infatti dalla forza di una comunione che è davvero cattolica, e cioè universale, e da cui viene anche una spinta alla fratellanza tra i popoli. La sempre più feconda integrazione dei Cattolici cinesi nella Chiesa universale e il cammino di riconciliazione tra fratelli avviato negli ultimi anni costituiscono certamente una novità di portata storica, di cui nel tempo beneficeranno in molti, non solo in Cina”.

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