Il papa ai religiosi: respirate con due polmoni

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Congedandosi papa Francesco ha donato una formella bronzea, intitolata ‘Germoglio di pace’, che è un bozzetto per una porta monumentale da erigersi in una chiesa dedicata a San Francesco, nell’ultimo incontro con i religiosi macedoni nell Cattedrale del Sacro Cuore di Gesù, costruita nel 1977 su progetto dell’architetto macedone Mickovskiego-Bajo ed ha sostituito la vecchia cattedrale, andata distrutta dopo il terremoto del 1963.

Il papa ha ringraziato loro dell’incontro: “Vivo con speciale gratitudine questo momento nel quale posso vedere la Chiesa respirare appieno con i suoi due polmoni (rito latino e rito bizantino) per colmarsi dell’aria sempre nuova e rinnovatrice dello Spirito Santo. Due polmoni necessari, complementari, che ci aiutano a gustare meglio la bellezza del Signore. Rendiamo grazie per la possibilità di respirare insieme, a pieni polmoni, quanto è stato buono il Signore con noi”.

Ascoltando le testimonianze il papa ha richiamato la scena evangelica dell’unzione dei piedi di Gesù con il nardo: “Quel nardo fu in grado di impregnare tutto e di lasciare un’impronta inconfondibile. Questa immagine evangelica in non poche situazioni sentiamo la necessità di fare i conti: incominciamo a guardare quanti siamo… e siamo pochi; i mezzi che abbiamo… e sono pochi; poi vediamo la quantità di case e di opere da sostenere… e sono troppe… Potremmo continuare a enumerare le molteplici realtà in cui sperimentiamo la precarietà delle risorse che abbiamo a disposizione per portare avanti il mandato missionario che ci è stato affidato”.

E non poteva non richiamare madre Teresa: “Non vorrei abusare della sua immagine, ma questa terra ha saputo regalare al mondo e alla Chiesa, in Madre Teresa, proprio un segno concreto di come la precarietà di una persona, unta dal Signore, sia stata capace di impregnare tutto, quando il profumo delle beatitudini si sparse sopra i piedi stanchi della nostra umanità.

Quanti vennero tranquillizzati dalla tenerezza del suo sguardo, confortati dalla sua carezza, sollevati dalla sua speranza e alimentati dal coraggio della sua fede capace di far sentire ai più dimenticati che non erano dimenticati da Dio! La storia la scrivono queste persone che non hanno paura di spendere la loro vita per amore: ogni volta che lo avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avrete fatto a me”.

Ha concluso l’incontro con l’immagine della famiglia: “Mi piace sempre pensare a ciascuna famiglia come ‘icona della famiglia di Nazaret con la sua quotidianità fatta di stanchezze e persino di incubi, come quando dovette soffrire l’incomprensibile violenza di Erode, esperienza che tragicamente si ripete ancora oggi in tante famiglie di profughi miserabili e affamati’.

Esse sono capaci, per mezzo della fede accumulata attraverso le lotte quotidiane, di ‘trasformare una grotta di animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza’… Grazie di aver manifestato il volto familiare del Dio con noi che non smette di sorprenderci in mezzo alle stoviglie! Cari fratelli, grazie ancora per questa opportunità ecclesiale di respirare a pieni polmoni”.

Accogliendo il papa il vescovo di Skopie, mons. Kiro Stojanov, ha sottolineato la bellezza del cristianesimo: “Questa voce riecheggia da duemila anni nella storia cristiana. Qui è come se stessimo ancora camminando sulle orme dei santi fratelli Cirillo e Metodio che passano attraverso la valle di Vardar sulla via verso la Moravia. Può darsi che si siano fermati nell’antica metropoli di Stobi, i cui resti ancora oggi testimoniano una forte ed importante sede cristiana.

Senz’altro i santi fratelli, Clemente e Naum, e i loro compagni continuarono da questi luoghi ad evangelizzare gli Slavi. La Chiesa in questi luoghi scrive la sua storia come una, santa, cattolica e apostolica, ma anche martirizzata e perseguitata, spesso in catene”.

Prima delle parole del papa c’è stata la testimonianza di p. Goce Kostov, sacerdote di rito bizantino dell’Eparchia di Strumica – Skopje, sposato con Gabriela Kostova: “L’esperienza della fede dei credenti a volte offre risposte alle domande più nascoste e ai problemi che a volte una famiglia deve affrontare e su cui non abbiamo soluzioni concrete.

E così camminiamo assieme aiutandoci l’un all’altro a crescere nella fede. La vita familiare del sacerdote è uno strumento speciale nel lavoro pastorale. Sono molto grato al Signore per la mia famiglia che mi aiuta nel lavoro pastorale, nei rapporti con le persone, con i giovani, con i bambini. Senza di loro sarei molto più povero”.

Anche la moglie, madre di quattro figli ed un bimbo perso, ha raccontato la sua esperienza: “In quei momenti difficili, attraverso la preghiera familiare, abbiamo avuto la grazia di confermare la nostra fede, la grandezza del Signore e la sua presenza. Egli ci ha dato consolazione e speranza quando ne avevamo più bisogno. Attraverso quella particolare situazione di grazia, Dio ci ha ulteriormente rafforzato e ci ha illuminato circa il valore della vita, che i bambini sono un grande dono di Dio”.

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