P. Cantalamessa: Croce simbolo di speranza

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Nell’adorazione della Santa Croce celebrata da papa Francesco nella basilica di san Pietro il Predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa nell’omelia ha scelto il tema dello ‘scarto’, nella contemplazione del volto dell’uomo dei dolori, ‘disprezzato e reietto’: “Oggi vogliamo contemplare il Crocifisso proprio in questa veste: come il prototipo e il rappresentante di tutti i reietti, i diseredati e gli ‘scartati’ della terra, quelli davanti ai quali si volta la faccia da una altra parte per non vedere”.

P. Cantalamessa ha affermato che Gesù ha preferito la strada della povertà dalla nascita: “Nel presentarlo al tempio i genitori offrirono ‘una coppia di tortore o due giovani colombi’, l’offerta prescritta dalla legge per i poveri che non potevano permettersi di offrire un agnello. Un vero e proprio certificato di povertà nell’Israele di allora. Durante la sua vita pubblica, non ha dove posare il capo: è un senzatetto”.

Ha quindi esaminato il processo davanti a Pilato: “I soldati hanno notato, nello spiazzo adiacente, un cespuglio di rovi; ne hanno colto un fascio e glielo hanno calcato sul capo; sulle spalle, ancora sanguinanti per la flagellazione, gli hanno poggiato un manto da burla; ha le mani legate con una rozza corda; in una mano gli hanno messo una canna, simbolo irrisorio della sua regalità.

E’ il prototipo delle persone ammanettate, sole, in balia di soldati e sgherri che sfogano sui poveri malcapitati la rabbia e la crudeltà che hanno accumulato nella vita. Torturato!”

Il padre cappuccino ha ripercorso la storia dei poveri nel mondo contemporaneo: “Questo non è l’unico significato della passione e morte di Cristo e neppure il più importante. Il significato più profondo non è quello sociale, ma quello spirituale. Quella morte ha redento il mondo dal peccato, ha portato l’amore di Dio nel punto più lontano e più buio in cui l’umanità si era cacciata nella sua fuga da lui, cioè nella morte.

Non è, dicevo, il senso più importante della croce, ma è quello che tutti, credenti e non credenti, possono riconoscere ed accogliere”.

Però il Vangelo narra che il dolore è sconfitto dalla speranza: “Il Vangelo infatti non si ferma qui; dice anche un’altra cosa, dice che il crocifisso è risorto! In lui è avvenuto un rovesciamento totale delle parti: il vinto è diventato il vincitore, il giudicato è diventato il giudice, ‘la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo’.

L’ultima parola non è stata, e non sarà mai, dell’ingiustizia e dell’oppressione. Gesú non ha ridato soltanto una dignità ai diseredati del mondo; ha dato loro una speranza!”.

Ed il crocifisso annuncia il ‘passaggio’: “La parola ‘pasqua’ (pesach) significa passaggio: passaggio del popolo ebraico dalla schiavitù alla libertà, passaggio di Cristo da questo mondo al Padre e passaggio dei credenti in lui dal peccato alla grazia.

E’ la festa del capovolgimento operato da Dio e realizzato in Cristo; è l’inizio e la promessa dell’unico rovesciamento totalmente giusto e irreversibile nelle sorti dell’umanità. Poveri, esclusi, appartenenti alle diverse forme di schiavitù ancora in atto nella nostra società: Pasqua è la vostra festa!”

Inoltre il crocifisso narra anche una storia per i ‘potenti’: “La croce contiene un messaggio anche per coloro che stanno sull’altra sponda: per i potenti, i forti, quelli che si sentono tranquilli nel loro ruolo di ‘vincenti’. Ed è un messaggio, come sempre, d’amore e di salvezza, non di odio o di vendetta.

Ricorda loro che alla fine essi sono legati allo stesso destino di tutti; che deboli e potenti, inermi e tiranni, tutti sono sottoposti alla stessa legge e agli stessi limiti umani. La morte, come la spada di Damocle, pende sul capo di ognuno, appesa a un crine di cavallo.

Mette in guardia dal male peggiore per l’uomo che è l’illusione dell’onnipotenza. Non occorre andare troppo indietro nel tempo, basta ripensare alla storia recente per renderci conto di quanto questo pericolo sia frequente e porti persone e popoli alla catastrofe!”

In questo senso Gesù ha dato un mandato alla Chiesa: “La Chiesa ha ricevuto il mandato del suo fondatore di stare dalla parte dei poveri e dei deboli, di essere la voce di chi non ha voce e, grazie a Dio, è quello che fa, soprattutto nel suo pastore supremo.

Il secondo compito storico che le religioni devono, insieme, assumersi oggi, oltre quello di promuovere la pace, è di non rimanere in silenzio dinanzi allo spettacolo che è sotto gli occhi di tutti.

Pochi privilegiati posseggono beni che non potrebbero consumare, vivessero anche per secoli e secoli, e masse sterminate di poveri che non hanno un pezzo di pane e un sorso d’acqua da dare ai propri figli. Nessuna religione può rimanere indifferente, perché il Dio di tutte le religioni non è indifferente dinanzi a tutto ciò”.

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