Madre Canopi: ‘Fare pasqua’ con il Signore

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Un mese fa madre Anna Maria Canopi, fondatrice del monastero di clausura dell’isola di San Giulio, è salita ‘al cielo’ con la ‘gioia pasquale’ di cui aveva sempre scritto. E per vivere la Pasqua ci facciamo condurre da alcuni pensieri tratti dai suoi libri:

“La Settimana Santa è il cuore dell’anno liturgico, poiché dal mistero pasquale, in essa solennemente celebrato, scaturisce il fiume della grazia, il dono della salvezza. Ogni cristiano che nelle settimane di Quaresima si è impegnato nella lotta contro il male e che, nello sforzo della propria purificazione, ha tenuto lo sguardo contemporaneamente rivolto a Dio e a se stesso, ora è invitato dalla Liturgia a non avere occhi che per il Cristo.

E’ unicamente la sua Persona – le sue parole, i suoi gesti, i suoi silenzi – a colmare tutto questo sacro tempo e attirare tutta la nostra attenzione, fino a immedesimarci in Lui, per condividerne la Passione in uno slancio di autentica empatia, di profonda ‘com-passione’… La liturgia della Domenica delle Palme presenta aspetti sorprendenti.

Infatti, Gesù, che si era messo decisamente in cammino con i suoi discepoli verso Gerusalemme, giunge ora alla mèta ed entra nella Città Santa per esservi immolato quale Agnello innocente e per instaurare dalla Croce il suo regno universale. Quasi per divina ispirazione, la gente del popolo gli va incontro festante acclamando: ‘Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore!’. Questa proclamazione risuona, convinta e festosa, nel rito di commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme che precede la Santa Messa”.

Dopo aver esaminato il Triduo pasquale, sottolinea il valore del Sabato Santo: “Il passaggio dal Sabato Santo alla Domenica di Risurrezione non avviene attraverso una notte, ma attraverso una prolungata e anticipata aurora, attraverso la Veglia, madre di tutte le veglie. Riunita nell’oscurità fuori della chiesa, l’assemblea cristiana, in misteriosa comunione con il cosmo intero, si pone quasi simbolicamente sulle soglie della storia della salvezza, partendo da lontano, dalla notte del caos primordiale, dall’oscura lontananza della morte per camminare verso la luce della Vita, che è il Cristo risorto.

E non è un vuoto simbolismo. Sull’umanità di oggi incombe ancora la notte angosciosa dell’assenza di Dio, la notte del male, la notte della solitudine che è chiusura alla comunione. Tutto grida un’esigenza di luce. E’ quanto esprime la liturgia della luce, che apre la Veglia. Mentre il cero viene solennemente collocato nel presbiterio, prorompe il canto dell’Exsultet che celebra lo splendore del Cristo risorto, liberatore del genere umano dalle tenebre del peccato e della morte.

Immersa nella luce nuova, l’assemblea ascolta le grandi tappe della storia di salvezza, facendo così memoria delle ‘meraviglie’ che Dio ha operato in favore del suo popolo e di tutta l’umanità, fino al punto culminante: ‘Cristo risuscitato dai morti non muore più… Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù’. Dal cuore dei fedeli erompe ormai, come un fiume di gioia, l’ ‘Alleluia pasquale’”.

E l’irruzione della gioia pasquale: “La gioia dei discepoli non può essere che la gioia del loro Maestro; anzi, è Gesù stesso. Gesù risorto illumina di gioia i discepoli… Davvero è un lieto annunzio quello che essi lietamente diffondono! Il vangelo della gioia, portato dovunque con franchezza ed entusiasmo, fa aumentare il numero dei credenti. Cresce così la gioia mentre cresce la fraternità, la famiglia di Dio, la chiesa.

La gioia dei discepoli consiste anche nello stare insieme fraternamente a pregare, a lodare il Signore, a condividere i beni, a spezzare insieme il pane, cioè a celebrare l’eucarestia, memoriale della passione-morte-risurrezione del Signore. Questa è una grandissima gioia, in una atmosfera di novità e di stupore pieno di adorazione.

Così la gioia del vangelo attraverso questi credenti si diffonde anche in altre città, in mezzo ad altre popolazioni. La gioia è comunicata insieme con la parola del vangelo, con il dono dello Spirito Santo mediante il battesimo e l’imposizione delle mani. La gioia è proprio il segno della presenza dello Spirito Santo, dono del Signore risorto”.

Ed ecco dalla Resurrezione scaturire la gioia dell’annuncio: “I discepoli avevano visto e toccato la Gioia divina fatta visibile nella persona di Gesù; l’avevano vista affondare nelle tenebre del venerdì santo e risorgere all’alba di un nuovo giorno senza fine. Riempiti della sua presenza non possono fare a meno di testimoniarla, anche a prezzo di molte sofferenze, affinché essa diventi anche la nostra gioia pura e inalienabile.

Tale gioia è la comunione con il Padre e il Figlio nell’Amore che è lo Spirito Santo; è il mistero ineffabile della santissima Trinità nella cui sfera siamo attirati. Così quello che era ‘in principio’ cioè all`origine di tutte le cose si trova anche alla fine e rimane per sempre. In principio era la gioia e sempre rimarrà la gioia: Dio. Questo è il nostro destino felice. Questo desideriamo ardentemente raggiungere”.

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