Da Torino un percorso diocesano per affrontare la disabilità

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Si è svolto sabato 6 aprile presso la parrocchia Visitazione Maria Vergine e san Barnaba a Torino il convegno ‘Disabilità, comunità e inclusione’, a cura della Commissione diocesana per la pastorale della disabilità (Ufficio per la Pastorale della Salute, Caritas Diocesana, Ufficio Catechistico, Ufficio per la Pastorale della Famiglia, Ufficio Diocesano Scuola, Ufficio per la Pastorale dello Sport, Ufficio per la Pastorale del Turismo e Tempo Libero, Ufficio per la Pastorale dei Giovani e dei Ragazzi).

Il convegno si rivolgeva in particolare ai catechisti, insegnanti di religione, Ministri straordinari della Comunione, operatori pastorali della Carità e della Salute, gruppi famiglia, animatori della liturgia e negli oratori, ed a tutti gli interessati ad approfondire la tematica.

Secondo il vicedirettore della Pastorale della salute, Ivan Raimondi “è questa la grande sfida che il Tavolo Diocesano per la Pastorale della Disabilità sta affrontando: mutare il paradigma dominante da ‘assistenza’ a ‘inclusione’, nello spirito dell’Agorà del Sociale, dove certamente ci deve essere l’assistenza ma non in forma esclusiva e non come attenzione principale. In questa fase della nostra attività, ci stiamo rivolgendo in particolare al mondo ecclesiale (catechesi, oratori), ma non trascuriamo le problematiche (e le buone pratiche) del mondo della scuola e quelle presenti in altri ambiti”.

Nell’intervento mons. Cesare Nosiglia ha sottolineato che i disabile sono ‘portatori di un bene prezioso’: “L’amore del Signore è particolarmente vicino a ciascuno di loro perché, come ci mostra il Vangelo, Egli è amico tenerissimo di chi è affetto da qualche disabilità,come il cieco,il paralitico o il disabile psichico, il sordo e il muto e chi è affetto da altre forme di malattie… che vanno da Lui con fede e chiedono sostegno e forza.

E’ questa una certezza di fede che dobbiamo portare nel cuore, perché Dio apra il nostro animo alla fiducia e alla speranza in Lui. La Chiesa ama una ad una le persone disabili e in difficoltà e, se oggi sono qui, è per ribadirlo con sincerità e per impegnarmi a dimostrarlo sempre più concretamente con la mia testimonianza”.

Ricordando l’episodio dello ‘storpio’ alla Porta Bella del Tempio ha sottolineato che il gesto dell’amore è un dono incondizionato: “Umanità e fede sono dunque la via da perseguire per affrontare con serenità e vigore ogni problema, anche i più gravi che i nostri amici stanno vivendo. Mi auguro che le nostre parrocchie ed associazioni, come ogni realtà di accoglienza, a cominciare dalla famiglia, tenda ad unire strettamente questi due valori, umanità e fede, trovando in essi la strada più vera e piena per rapportarsi con chi è nella necessità e nel bisogno”.

Però occorre promuovere cultura dell’accoglienza: “Certo è sempre più urgente promuovere un’educazione ed una cultura che si facciano carico di questo con impegni precisi di formazione, accompagnati da segni concreti di accoglienza e di condivisione di ogni persona, considerata non tanto un problema quanto una risorsa, per le potenzialità positive che possiede e che può mettere a disposizione della sua auto-promozione e dell’intera società”.

Ed ha valorizzato l’accoglienza attraverso proposte: “Accogliere significa fare spazio nella comunità a queste famiglie e ai loro cari, aiutarle a gestire normalmente, per quanto è possibile, la loro situazione. Una via è certamente favorire il sorgere di gruppi di famiglie, che sostengano quelle con una persona disabile. Una rete di famiglie che vivano concretamente la loro solidarietà ed esprimano con l’amicizia la loro vicinanza in modo permanente e non solo occasionale. Questo è anche essenziale per il ‘dopo di noi’, come si usa dire, il tempo in cui il disabile potrà restare solo, privo delle persone care, come sono i genitori, che lo hanno assistito con amore”.

La sfida è il dono della vita: “Qui sta la sfida più grande della nostra società:ogni persona è un dono in se stessa; ogni disabile, ogni persona sofferente o che vive qualche difficoltà, va considerata in se stessa come un unicum, un individuo che merita la massima attenzione e disponibilità per rispondere ai suoi specifici bisogni ed attese. Ogni persona vale più del mondo intero”.

Richiamando i quattro verbi del papa ha sollecitato a creare sinergie: “Ascoltare, accompagnare, accogliere, integrare,tenendo conto dei ritmi di vita e di lavoro delle famiglie che soffrono queste situazioni, significa anche attivare sinergie tra varie realtà, che coinvolgano attivamente gli stessi soggetti interessati e le comunità civili e religiose del territorio.

Rinnovo, pertanto, il mio appello affinché si faccia in questo senso uno sforzo unanime tra tutte le componenti interessate della società, a cominciare dalle istituzioni pubbliche e dalla stessa Chiesa torinese, affinché le famiglie, che soffrono di queste fatiche,siano alleviate, sostenute e messe in grado di assicurare ai loro cari un’assistenza e qualità di vita degne della persona umana, in qualsiasi situazione si trovi”.

Alle parrocchie ha chiesto di essere vicino alle famiglie: “Alle parrocchie in particolare richiamo l’esigenza di non limitarsi ad un pur importante assistenzialismo caritativo, ma di perseguire vie di vera integrazione ed inserimento dei disabili nella vita della comunità e della società.

Chiedo di abolire le barriere architettoniche dove ancora permangono; invito i parroci a rendersi disponibili a preparare e a celebrare i sacramenti della iniziazione cristiana dei ragazzi diversamente abili non con cammini separati, ma inserendo nei gruppi di adolescenti e di giovani i disabili della comunità senza remore e rifiuti.

Infine, chiedo di avviare reti di solidarietà e di vicinanza delle famiglie verso quelle che soffrono situazioni, anche gravi, a causa di persone disabili o malate presenti in casa. La visita assidua a queste famiglie da parte dei sacerdoti, dei diaconi e dei catechisti rappresenta un concreto segno di condivisione e solidarietà”.

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