Il papa alla parrocchia: scommettere su Gesù

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Domenica pomeriggio papa Francesco ha visitato la parrocchia di san Giulio Papa a Monteverde per benedire i lavori di consolidamento dell’aula liturgica e consacrare il nuovo altare e il portone, accompagnato dal card. vicario Angelo De Donatis, dal vescovo ausiliare del settore Ovest, mons. Paolo Selvadagi, dal parroco padre Dario Frattini e da padre Rinaldo Guarisco, superiore generale dei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione, ai quali è affidata la parrocchia.

Prima della celebrazione eucaristica papa Francesco ha incontrato i ragazzi, rispondendo alle domande: “Sì, l’ho fatto, parecchie volte, è una cosa che tutti i cristiani devono fare, dare da mangiare ai poveri in persona. Tutti noi in un momento della vita siamo stati come dei poveri, non sapevamo mangiare, è stata la mamma ad allattarci, a farci crescere, a darci da mangiare…

Anche noi. Altri non hanno da mangiare anche da grandi, bambini come te, per esempio non hanno da mangiare perché il papà non ha il lavoro, e allora si fa la fame in quella casa. Tutti noi dovremmo fare sempre questo gesto di dare da mangiare agli altri come Dio ci dà da mangiare a noi”.

Invece Carlotta gli ha chiesto se avesse avuto qualche dubbio sulla fede: “Tutti, tutti gli uomini, tutte le donne, tutti i bambini in un certo momento hanno dei dubbi, fa parte della vita dubitare. E dubitare è anche un po’ mettere alla prova Dio: se è vero che Lui è fedele, se è vero che Lui ci ascolta…

I nostri dubbi vengono, per esempio, quando c’è una malattia in famiglia, o quando viene a mancare il papà, la mamma, il nonno, la nonna, il fratello… Gesù è fedele, è l’unico totalmente fedele. Noi siamo fedeli agli amici, ma a volte non siamo fedeli fra noi. Gesù invece sempre. E’ una fedeltà che non delude mai, prima o dopo il Signore si fa sentire.

Non avere paura dei dubbi, non avere paura di dubitare. Dubito, ma questo dubbio posso condividerlo con gli altri, discutere e così crescere. Non avere paura. Tu, come responsabile dei cresimandi, insegna loro a dubitare bene, perché se non imparano a dubitare faranno della Cresima quello dicono alcuni romani: il ‘sacramento dell’addio’.

Dopo la Cresima, tanti auguri e non ci vediamo più… E se ne vanno, perché non sanno come gestire i dubbi. Invece se tu, come responsabile, insegni loro a dubitare bene e a cercare risposte forti, vere ai dubbi, tu li prepari perché la Cresima non sia il sacramento dell’addio, ma il Sacramento della forza, che ci dà lo Spirito Santo…

Come sono riuscito a uscire… Credo che non sono uscito da solo, non si può mai uscire da soli dal dubbio. Ci vuole la compagnia di qualcuno che ti aiuti ad andare avanti, per questo è importante essere sempre in gruppo, insieme, con gli amici… Da solo tu non puoi mai. Ci aiuta anche parlare dei dubbi con i genitori o con gli amici o con un catechista… ma sempre parlare con un altro”.

Successivamente nell’incontro con i malati e gli anziani il papa ha chiesto di offrire a Gesù le sofferenze: “Tutte le lamentele che noi possiamo fare a Gesù, Lui le trasforma in preghiera e le presenta al Padre, perché Lui è passato per tutte queste cose prima di noi. Non dimenticare Gesù”.

Ed agli sposi ha affermato che il matrimonio è un catecumenato e necessita di preparazione: “La preparazione al matrimonio non è fare quattro conferenze, tutte teoriche, no. E poi non va. La preparazione è un cammino, è un ‘catecumenato’. Quando gli adulti vogliono battezzarsi devono imparare la dottrina, devono fare un cammino con la comunità.

Il matrimonio è lo stesso, è un catecumenato. La preparazione previa non solo è conoscere qualcosa sul matrimonio ma è convivere con la comunità, è sentire esperienze di altre persone, condividere i dubbi. E poi non finisce lì il catecumenato. E’ molto importante che continui dopo le nozze e che accompagni i primi tempi, i primi anni di matrimonio. E mi piace vedere che qui si fa questo”.

Infine agli operatori della Caritas ha indicato tre vie: “Io direi che ci sono tre segnali che fanno vedere che una parrocchia va bene. Il primo è la preghiera, quando la gente prega: una parrocchia che prega, la gente viene a pregare e anche a casa prega. Questo è il primo segnale.

Vedere: qui si prega o non si prega? E questa è una delle cose che evitano di cadere in quel ‘supermercato’ che abbiamo sentito. Perché la preghiera perché trasforma tutto, tutto. Secondo, è la carità dei fatti, questo che voi fate. Prendersi cura dei bisogni dei fratelli, delle sorelle, delle famiglie…

Anche i bisogni nascosti, che non si fanno vedere per vergogna, ma ci sono, ce ne sono tanti… E sempre con quella carità operosa, una carità attiva, la carità del ‘sì’… è il secondo segnale. E il terzo è la carità passiva. Cosa vuol dire la carità passiva? Che vi amiate e non vi critichiate fra voi.

E’ una malattia molto forte il pettegolezzo, e quando c’è pettegolezzo in una parrocchia, la parrocchia non va bene. E’ un vizio che entra, entra sottilmente: portare una notizia per sparlare degli altri”.

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