A Torino la XXX Giornata Caritas diocesana: ‘Carità chi-amante’

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‘Carità-chiamante’ è stato il tema della XXX Giornata Caritas che si è tenuta sabato 30 marzo al Teatro Grande Valdocco, iniziato con ‘La Parola che chiama’: un momento di preghiera guidato da don Marco Calvo, direttore della Caritas di Casale Monferrato, animato dalla corale di Santa Maria della Pieve di Cumiana, e proseguito con le testimonianze dei coniugi Burzio, di Agnese Rondi, novizia della Piccola Casa della Divina Provvidenza, e di Elisabetta Lerda, giovane che ha svolto il servizio civile in Caritas.

Poi l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, è intervenuto sulle prospettive pastorali della chiamata alla carità ed è seguita ancora una ‘Testimonianza che chiama’: provocazioni della saggezza di Paolo VI, il santo che diede vita a Caritas. La seconda parte della è stata invece un confronto di esperienze di ‘Chiesa a servizio del mondo’ con la partecipazione di Francesco Marsico, responsabile dell’area nazionale di Caritas Italiana.

Sono intervenuti Marco Gremo presidente della Bartolomeo & C., Maria Teresa Pichetto, docente al polo universitario del carcere Lorusso e Cutugno, don Beppe Barbero che aveva svolto il servizio civile in Caritas, e Irene Raimondi già presidente della Fuci Torino. Su ‘La carità che chiama ad amare davvero’ ha concluso gli interventi della Giornata, Pierlugi Dovis, direttore della Caritas diocesana.

Nell’intervento mons. Nosiglia ha sottolineato il compito della Caritas: “In realtà, la Chiesa ha sempre considerato la carità una via privilegiata di educazione e formazione alla fede e alla vita cristiana di ogni credente. Del resto, lo scopo per cui è nata la Caritas nella Chiesa italiana è quello di essere strumento per rinnovare l’azione educativa della Chiesa proprio mediante la carità, considerata via di formazione di mentalità e di stile di vita per il suo esercizio da parte sia di ogni singolo cristiano, sia anche dell’intera comunità cristiana”.

Quindi la Caritas non è principalmente un’opera di volontariato: “La Caritas, allora, non è uno dei gruppi di volontariato, che, numerosi, svolgono il loro prezioso servizio nelle parrocchie o sul territorio, ma è segno e via che manifesta l’impegno di tutta la comunità nel campo della testimonianza della fede”.

La Caritas è connubio tra Parola ed azione auspicato dall’apostolo Giacomo: “Il seme, che va gettato nel campo del mondo e del vissuto di ogni persona, è la Parola di Dio, da cui nasce la forza dell’amore fino al dono totale di sé, che deve caratterizzare l’azione della comunità cristiana verso ogni creatura debole, indifesa, succube del peccato e di ogni forma di ingiustizia e di sopraffazione. Questa unione stretta ed indissolubile tra Parola e Amore, verità e carità, è contenuta nel Vangelo che siamo chiamati a donare; è Cristo la Parola eterna del Padre, è lui l’Amore, che si offre fino al dono totale di se stesso”.

Il cristiano è chiamato a ‘fare la verità nella carità’: “Se la carità è dunque legata alla verità dell’annuncio del Vangelo e alla fede in Cristo, diventa decisiva la vostra formazione permanente, cari operatori della carità, per essere cristiani con una fede adulta, per poter vivere l’amore vero e promuovere un nuovo umanesimo integrale, che dia risposte piene a tutte le esigenze dei poveri e sofferenti. Non tralasciate mai la vostra formazione cristiana, unita all’impegno a prepararvi bene sul piano anche delle competenze, per rispondere così alle necessità sempre nuove e complesse delle povertà oggi esistenti sul nostro territorio”.

Quindi l’azione svolta dalla Caritas è rivolta indistintamente alla comunità: “Possiamo dire che soggetto ed oggetto della Caritas non sono solo i poveri, ma in primo luogo la stessa comunità. Per questo, presidente ne è il vescovo, a livello diocesano, ed il parroco, a livello parrocchiale, ed il suo compito consiste nello svolgere un ministero, quello della comunione e del servizio che educa e fa crescere in tutta la comunità la consapevolezza e l’impegno di fare la carità come primaria via di formazione dei fedeli e della loro testimonianza nel mondo.

L’azione caritativa rappresenta infatti il punto di partenza e di arrivo di un ampio lavoro capillare nel settore della solidarietà e dell’animazione e formazione delle nostre comunità cristiane ed esige il più forte e convinto appoggio dei consigli pastorali e di tutti i battezzati”.

Però il centro della carità cristiana è l’eucarestia: “Quando parliamo di carità, pensiamo subito alle cose da fare e da dare nella concretezza dei gesti e delle iniziative. Dunque, sembra che l’Eucaristia non c’entri con la carità e questa venga dopo la celebrazione, ne sia il risultato o meglio il frutto. E’ certamente vero che la carità scende per le strade e i luoghi dove la gente soffre e fatica, a causa di malattie e di miserie umane e sociali.

Essa, tuttavia, non è per i cristiani solo una buona azione di solidarietà, anche se efficace sul piano dei servizi. La carità è amore che si dona ad ogni uomo e che nasce dall’amore di Dio accolto nell’Eucaristia, in quello spezzare il pane che conduce alla condivisione con tutti. Viene così superata la consueta contrapposizione, che a volte resta nella mentalità di tanti fedeli: da una parte c’è il culto e dall’altra la vita, da una parte la preghiera e dall’altra l’azione concreta”.

Ed ha concluso con un triplice impegno ed un augurio: “In sintesi occorre che perseguiamo insieme il triplice fine di prevenire le povertà andando alle sue radici e operando su di esse; accompagnare ogni persona e famiglia in un percorso di autonomia gestionale della propria vita e del proprio futuro; integrare i poveri con pari diritti e doveri nella società perché se ne sentano responsabili e attivi protagonisti non solo debitori di altri ma resi loro stessi capaci di contribuire al bene comune e al progresso di pace, di giustizia e solidarietà su cui si fonda la convivenza della cittadinanza.

Termino con un augurio, che è anche certezza fondata nella mia coscienza di pastore: se la nostra Chiesa continuerà a privilegiare gli ultimi, se con coraggio profetico non si sottrarrà alle nuove sfide di tante miserie morali e materiali proprie del nostro tempo, non dobbiamo temere: la fede non verrà meno, l’Eucaristia che celebriamo si tradurrà in pane spezzato nell’amore, il Vangelo sarà sempre più credibile via di cambiamento anche sociale”.

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