All’Isola di San Giulio il saluto a suor Anna Maria Canopi

Condividi su...

Lunedì 25 marzo si sono tenuti i funerali di Madre Anna Maria Canopi, fondatrice dell’abbazia ‘Mater Ecclesiae’ di San Giulio, deceduta giovedì 18 marzo, celebrati dal vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla, alla presenza di molti sacerdoti e molte monache, che nell’omelia ha scelto tre parole-chiave: Vangelo, ascolto e agàpe (l’amor divino), unite da una quarta, che è la parola donna.

Nell’omelia il vescovo ha letto un recente scritto di madre Anna Maria per spiegare la scelta monastica: “Eccomi: questa parola, tanto breve quanto ricca di significato spirituale, attraversa l’intera Sacra Scrittura esprimendo il sì della piena disponibilità alla volontà di Dio, il sì che fa dell’uomo un cooperatore di Dio stesso nel compimento del disegno di salvezza, il sì della fede pura e fiduciosa.

Al sì dell’obbedienza, l’ ‘eccomi’ aggiunge una nota particolare: quella della prontezza, quasi dell’impazienza. «Eccomi» è la parola che pronunzia chi vive con l’orecchio sempre teso ad ascoltare la Parola di Dio, la sua voce che lo chiama, e al primo sussurro è pronto, già corre, perché ama”.

Inoltre, sempre attraverso la lettura dell’ultimo libro della badessa, mons. Brambilla ha ricordato la novità monastica di madre Canopi: “La Madre, con una impronta tutta femminile, ci ha raccontato la modernità del cristianesimo, semplicemente facendo memoria del Vangelo e della grande tradizione monastica. E come potrei io sostituirmi a lei per farvi sentir vibrare il principio mariano, il principio dell’ ‘Eccomi’ di Maria, che è la prima e l’ultima parola della Chiesa.

I vescovi, i sacerdoti, i laici, sono i servitori che portano le sei anfore d’acqua e il loro servizio consiste nell’incarnare il cristianesimo in questo mondo, spesso disperdendone la bellezza e la forza d’urto; i monaci e le monache, e poi anche tutti i consacrati e le consacrate, sono coloro che rendono presente l’agape, l’amore inesauribile di Dio, il ‘principio mariano’, che si riassume in una sola parola: ‘Fate quello che Lui vi dirà!’, tenacemente testimoniato nella vibrazione di infinite parole e silenzi.

Poiché io non sono né monaco, né donna, mi taccio: il mio compito ora è solo quello della voce che evidenzia tre testi per farvi riascoltare, qui davanti alla spoglia mortale di Madre Anna Maria, le sue esili parola di donna del Vangelo, dell’ascolto e dell’agàpe”.

Poi ha ripreso un altro suo scritto sul significato della Parola di Dio nella vita di madre Canopi: “Devo anzitutto riconoscere che la Parola di Dio è entrata nelle mie orecchie e nel mio cuore fin dall’infanzia attraverso il linguaggio dei miei familiari e dell’ambiente che mi circondava… La gente semplice di allora aspettava la domenica e le feste per avere la gioia di andare a Messa e ascoltare la ‘predica’ del parroco e per frequentare il catechismo nelle ore pomeridiane.

Le avvincenti esposizioni della storia sacra, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, si imprimevano nella memoria e le espressioni bibliche si impastavano con il gergo corrente; costituivano le massime di vita, i punti di riferimento per ogni situazione; erano insomma la sapienza del popolo… La vocazione monastica mi si è rivelata proprio attraverso le Sacre Scritture ed è maturata alimentandosi ad esse”.

Eppoi con un’ulteriore lettura mons. Brambilla ha definito madre Canopi la ‘donna dell’agàpe’: “La vita monastica si pone, di fatto, all’insegna della totale gratuità, quindi anche dell’apparente inutilità e insignificanza, eppure non è una realtà che si ponga accanto o al di là della vita ecclesiale, bensì l’anima della sua anima, il volto segreto della Sposa che solo lo Sposo conosce.

E ciò perché, come il martirio, la vita monastica, è la risposta più radicale all’amore di Cristo crocifisso e risorto, del quale ‘grida silenziosamente’ il primato e la centralità nell’esistenza di ogni credente.

I monaci, infatti, sono coloro per i quali la parola del Vangelo è risuonata come richiamo irresistibile all’Assoluto, come invito pressante a un totale sradicamento da tutto e da se stessi, come voce che li ha sedotti ed attirati nel deserto per un’esperienza di Dio che è insieme sterminata solitudine e intensa comunione”.

Ed in chiusura dell’omelia ha sottolineato che ella sollecitava spesso alla ricerca di vivere un Vangelo di carità: “Vangelo di carità vuol essere la nostra ‘lode perenne’, il nostro servizio divino, che fa del monastero una scuola permanente di preghiera e di ricerca del volto del Signore; quindi una scuola di spiritualità profondamente radicata nella tradizione patristica e sostanziata di Parola di Dio meditata (Lectio divina) e celebrata (Sacra Liturgia).

Vangelo di carità il nostro impegno di sincera e continua conversione attraverso un progressivo distacco da noi stessi e dalle cose, in uno stile di vita sobrio, umile e penitente. Vangelo di carità la nostra totale sottomissione a Dio nell’obbedienza della fede, obbedienza che ci configura a Cristo crocifisso e risorto, perché procede dall’amore ed esprime la più grande libertà…

Vangelo di carità è pure l’umile ed amata fatica del nostro lavoro per il pane quotidiano, in solidarietà consapevole con tutti gli uomini; è il nostro farci tenda ospitale per tutti i ‘poveri di Dio’ offrendo, oltre la condivisione dei beni materiali e spirituali, un ministero di ascolto, di consiglio e di consolazione.

Vangelo di carità è il nostro modo di assumere la sofferenza, la malattia, la morte in chiave di mistero pasquale, trasfigurando così il peso dell’esistenza in un giogo soave, per irradiare attorno il fascino di quella bellezza e di quella gioia spirituale che scaturiscono proprio dalla croce e sono un anticipo delle nozze escatologiche della Chiesa tutta con il suo Signore”.

Free Webcam Girls
151.11.48.50