Siria: il coraggio del dialogo

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‘Beati i costruttori di Pace. Il coraggio del dialogo per una riconciliazione che parta dalle vittime’: è questo il titolo del 45° Dossier con dati e testimonianze, realizzato da Caritas Italiana e pubblicato on-line nell’ottavo anniversario dell’inizio del conflitto in Siria.

Questa guerra infatti viene fatta iniziare il 15 marzo 2011, quando nella capitale Damasco e in un’altra città del Sud, Daraa, scoppiarono varie proteste, la cosiddetta ‘primavera siriana’, a causa dell’arresto di alcuni giovani colti dalla polizia mentre dipingevano graffiti contro il presidente al-Assad. Eppure il suo inizio dovrebbe essere spostato indietro nel tempo, a partire dai primi anni 2000, quando al-Assad avviò quella liberalizzazione dell’economia che ebbe catastrofiche conseguenze sulla popolazione: una fra tutte la sostituzione delle colture tradizionali con grano e cotone.

Nonostante la Siria sia tuttora la peggiore crisi umanitaria dopo la seconda guerra mondiale, da tempo è uscita dall’attenzione dell’opinione pubblica mondiale ed è drammatico ravvisare come non si veda più nessuna iniziativa a favore della pace e, tantomeno, della riconciliazione tra le parti.

La parabola dell’impoverimento che si registra in ogni società ad ogni latitudine, anche in Europa o negli Stati Uniti, in un Paese come la Siria, con l’83% della popolazione in condizione di povertà, quasi 6.000.000 di rifugiati e più di 6 milioni di sfollati interni, genera delle conseguenze devastanti nel lungo termine. Ad oggi, una scuola su tre risulta inagibile o gravemente danneggiata, perché colpita deliberatamente. Nelle poche rimaste attive, nonostante i doppi turni ci sono classi da oltre 150 bambini.

Secondo una recente indagine del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale del Vaticano, nei Paesi più toccati dalla crisi siriana e irachena (Siria, Iraq, Libano, Giordania, Turchia, Egitto, Cipro) l’intera rete ecclesiale nel biennio 2017-2018 è riuscita a mettere a disposizione circa $ 516.000.000, portando aiuto a 3.900.000 persone nel solo 2018, attraverso una distribuzione su vasta scala di viveri, il sostegno sanitario, la fornitura di alloggi, il supporto all’istruzione, il ripristino di attività produttive.

La Chiesa siriana è inoltre impegnata nel mantenere vive le attività pastorali e spirituali, di cui il bisogno è sempre maggiore, proprio a causa delle difficoltà enormi che vivono le comunità, in particolare quella cristiana. Nello specifico Caritas Italiana, dal 2011 ad oggi, ha avviato 63 progetti con un investimento complessivo di oltre € 6.000.000, provenienti da donazioni e dall’otto per mille alla Chiesa Cattolica.

Tali fondi sono stati destinati ad aiuti di urgenza, all’istruzione, alla costruzione di percorsi di pace e riconciliazione, ad interventi sanitari, alla riabilitazione socio-economica, all’accompagnamento e alla formazione delle organizzazioni locali. Nel 2019, oltre a interventi a carattere umanitario in tutti i Paesi coinvolti, l’impegno in Siria si focalizza anche su un progetto nazionale che vede protagonisti i giovani siriani, proprio con l’obiettivo di offrire loro opportunità di riconciliazione, attraverso corsi di formazione professionale.

In linea con quanto dichiarato da Caritas Internationalis in occasione della terza conferenza per la Siria organizzata dall’Unione Europea dal 12 al 14 marzo 2019, Caritas Italiana ha chiesto agli stati un aumento delle risorse destinate agli aiuti umanitari per i siriani in patria, e per i rifugiati all’estero:

“Tuttavia è necessario non solo uno sforzo in termini quantitativi,ma un miglioramento nella gestione, con un approccio regionale che tenga conto delle ricadute sulle popolazioni che ospitano i rifugiati in un’ottica di lungo periodo. Ma soprattutto si vigili affinché i fondi siano utilizzati per il bene di chi ha più bisogno e non finiscano in mano a pochi, alimentando la corruzione e l’utilizzo strumentale a fini politici.

Si dia priorità alla tutela delle minoranze e dei più deboli, con particolare riguardo alle donne e all’educazione dei bambini. In particolare l’investimento nell’educazione è fondamentale per il futuro del popolo siriano e per il man-tenimento di una pace duratura. La comunità internazionale lavori per trovare soluzioni fattibili che favoriscono i rientri volontari dei quasi 6.000.00 di rifugiati all’estero.

E’ necessario un piano che garantisca la sicurezza personale di chi vorrà tornare, il rispetto della dignità, delle leggi, delle proprietà di chi ha lasciato per molteplici ragioni il proprio Paese e ora vuole tornare. Molti sono i problemi che limitano oggi la possibilità di ritorno, ma i più gravi, secondo tutti i sondaggi, sono quelli relativi alla sicurezza: se non si costruirà la pace e non si eviteranno le ritorsioni personali o verso gruppi specifici,non ci sarà una reale possibilità di ritorno per milioni di persone”.

Eppoi ha chiesto agli Stati una maggiore disponibilità nell’accoglienza ai profughi: “Inoltre è necessario uno sforzo maggiore nell’offrire disponibilità ad accogliere i profughi attualmente ospitati in larghissima parte nei Paesi limitrofi con piani di rilocazione su base volontaria in Paesi terzi decisamente più robusti di quelli sino ad ora messi in campo. Ad oggi solo una quota estremamente limitata di rifugiati ha beneficiato di tali piani con una progressiva riduzione negli ultimi anni (secondo l’UNHCR nel 2018 solo 1 rifugiato siriano su 20 tra quelli che potrebbero essere trasferiti in Paesi terzi lo sono stati realmente). Non è più possibile rimanere inerti di fronte ad 8 anni di guerra.

La comunità internazionale deve moltiplicare gli sforzi a guida delle Nazioni Unite secondo i parametri fissati dal comunicato di Ginevra 2012 e la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n.2254, affinché si trovi una soluzione politica che inizi finalmente un vero processo di pace per la Siria.

Tutti sono chiamati a sostenere il dialogo politico con attori chiave della regione per identificare un terreno comune. Questo impegno deve essere una priorità di tutte le istituzioni internazionali e per le cancellerie di tutto il mondo, così come per la società civile e per le istituzioni religiose”.

Ed infine ha chiesto una mobilitazione generale: “C’è bisogno di una mobilitazione universale che metta il processo di pace in Siria al centro delle agende, anche di quelle dei singoli cittadini. La guerra in Siria ci riguarda da vicino, e noi tutti dobbiamo impegnarci nel trovare una soluzione politica che metta fine alle atrocità. La quasi totale vittoria sul campo di Assad e dei suoi sostenitori non significa aver raggiunto la Pace.

L’incontro e il dialogo quindi è condizione imprescindibile e primo passo in un processo di riconciliazione che porta alla pace. E’ condizione perché presuppone la propria identità, ma al tempo stesso domanda il ‘coraggio dell’alterità’ che comporta il riconoscimento pieno dell’altro e della sua libertà. Un’azione necessaria in Siria, e a un livello superiore in tutto il Medio Oriente, mosaici luminosi della diversità, composti da tessere di popoli e fedi dai molteplici colori.

Il dialogo, a partire dall’ascolto, è infine anche strumento di pace perché permette di ricompattare il corpo sociale disgregato dalla guerra; una parola, quella della pace, che si ricollega alla radice sanscrita ‘pak’, che vuol dire legare, saldare, unire. Solo un popolo capace di dialogo, sarà un popolo unito, saldo,solido, un popolo in cui regni di nuovo la pace”.

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