Il papa alle cooperative: mettere al centro il pensiero della donna

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Terminati gli esercizi spirituali, papa Francesco ha ripreso gli incontri alla Santa Sede ricevendo in udienza il presidente della repubblica del Sud Sudan, Salva Kiir Mayardit, in cui ha espresso il desiderio che si verifichino le condizioni di una sua possibile visita, come segno di vicinanza alla popolazione e di incoraggiamento al processo di pace.

Durante il colloquio sono state evidenziate le buone relazioni bilaterali, nonché il contributo della Chiesa cattolica nell’ambito educativo e sanitario e nel processo di riconciliazione e di ricostruzione della Nazione. L’incontro ha esaminato alcune questioni concernenti l’attuazione dell’accordo raggiunto recentemente dai diversi attori politici, in vista della soluzione definitiva dei conflitti, del ritorno dei profughi e degli sfollati nonché dello sviluppo integrale del Paese.

Terminato l’incontro papa Francesco ha ricevuto i membri della Confederazione delle Cooperative Italiane, in occasione del 100° anniversario di fondazione, ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, nata ‘per aver preso sul serio le parole di papa Leone XIII’:
“La vostra storia è preziosa perché nasce dall’aver preso sul serio le parole del Papa e dall’averle rese concrete attraverso un serio e generoso impegno che dura da un secolo. E’ un forte segno di speranza quando la dottrina sociale della Chiesa non rimane una parola morta o un discorso astratto, ma diventa vita grazie a uomini e donne di buona volontà, che le danno carne e concretezza, trasformandola in gesti personali e sociali, concreti, visibili e utili”.

Ha quindi ricordato la lungimiranza del papa davanti ai disagi sociali del tempo: “I cento anni di storia della vostra azione sono un traguardo importante, che non può passare sotto silenzio. Essi rappresentano un percorso di cui essere grati per tutto ciò che siete riusciti a realizzare, ispirati dal grande appello dell’Enciclica Rerum novarum del papa Leone XIII.

Questo Pontefice in maniera profetica ha aperto la grande riflessione sulla dottrina sociale della Chiesa. La sua è stata un’intuizione fiorita sulla convinzione che il Vangelo non è relegabile solo a una parte dell’uomo o della società, ma parla a tutto l’uomo, per renderlo sempre più umano. Quelli in cui papa Leone scriveva erano tempi difficili, ma ogni epoca ha le sue fatiche e le sue difficoltà”.

Il papa perciò ha sottolineato la necessità di persone che sappiano concretizzare la carità anche nel modello imprenditoriale: “Anche oggi la Chiesa non ha solo bisogno di dire ad alta voce la Verità; ha sempre necessità di uomini e donne che trasformino in beni concreti ciò che i pastori predicano e i teologi insegnano. In questo senso, oggi, dire ‘grazie’ a voi per i vostri cent’anni d’impegno è anche indicare un esempio per gli uomini del nostro tempo, che hanno bisogno di scoprirsi non solo ‘prenditori’ di bene, ma ‘imprenditori’ di carità”.

Il modello cooperativo è la via alternativa al liberismo ed al socialismo: “Il vostro modello cooperativo, proprio perché ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, corregge certe tendenze proprie del collettivismo e dello statalismo, che a volte sono letali nei confronti dell’iniziativa dei privati; e allo stesso tempo, frena le tentazioni dell’individualismo e dell’egoismo proprie del liberalismo.

Infatti, mentre l’impresa capitalistica mira principalmente al profitto, l’impresa cooperativa ha come scopo primario l’equilibrata e proporzionata soddisfazione dei bisogni sociali. Certamente anche la cooperativa deve mirare a produrre l’utile, ad essere efficace ed efficiente nella sua attività economica, ma tutto questo senza perdere di vista la reciproca solidarietà”.

La cooperazione sociale riesce a coniugare l’impresa con la solidarietà: “Questo modo di vivere il modello cooperativo esercita già una significativa influenza sulle imprese troppo legate alla logica del profitto, perché le spinge a scoprire e a valutare l’impatto di una responsabilità sociale.

In tal modo, esse vengono invitate a considerare non solo il bilancio economico, ma anche quello sociale, rendendosi conto che bisogna concorrere a rispondere tanto ai bisogni di quanti sono coinvolti nell’impresa quanto a quelli del territorio e della collettività. E’ in questo modo che il lavoro cooperativo esplica la sua funzione profetica e di testimonianza sociale alla luce del Vangelo”.

La cooperazione è un modello che sovverte le regole del profitto con lo sprone a proseguire su tale strada: “Ma non dobbiamo mai dimenticare che questa visione della cooperazione, basata sulle relazioni e non sul profitto, va controcorrente rispetto alla mentalità del mondo.

Solo se scopriamo che la nostra vera ricchezza sono le relazioni e non i meri beni materiali, allora troviamo modi alternativi per vivere e abitare in una società che non sia governata dal dio denaro, un idolo che la illude e poi la lascia sempre più disumana e ingiusta, e anche, direi, più povera. Grazie per il vostro lavoro impegnativo, che crede nella cooperazione ed esprime l’ostinazione a restare umani in un mondo che vuole mercificare ogni cosa. E sull’ostinazione abbiamo sentito questa nostra sorella che ha dato testimonianza oggi: ci vuole ostinazione per andare avanti su questa strada quando la logica del mondo va in un’altra direzione”.

Inoltre la cooperazione rende partecipe il lavoratore all’impresa sconfiggendo la solitudine ‘lavorativa’: “Farsi prossimo significa impedire che l’altro rimanga in ostaggio dell’inferno della solitudine. Purtroppo la cronaca ci parla spesso di persone che si tolgono la vita spinte dalla disperazione, maturata proprio nella solitudine. Non possiamo rimanere indifferenti davanti a questi drammi, e ognuno, secondo le proprie possibilità, deve impegnarsi a togliere un pezzo di solitudine agli altri.

Va fatto non tanto con le parole, ma soprattutto con impegno, amore, competenza, e mettendo in gioco il grande valore aggiunto che è la nostra presenza personale. Va fatto con vicinanza, con tenerezza. Questa parola, tenerezza, che rischia di cadere dal dizionario perché la società attuale non la usa tanto. Solo quando ci mettiamo in gioco in prima persona possiamo fare la differenza”.

Per questo la cooperazione può sconfiggere l’ingiustizia sociale: “In questo senso possiamo dire che la cooperazione è un modo per ‘scoperchiare il tetto’ di un’economia che rischia di produrre beni ma a costo dell’ingiustizia sociale. E’ sconfiggere l’inerzia dell’indifferenza e dell’individualismo facendo qualcosa di alternativo e non soltanto lamentandosi. Chi fonda una cooperativa crede in un modo diverso di produrre, un modo diverso di lavorare, un modo diverso di stare nella società.

Chi fonda una cooperativa ha un po’ della creatività e del coraggio di questi quattro amici del paralitico. Il ‘miracolo’ della cooperazione è una strategia di squadra che apre un varco nel muro della folla indifferente che esclude chi è più debole”.

Concludendo l’incontro con una frase dell’enciclica sociale ‘Centesimus Annus’ di san Giovanni Paolo II ha rivolto un pensiero alle donne: “In questo mondo globalizzato, dobbiamo metterci in sintonia con quello che insegna la dottrina sociale della Chiesa quando parla della centralità della persona… Dovremmo quindi comprendere l’importanza di far acquisire abilità professionali e offrire percorsi di formazione permanente, specialmente a quelle persone che vivono ai margini della società e alle categorie più svantaggiate.

A questo riguardo, sono soprattutto le donne che, nel mondo globale, portano il peso della povertà materiale, dell’esclusione sociale e dell’emarginazione culturale. Il tema della donna dovrebbe tornare a essere tra le priorità dei progetti futuri in ambito cooperativo. Non è un discorso ideologico.

Si tratta invece di assumere il pensiero della donna come punto di vista privilegiato per imparare a rendere la cooperazione non solo strategica ma anche umana. La donna vede meglio che cos’è l’amore per il volto di ognuno. La donna sa meglio concretizzare ciò che noi uomini a volte trattiamo come ‘massimi sistemi’”.

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