Dalla diocesi di Ascoli Piceno per una Quaresima che sorprende

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Nella diocesi di Ascoli Piceno mons. Giovanni D’Ercole ha proposto ai fedeli di vivere la ‘sorpresa’ della Quaresima: “La Quaresima ci sorprende con le sue domeniche, i suoi quaranta giorni, apparentemente sempre uguali, mentre noi non lo siamo. Per questo nella fede, come nell’amore non c’è mai il rischio della ripetitività”.

Quest’anno sarà un momento diverso rispetto allo scorso anno, però la ‘schiavitù’ è sempre più attraente della ricerca di ‘libertà’: “Il motivo per cui dobbiamo affrontare questi giorni di conversione sono radicalmente diversi dai motivi degli anni passati e da quelli degli anni futuri. ‘L’Egitto’ da cui dobbiamo uscire quest’anno ha dei nomi propri.

Forse quest’anno riguarda la nostra famiglia, o il nostro lavoro, o la nostra storia, o la nostra capacità di amare, o tantissime altre cose che sarebbe difficile elencare. L’intensità della nostra conversione non è mai scontata e non è mai chiusa. Noi non siamo mai degli ‘arrivati’, siamo costantemente in cammino. Possiamo solo diventare un pò più esperti nel muoverci tra le cose di Dio, ma sicuramente non siamo abilitati a pensare che la cosa non riguarda più noi”.

In questa ottica la ‘cenere’ ricorda che la ‘battaglia’ contro il maligno si sconfigge solo con l’aiuto di Dio: “La cenere che segna le nostre teste all’inizio di questo cammino Quaresimale ha profumi di novità. Non serve solo a mescolarsi con le nostre preoccupazioni. Serve a segnare il territorio di una battaglia che ci vedrà impegnati sino a Pasqua. E non c’è punto di partenza migliore che quello di ricordarci del nostro ‘niente’.

Quella cenere è quel ‘niente’ che siamo, eppure per amore di questo ‘niente’ Dio manda Suo Figlio a morire per noi. Così quella cenere è solo la scorza sporca di un capolavoro che ha bisogno di rendersi visibile. Non disertiamo questo shampoo di umiltà. Non scostiamo le nostre fronti davanti a questa terra grigia. Lasciamoci segnare e decidiamo di prendere la strada che ci porterà fuori dalla schiavitù, verso la terra promessa di ciò che ci può rendere felici”.

In questo modo l’odore del cambiamento permette di vivere la vita da figli di Dio: “Ogni vero cambiamento, però, inizia sempre con una gratitudine. E’ la forza irresistibile di corrispondere a qualcosa che ti riempie tanto da lasciarti in imbarazzo finché non prendi la tua libertà e decidi qualcosa. Ogni decisione è cambiamento. Scegliere è la nostra immagine e somiglianza con Dio.

E’ ciò che ci rende unici in tutto l’universo. Ma il vero motore della nostra libertà è la gratitudine, che ti rende inquieto finché non corrispondi a ciò che percepisci come un dono sconvolgente e immeritato: il dono della vita. La vita è una gratitudine in atto”.

E rivolgendosi alle famiglie con una lettera mons. D’Ercole ha sottolineato che l’essenza del cristiano è un invito ad essere ‘controcorrente’, perché si è ‘vivi’: “Così soltanto possiamo vivere da cristiani, consapevoli che la fede è la risposta di una comunità all’amore di Dio testimoniato da chi lo ha effettivamente sperimentato. Essere amici di Dio obbliga a diventare amici di tutti, anche di chi ci offende, di chi non ci capisce e forse ci odia, altrimenti la fede muore annegata nei riti inutili di una religione senz’anima.

Ascoltare e ascoltarsi, domandare e domandarsi, sono momenti essenziali nella vita spirituale se si desidera conoscere e soprattutto conoscersi senza mai stancarsi, in un itinerario senza fine. Ascoltarsi e ascoltarsi in profondità: così si mantiene vivo l’essere umano, che è essenzialmente relazione. Se si chiude in se o fugge da se, l’uomo smarrisce la sua identità;

al contrario, quando si apre all’altro, si riconosce, si accoglie, in un confronto reale e autentico in primo luogo con se stesso, presupposto fondamentale per un’autentica relazione con gli altri: non ci sono solo io, ma c’è altro, soprattutto l’altro, insomma il mondo a me esterno non costituisce un’appendice del mio ego.

Certo, l’impatto e il confronto con la realtà e con gli altri non sempre sono piacevoli, ma sono fondamentali perché ci aiutano a crescere in uno sviluppo continuo che non è soltanto materiale o fisico, ma realmente spirituale perché abbraccia tutto l’uomo e ci fa evitare un rischioso sdoppiamento della nostra vita: essere cioè cristiani solo ‘in chiesa’, come se la fede fosse ‘un soprabito da cerimonia’, da indossare in alcuni momenti e circostanze particolari”.

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