Secondo la Coldiretti gli italiani non leggono le etichette

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Nonostante i passi in avanti compiuti negli ultimi anni a livello comunitario e nazionale fino ad oggi circa 1/4 della spesa degli italiani resta anonima: è quanto è emerso da una analisi della Coldiretti in occasione della presentazione delle nuove norme sull’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti approvate con la legge n. 12 dell’11 febbraio 2019 sulle semplificazioni.

Nel merito il presidente nazionale della Coldiretti, Ettore Prandini, ha illustrato la normativa: “La norma consente di estendere a tutti i prodotti alimentari l’obbligo di indicare in etichetta il luogo di provenienza geografica ponendo fine ad un lungo e faticoso contenzioso aperto con l’Unione europea oltre 15 anni fa.

Un obiettivo sostenuto dal 93 % degli italiani che ritengono importante conoscere l’origine degli alimenti ed in quasi 3 casi su 4 (73%) sono disposti a spendere di più per i prodotti 100% italiani dal campo alla tavola secondo i dati dell’ultima consultazione pubblica sul sito http://www.ismea.it anticipati all’iniziativa della Coldiretti.

Grazie alla nuova legge sarà finalmente possibile conoscere la provenienza della frutta impiegata in succhi, conserve o marmellate, dei legumi in scatola o della carne utilizzata per salami e prosciutti, fino ad ora nascosta ai consumatori, ma anche difendere l’efficacia in sede europea dei decreti nazionali già adottati in via sperimentale in materia di etichettatura di origine di pasta, latte, riso e pomodoro.

In particolare si affida a disposizioni nazionali l’attuazione dell’obbligo che, sulla base del Regolamento quadro sull’etichettatura n. 1169 del 2011, tiene conto della necessità di assicurare la tutela della salute pubblica e dei consumatori, di prevenire frodi e di consentire il corretto svolgimento delle attività d’impresa sulla base di una corretta concorrenza. Sono previste sanzioni in caso di mancato rispetto delle norme che vanno da € 2.000 ad € 16.000, salvo che il fatto costituisca reato”.

Ed i dati sui reati alimentari non sono rassicuranti, perché nello scorso anno in Italia è scoppiato più di un allarme alimentare al giorno per un totale di ben 398 notifiche inviate all’Unione Europea durante l’anno: “Sul totale dei 398 allarmi che si sono verificati in Italia nel 2018 solo 70 (17%) hanno riguardato prodotti con origine nazionale, 194 provenivano da altri Paesi dell’Unione Europea (49%) e 134 da Paesi extracomunitari (34%).

In altre parole oltre quattro prodotti su cinque pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero (83%)”. Per la Coldiretti i pericoli maggiori per l’Italia sono arrivati dal pesce spagnolo con alto contenuto di mercurio e infestato dal verme ‘anisakis’, dalle ostriche vive francesi con ‘norovirus’, che provoca vomito e diarrea, e dal pollo polacco contaminato dalla salmonella enterica, i quali salgono sul podio del rischio.

Ma nella black list alimentare ci sono anche il pesce francese sempre per l’anisakis, le arachidi dall’Egitto, le nocciole turche e quelle dell’Azebaijan per l’elevato contenuto di aflatossine cancerogene, il manzo ed il pollo provenienti dal Brasile e le cozze dalla Spagna infestati dal batterio Escherichia Coli.

Infine dalla della Corte dei Conti Europea del 15 gennaio scorso sui ‘pericoli chimici negli alimenti che consumiamo’ risulta che il numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari è stato pari al 4,7% rispetto alla media Ue dell’1,2% e ad appena lo 0,4% dell’Italia secondo le elaborazioni Coldiretti sulle analisi relative alla presenza di pesticidi rilevati sugli alimenti venduti in Europa effettuata dall’Efsa: “In altre parole i prodotti extracomunitari sono 4 volte più pericolosi di quelli comunitari e 12 volte di quelli Made in Italy”.

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