Agostino Zhao Rong e compagni, martiri cinesi

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Sul finire del XVI secolo l’opera evangelizzatrice dei padri gesuiti diede inizio in Cina ad una piccola presenza cristiana, germe di quell’attuale. In questo periodo diversi cinesi, grazia anche all’opera di inculturazione della fede avviata da padre Matteo Ricci, chiesero il battesimo e divennero cristiani, mantenendo giustamente e con fermezza la propria identità di cinesi e la loro cultura.

Il cristianesimo, trapiantato in Cina, non visse periodi facili ma diversi laici e missionari, convinti della loro fede, preferirono sacrificare la loro vita piuttosto che tradire il Signore. Agostino Zhao, nato in una famiglia pagana, si arruolò nell’esercito a 20 anni.

Venuto a contatto con alcuni martiri, ne rimase affascinato per la grande perseveranza e la mitezza che dimostravano di avere, pur in mezzo ad atroci sofferenze. Per questo, abbandonato il servizio militare prestato all’imperatore cinese, decise di consacrarsi al Signore. A trentacinque anni fu ordinato sacerdote ed esercitò il ministero presbiterale con pazienza e coraggio. Morì in prigione a 73 anni a causa delle torture subite, il 27 gennaio 1815, prima sacerdote cinese a subire il martirio.

Con Agostino di solito vengono anche commemorati il sacerdote Giovanni Gabriele Perboyre della Congregazione della Missione, dichiarato santo nel 1966 da Paolo VI, e altri 119 martiri della Chiesa cinese, che hanno sacrificato la loro vita lungo l’arco di tempo che va dal 1648 al 1930.

Tra di essi vi sono vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, ma anche laici, di ogni età, come per esempio Paolo Lang Fu di sette anni, che in diverse epoche e in varie parti della Cina hanno testimoniato un grande amore per il Signore in mezzo ad atroci e crudeli sofferenze e dolori. Per la testimonianza di miracoli attribuiti a questa insigne schiera di martiri, furono canonizzati tutti insieme da Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000.

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