L’Università Gregoriana ricorda il card. Agostino Bea

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L’anno accademico 2018-2019 offre al Centro Cardinal Agostino Bea per gli Studi Giudaici della Pontificia Università Gregoriana l’opportunità di onorare, nel 50^ anniversario della sua morte, il contributo dell’eponimo Agostino Bea ‘Il Cardinale dell’Unità’.

Nel corso dell’Anno del Cardinal Bea, una serie di conferenze serali sulle relazioni ebraico-cristiane, il dialogo ecumenico e gli studi biblici, celebrerà la vita di questo grande uomo il cui dono alla Chiesa ha aiutato ad aprire la via ad una serie di dialoghi di unità. Il Centro Cardinal Bea per gli Studi Giudaici della Pontificia Università Gregoriana prosegue la sua Serie di Conferenze 2018-2019 con il prossimo evento dal titolo ‘Il carisma dell’unità e il ministero petrino’.

Dopo un discorso d’apertura del prof. Mathijs Lamberigts di KU Leuven che esplorerà il significativo ruolo del card. Bea nel campo dell’ecumenismo, avvierà la discussione della tavola rotonda il prof. André Birmelé della Faculté de Théologie Protestante of the Université de Strasbourg, illustre Luterano e membro attivo in fondamentali dialoghi ecumenici.

Maximos Vgenopoulos, Orthodox Metropolitan of Silyvria, of the Ecumenical Patriarchate of Constantinople, il quale si è dedicato ad uno studio approfondito sulla questione del ministero petrino, contribuirà con il suo punto di vista. Il Prof. Angelo Maffeis dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, grande promotore di questo dialogo, sarà la loro controparte cattolica. La discussione sarà presieduta da mons. Brian Farrell, LC, Vescovo-Segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

Perché il Centro card. Bea per gli Studi Giudaici organizza un evento sulle relazioni ecumeniche? Il tema del ministero petrino, cioè il ruolo di un polo centrale di unità per la Chiesa universale e il possibile rapporto che questo ha con il vescovo di Roma, è una prova dei progressi compiuti nel dialogo ecumenico. È uno degli argomenti più delicati e ha bisogno di essere affrontato con la massima fiducia ed onestà.

L’impegno di Bea nell’ambito di questa dimensione del Concilio Vaticano II, ha contribuito a ridisegnare la storia odierna. E’ sufficiente citare il prof. Douglas Horton, pastore protestante americano e accademico che il 18 settembre 1965, al Foyer Unitas su richiesta del Segretariato per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, si è rivolto al card. Bea: “Dovremo aspettare generazioni, se non secoli, prima che le nostre divergenze teologiche e organizzative siano risolte, ma è chiaro che l’amicizia che ci avete mostrato ha preparato il terreno su cui può crescere la riconciliazione.

Come teologi dobbiamo chiamare amicizia un fattore non teologico. Teologico o no, l’amicizia ha, senza dubbio, un grande ruolo da svolgere nel futuro della Chiesa. Gli storici possono facilmente indicare sfortunati fattori non teologici, come la rivalità nella sfera dell’economia e della politica, che hanno portato a grandi scismi nella Chiesa. Se ciò è vero, il fattore non teologico dell’amicizia può svolgere il suo ruolo nella reintegrazione della cristianità”.

E nel ricevere i convegnisti papa Francesco ha sottolineato: “Quando gli veniva detto che i tempi non erano maturi per ciò che proponeva l’allora Segretariato per l’Unione dei Cristiani, rispondeva con spirito: ‘Allora bisogna farli maturare!’. Né ottimista né pessimista, era realista sul futuro dell’unità: da una parte cosciente delle difficoltà, dall’altra convinto della necessità di rispondere all’accorato desiderio del Signore che i suoi siano ‘una sola cosa’”.

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