Da Pisa una Chiesa per intessere relazioni costruttive

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Nel mese di gennaio ha fatto molto discutere il comunicato, firmato dall’arcivescovo di Pisa mons. Giovanni Paolo Benotto, con cui il Consiglio Pastorale diocesano ha espresso perplessità e preoccupazione sulle politiche di accoglienza migranti e sul pluralismo religioso nella città.

I contenuti del documento, pubblicato sul sito della Caritas di Pisa, hanno espresso preoccupazione circa il clima di disagio “per l’acuirsi di toni e atteggiamenti discriminatori e intolleranti nelle relazioni interpersonali e sociali. Non si può non essere preoccupati per l’esaltazione di un individualismo egoista che esclude ed emargina ogni diversità e che attraverso slogan urlati e ripetuti con esasperante monotonia crea esclusione invece di cercare strade condivise per costruire una società armonica ed inclusiva per tutti”.

Il documento ha sottolineato che il motivo dell’esclusione dello straniero è utilizzato come arma di distrazione dell’opinione pubblica: “L’esclusione dello straniero, che sembra diventare la preoccupazione primaria di un’Europa sazia, impaurita e priva di speranza, sta invadendo anche la nostra società italiana e la prassi delle scelte politiche nazionali e locali.

L’attenzione dell’opinione pubblica è così distolta dalle vere cause dei problemi economici e sociali attuali ed è portata a identificare nello straniero un capro espiatorio. Ogni forma di esclusione è sempre una pianta infestante che non risparmia alcun ambiente di vita, anche quando la si semini e la si utilizzi sia pure per contesti delimitati: ogni veleno è sempre dannoso per tutti. Un’aria inquinata e irrespirabile non è deleteria solo per qualcuno, bensì lo è per tutti indistintamente”.

Ed ha elencato alcune situazioni che destano preoccupazioni con un invito allo studio della storia: “La dignità della persona non è mai una qualità che qualcuno, benignamente, concede a qualcun altro; bensì è ricchezza nativa e inalienabile di ciascuno ed è garanzia indispensabile per un autentico bene comune. Il negare la dignità umana a qualcuno è sempre l’inizio di una catena di sopraffazioni che minano alle fondamenta ogni vera democrazia e una serena convivenza sociale”.

Quindi l’arcivescovo ed il consiglio pastorale diocesano hanno invitato ad intessere ‘relazioni costruttive’ per: “adoperarsi in tutti i modi per assicurare a ciascuno spazi di relazioni costruttive, di accoglienza generosa e di sostegno fattivo perché nessuno venga emarginato, sempre ricordando che il Signore Gesù è presente in ogni ‘piccolo’ affamato, assetato, straniero, malato, carcerato, nudo e povero, qualunque sia il genere di povertà che lo rende più fragile e che tutto ciò che facciamo ad uno di questi piccoli, lo facciamo a Lui”.

Concludendo la lettera mons. Benotto ha ricordato che “la Costituzione repubblicana è il fondamento della nostra convivenza civile libera e responsabile e che disattendendola, non solo si offende la memoria di chi ha fatto dell’Italia una nazione libera e democratica, bensì si rischia pesantemente di renderne impossibile un futuro armonico e positivo”.

A tal proposito mons. Roberto Filippini, delegato Caritas per la Conferenza Episcopale della Toscana, in un intervento aveva sottolineato la preoccupazione della Chiesa toscana per l’attuazione del Decreto legge n. 113/2018:

“Tale processo di modifica messo in atto dal Governo non si limita, alle sole misure contenute nel decreto in questione, ma sta proseguendo su aspetti collegati ad esso e di grande importanza, in particolare quelli connessi alla riforma dell’attuale sistema dell’accoglienza, sul quale il dl 113/2018 è già intervenuto.

Si prevede nella legge una restrizione del ventaglio dei beneficiari dello Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e si esclude la possibilità di accesso per i richiedenti protezione internazionale. E’ attesa inoltre la riformulazione del Capitolato per la gestione dei centri di accoglienza che prevederebbe prestazioni ridottissime tali da non consentire la fornitura di un servizio adeguato ai beneficiari.

Tale servizio, infatti, per come è stato fino ad oggi prefigurato, si allontana dalla logica di un percorso di integrazione sul territorio ospitante dei beneficiari, limitandosi ad una mera assistenza, che difficilmente riuscirà a valorizzare le risorse, anche economiche, impiegate, creando una sempre maggior lontananza tra la comunità che è chiamata ad accogliere ed i richiedenti asilo stessi, che saranno sempre più isolati in quella società che in futuro potrebbe comunque essere quella dove vivranno fianco a fianco degli altri cittadini”.

Riproponendo il documento ‘Ospitare i pellegrini, accogliere gli stranieri’, scritto nel 2016 dai vescovi della Toscana, mons. Filippini, vescovo della diocesi di Pescia, ha evidenziato che quella nota è tuttora attuale:

“Il patrimonio di esperienza che le Caritas negli anni hanno maturato, come le storie luminose di accoglienza di ‘rifugiato a casa mia’, ha aperto riflessioni e percorsi verso un modo di fare accoglienza che coinvolge le comunità e che co-costruisce percorsi di pace e di dialogo casa per casa.

Siamo convinti che non sia il rancore o la paura a poter orientare le scelte di gestione di una realtà epocale come quella migratoria. Ci preoccupano soprattutto gli effetti del decreto in merito alle possibili uscite dal circuito di accoglienza di persone regolarmente soggiornanti sul nostro suolo, in particolar modo coloro che beneficiano dell’attuale permesso umanitario, non più nelle previsioni di legge…

E siamo preoccupati di quello che potrà accadere ai molti che perderanno il titolo per poter risiedere e che diventeranno irregolari, condannati all’invisibilità nelle nostre città. La pratica quotidiana dell’ascolto e dell’incontro ci dice che le nostre comunità possono essere capaci di accoglienza e di integrazione”.

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