Papa: l’unità spinge alla responsabilità

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“Oggi ha inizio la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: siamo tutti invitati a invocare da Dio questo grande dono”: con un tweet papa Francesco ha aperto la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani celebrati nei vespri del venerdì della prima settimana del tempo ordinario nella basilica di San Paolo Fuori Le Mura, insieme ai rappresentanti di altre comunità cristiane.

Nell’omelia il papa ha ricordato le tre feste che celebrava il popolo ebraico: “Il brano che abbiamo appena ascoltato fornisce indicazioni su come celebrare le tre feste principali dell’anno: Pesach (Pasqua), Shavuot (Pentecoste), Sukkot (Tabernacoli). Ciascuna di queste feste richiama Israele alla gratitudine per i beni ricevuti da Dio.

La celebrazione di una festa richiede la partecipazione di tutti. Nessuno può essere escluso: ‘Gioirai davanti al Signore, tuo Dio, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo schiavo e la tua schiava, il levita che abiterà le tue città, il forestiero, l’orfano e la vedova che saranno in mezzo a te’. Per ogni festa, occorre compiere un pellegrinaggio ‘nel luogo che il Signore avrà scelto per stabilirvi il suo nome’.

Là, il fedele israelita deve porsi davanti a Dio. Nonostante ogni israelita sia stato schiavo in Egitto, senza alcun possesso personale, ‘nessuno si presenterà davanti al Signore a mani vuote’ e il dono di ciascuno sarà in misura della benedizione che il Signore gli avrà dato. Tutti riceveranno dunque la loro parte di ricchezza del paese e beneficeranno della bontà di Dio”.

Ed ha ricordato che le feste nella Bibbia richiamano alla giustizia: “Non deve sorprenderci il fatto che il testo biblico passi dalla celebrazione delle tre feste principali alla nomina dei giudici. Le feste stesse esortano il popolo alla giustizia, ricordando l’uguaglianza fondamentale tra tutti i membri, tutti ugualmente dipendenti dalla misericordia divina, e invitando ciascuno a condividere con gli altri i beni ricevuti. Rendere onore e gloria al Signore nelle feste dell’anno va di pari passo con il rendere onore e giustizia al proprio vicino, soprattutto se debole e bisognoso”.

Così il tema di questa settimana, scritta dai cristiani dell’Indonesia, richiama al dovere di applicare con saggezza e misericordia la giustizia per costruire l’armonia della società: “In essi è viva la preoccupazione che la crescita economica del loro Paese, animata dalla logica della concorrenza, lasci molti nella povertà concedendo solo a pochi di arricchirsi grandemente.

E’ a repentaglio l’armonia di una società in cui persone di diverse etnie, lingue e religioni vivono insieme, condividendo un senso di responsabilità reciproca. Ma ciò non vale solo per l’Indonesia: questa situazione si riscontra nel resto del mondo.

Quando la società non ha più come fondamento il principio della solidarietà e del bene comune, assistiamo allo scandalo di persone che vivono nell’estrema miseria accanto a grattacieli, alberghi imponenti e lussuosi centri commerciali, simboli di strepitosa ricchezza. Ci siamo scordati della saggezza della legge mosaica, secondo la quale, se la ricchezza non è condivisa, la società si divide”.

Anche san Paolo nelle lettere raccomanda di applicare la giustizia con misericordia: “Come popolo santo di Dio, anche noi siamo sempre sul punto di entrare nel Regno che il Signore ci ha promesso. Ma, essendo divisi, abbiamo bisogno di ricordare l’appello alla giustizia rivoltoci da Dio. Anche tra i cristiani c’è il rischio che prevalga la logica conosciuta dagli israeliti nei tempi antichi e da tanti popoli sviluppati al giorno d’oggi, ovvero che, nel tentativo di accumulare ricchezze, ci dimentichiamo dei deboli e dei bisognosi”.

La giustizia quindi è un dono del Signore: “E’ facile scordare l’uguaglianza fondamentale che esiste tra noi: che all’origine eravamo tutti schiavi del peccato e che il Signore ci ha salvati nel Battesimo, chiamandoci suoi figli. E’ facile pensare che la grazia spirituale donataci sia nostra proprietà, qualcosa che ci spetta e che ci appartiene.

E’ possibile, inoltre, che i doni ricevuti da Dio ci rendano ciechi ai doni dispensati ad altri cristiani. E’ un grave peccato sminuire o disprezzare i doni che il Signore ha concesso ad altri fratelli, credendo che costoro siano in qualche modo meno privilegiati di Dio. Se nutriamo simili pensieri, permettiamo che la stessa grazia ricevuta diventi fonte di orgoglio, di ingiustizia e di divisione”.

La conclusione è un invito a cercare di entrare nel Regno di Dio: “Il culto che si addice a quel Regno, il culto che la giustizia richiede, è una festa che comprende tutti, una festa in cui i doni ricevuti sono resi accessibili e condivisi. Per compiere i primi passi verso quella terra promessa che è la nostra unità, dobbiamo anzitutto riconoscere con umiltà che le benedizioni ricevute non sono nostre di diritto ma sono nostre per dono, e che ci sono state date perché le condividiamo con gli altri.

In secondo luogo, dobbiamo riconoscere il valore della grazia concessa ad altre comunità cristiane. Di conseguenza, sarà nostro desiderio partecipare ai doni altrui. Un popolo cristiano rinnovato e arricchito da questo scambio di doni sarà un popolo capace di camminare con passo saldo e fiducioso sulla via che conduce all’unità”.

Al termine dei Vespri, il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha rivolto un saluto al papa: “Questo anno commemorativo ci ricorda anche che giustizia e misericordia sono indissociabili. Infatti, il significato della giustificazione per grazia divina può essere annunciato in modo nuovo attraverso il messaggio della misericordia di Dio.

E, viceversa, alla luce della misericordia divina, che l’uomo di oggi desidera profondamente, si delinea più chiaramente la fede nella dottrina della giustificazione, nel suo pieno significato esistenziale”.

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