La Caritas presenta il dossier sul turismo responsabile ad Haiti

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Il 12 gennaio 2010 un violentissimo terremoto colpiva Haiti, provocando la morte di almeno 220.000 persone, oltre 300.000 feriti ed 1.500.000 di senza tetto. Caritas Italiana sin dai primi giorni successivi al sisma è stata accanto alla popolazione terremotata e alla Chiesa locale insieme alla rete internazionale Caritas, scegliendo di accompagnare la Caritas di Haiti nel medio e lungo termine a sostegno soprattutto delle persone più vulnerabili.

A 9 anni da quel terribile evento, Haiti torna al centro di un ‘caso studio’ nel nuovo Dossier con Dati e Testimonianze dal titolo ‘Paradisi perduti? Viaggiatori responsabili per un turismo che sviluppa le comunità locali’, dedicato al tema del turismo sostenibile e responsabile come potenziale in termini di crescita nel rispetto dell’ambiente e delle culture locali.

Caritas Italiana da gennaio 2010 a dicembre 2018, grazie alla raccolta straordinaria promossa dalla Conferenza episcopale italiana, ha finanziato complessivamente 214 progetti di solidarietà, per un importo di oltre € 24.000.000. La maggior parte dei progetti sono stati realizzati nelle zone più colpite dal sisma, ma complessivamente si è intervenuti in tutte e 10 le Diocesi, anche in risposta alle successive emergenze, come l’epidemia di colera, l’uragano Matthew del 2016, l’ulteriore sisma di ottobre 2018.

Durante la prima missione a Cap-Haitien in collaborazione con la Caritas locale sono stati identificati i diversi stakeholder a cui è stato sottoposto un questionario di analisi sulla situazione economica e le principali fonti di reddito dell’area, sulla situazione sociale, sul contesto del turismo (problemi, carenze e opportunità) e sulle caratteristiche del turismo responsabile.

Partendo dai dati emersi sono state ipotizzate proposte e piste di lavoro per favorire un turismo responsabile e sostenibile verificandone l’effettiva fattibilità e mettendo in guardia dai rischi. In effetti il settore turistico nel 2017 ha contribuito per il 10,4% al PIL mondiale, creando posti di lavoro per 313.000.000 persone.

Ma se il turismo non è il risultato di un approccio sostenibile può accentuare le disuguaglianze, favorire la concentrazione del capitale in poche mani, incoraggiare fenomeni di land grabbing e lo spopolamento delle zone rurali, sostenere l’utilizzo di manodopera sottopagata, creare gravi danni all’ambiente e alle culture locali.

Un turismo responsabile e sostenibile invece, tenendo conto della prosperità economica, della qualità ambientale e della giustizia sociale, può contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 sottoscritta nel settembre 2015 da 193 Paesi membri dell’ONU.

Nell’introduzione il dossier ha rilevato l’impegno della Chiesa: “Per la Chiesa non ci può essere progresso senza sviluppo umano integrale, senza quindi il coinvolgimento delle persone e delle comunità locali a conseguire una gestione intelligente ed equilibrata delle risorse, ma anche senza un’educazione alla corresponsabilità nella consapevolezza di vivere in una ‘casa comune’. Secondo la dottrina sociale della Chiesa, dunque, il vero sviluppo ‘non si riduce alla semplice crescita economica’ ma deve essere ‘volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo’, come rileva la Lettera enciclica ‘Populorum progressio’.

Riconoscendo Dio come Creatore dell’universo e Padre di tutti gli uomini, che ci rende fratelli gli uni gli altri, la Chiesa mette al centro la persona umana; riconosce la dignità di ciascuno e la relazionalità tra gli uomini; condivide il principio del comune destino della famiglia umana e la destinazione universale dei beni della terra…

Nella riflessione sui modi per dare concretezza allo sviluppo del turismo sostenibile, e sulle conseguenze che ne derivano per i turisti, gli imprenditori, i lavoratori, i governanti e le comunità locali, la Chiesa non solo auspica ‘un’attenzione da parte degli operatori del settore per garantire forme di ospitalità che impattino il meno possibile sull’ambiente’, ma anche ‘una certa sobrietà da parte di chi viaggia’.

Un turismo ‘capace cioè di contribuire alla cura della casa comune e della sua bellezza’, evitando ‘sprechi di energia e di cibo, il vorace consumo di suolo ma che è volto a «godere delle bellezze della natura e della cultura’ più che a trasformare i soggiorni in occasioni di consumo di beni”.

Ed ecco l’investimento della Caritas italiana nello sviluppo dello sviluppo sostenibile ad Haiti: “Il turismo sostenibile ha il potenziale per far migliorare le infrastrutture (strade, fognature, reti idriche ed elettriche), promuovere la rigenerazione delle aree dismesse e preservare la cultura e il patrimonio naturale. Esso può rendere le città più ‘green’ e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili…

Ed ancora, il turismo è un mezzo efficace per consentire ai Paesi in via di sviluppo di prendere parte all’economia globale, stimolare comportamenti e modelli di consumo e di produzione responsabili, consapevoli circa gli effetti e l’influenza che hanno verso i cambiamenti climatici (ad esempio riducendo il consumo di energia e passando alle energie rinnovabili)”.

Quindi per la Caritas il turismo sostenibile deve promuovere lo sviluppo dell’ecosistema: “Lo sviluppo del turismo deve far parte della gestione integrata delle zone costiere al fine di conservarne e preservarne i fragili ecosistemi. Il turismo responsabile deve proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, la ricchezza della biodiversità e il patrimonio naturale che sono spesso le ragioni principali per cui i turisti visitano una destinazione.

Essendo uno dei settori economici più grandi e in più rapida crescita nel mondo, il turismo può contribuire a ridurre la povertà, a fornire reddito attraverso la creazione di posti di lavoro, stimolare la nascita di piccole e medie imprese responsabili e favorire l’inclusione nel mercato del lavoro di donne e giovani. Il turismo può stimolare un’agricoltura più resiliente, può promuovere la produzione, l’uso e la vendita di prodotti locali mentre le attività agricole tradizionali possono essere valorizzate attraverso l’agriturismo.

Le entrate fiscali provenienti dal turismo possono essere reinvestite in assistenza sanitaria e servizi, nonché in educazione e formazione professionale anche solo per rispondere alle esigenze di fornire al settore personale qualificato. Infine, il turismo può promuovere la tolleranza e la convivenza pacifica, un’idea di società coesa, aperta allo scambio e all’integrazione attraverso l’incontro tra persone di diversa estrazione culturale e religiosa”.

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