Il papa invita i vescovi statunitensi ad essere fedeli a Cristo

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Nei primi giorni dell’anno i vescovi statunitensi hanno partecipato agli esercizi spirituali a Chicago, predicati da p. Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, sul tema tratto dal Vangelo di Marco: ‘Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare’. In questa occasione papa Francesco ha inviato una lettera per spiegare le motivazioni con cui precedentemente aveva chiesto il ritiro dei progetti sulla questione degli abusi e delle coperture degli abusi stessi.

Il tema degli esercizi spirituali è stato suggerito dallo stesso papa, che avrebbe voluto essere presente: “Queste parole, con le quali Gesù chiude la discussione e mette in luce l’indignazione che nasce tra i discepoli quando sentono Giacomo e Giovanni chiedere di sedersi alla destra e alla sinistra del Maestro, ci serviranno da guida in questa riflessione che desidero compiere insieme a voi.

Il vangelo non teme di svelare ed evidenziare certe tensioni, contraddizioni e reazioni che esistono nella vita della prima comunità di discepoli; anzi, sembrerebbe farlo ex professo: ricerca dei primi posti, gelosie, invidie, arrangiamenti e accomodamenti. Così come anche tutti gli intrighi e i complotti che, a volte segretamente e altre pubblicamente, si organizzavano attorno al messaggio e alla persona di Gesù da parte delle autorità politiche, religiose e commerciali dell’epoca.

Conflitti che aumentavano man mano che si avvicinava l’Ora di Gesù nel suo dono di sé sulla croce quando il principe di questo mondo, il peccato e la corruzione sembravano avere l’ultima parola contaminando tutto di amarezza, sfiducia e mormorazione”.

Riflettendo sul tema degli abusi il papa ha sottolineato come gli scandali mettano a repentino la credibilità della Chiesa: “Negli ultimi tempi la Chiesa negli Stati Uniti si è vista scossa da molteplici scandali che toccano nel più profondo la sua credibilità. Tempi burrascosi nella vita di tante vittime che hanno subito nella loro carne l’abuso di potere, di coscienza e sessuale da parte di ministri ordinati, consacrati, consacrate e fedeli laici; tempi burrascosi e di croce per quelle famiglie e tutto il Popolo di Dio.

La credibilità della Chiesa si è vista fortemente messa in discussione e debilitata da questi peccati e crimini, ma specialmente dalla volontà di volerli dissimulare e nascondere, il che ha generato una maggiore sensazione di insicurezza, di sfiducia e di mancanza di protezione nei fedeli. L’atteggiamento di occultamento, come sappiamo, lungi dall’aiutare a risolvere i conflitti, ha permesso agli stessi di perpetuarsi e di ferire più profondamente la trama di rapporti che oggi siamo chiamati a curare e ricomporre”.

E di fronte a tali scandali si tenta di mettere a tacere la Parola di Dio: “Ogni volta che la parola del Vangelo disturba o diventa una testimonianza scomoda, non sono poche le voci che intendono farla tacere segnalando il peccato e le incongruenze dei membri della Chiesa e ancor di più dei loro pastori… La lotta contro la cultura dell’abuso, la ferita nella credibilità, come pure lo sconcerto, la confusione e il discredito nella missione esigono, ed esigono da noi, un atteggiamento nuovo e deciso per risolvere il conflitto…

La ferita nella credibilità esige un approccio particolare poiché non si risolve con decreti volontaristici o stabilendo semplicemente nuove commissioni o migliorando gli organigrammi di lavoro come se fossimo capi di un’agenzia di risorse umane. Una simile visione finisce col ridurre la missione del pastore della Chiesa a un mero compito amministrativo/organizzativo nella ‘impresa dell’evangelizzazione’.

Diciamolo chiaramente, molte di queste cose sono necessarie, ma insufficienti, poiché non riescono ad assumere e ad affrontare la realtà nella sua complessità e corrono il rischio di finire col ridurre tutto a problemi organizzativi”.

Quindi il papa ha sollecitato la Chiesa statunitense ad un ‘cambio di passo’: “Una nuova stagione ecclesiale ha bisogno, fondamentalmente, di pastori maestri del discernimento nel passaggio di Dio nella storia del suo popolo e non di semplici amministratori, poiché le idee si dibattono, ma le situazioni vitali si discernono.

Pertanto, in mezzo alla desolazione e alla confusione che le nostre comunità vivono, il nostro dovere è, in primo luogo, di trovare uno spirito comune capace di aiutarci nel discernimento, non per ottenere la tranquillità frutto di un equilibrio umano o di una votazione democratica che faccia ‘vincere’ gli uni sugli altri, questo no! Ma un modo collegialmente paterno di assumere la situazione presente che protegga dalla disperazione e dalla orfanità spirituale il popolo che ci è stato affidato”.

Richiamando le parole di san Giovanni XXIII papa Francesco ha sollecitato i vescovi ad un discernimento personale e comunitario: “Il costante riferimento alla comunione universale, come anche al Magistero e alla Tradizione millenaria della Chiesa, salva i credenti dall’assolutizzazione del ‘particolarismo’ di un gruppo, di un tempo, di una cultura dentro la Chiesa.

La Cattolicità si gioca anche nella capacità che abbiamo noi pastori di imparare ad ascoltarci, aiutare ed essere aiutati, lavorare insieme e ricevere le ricchezze che le altre Chiese possono apportare nella sequela di Gesù Cristo. La Cattolicità nella Chiesa non si può ridurre solo a una questione meramente dottrinale o giuridica, ma ci ricorda che in questo pellegrinaggio non siamo né procediamo soli…

Questa coscienza collegiale di uomini peccatori in permanente conversione, ma sempre sconcertati e afflitti da tutto l’accaduto, ci permette di entrare in comunione affettiva con il nostro popolo e ci libererà dal cercare falsi, rapidi e vani trionfalismi che pretendono di assicurare spazi piuttosto che iniziare e risvegliare processi.

Ci proteggerà dal ricorrere a sicurezze anestetizzanti che ci impediscono di avvicinarci e comprendere l’entità e le ramificazioni di quanto accaduto. D’altro canto, favorirà la ricerca di mezzi adeguati non legati a vani apriorismi né pietrificati in espressioni immobili che hanno perso la capacità di parlare e di smuovere gli uomini e le donne del nostro tempo”.

Per il papa la credibilità nasce dalla fiducia, che porta alla santità: “E’ proprio della sua identità e missione lavorare instancabilmente per tutto ciò che può contribuire all’unità tra persone e popoli come simbolo e sacramento del dono di Cristo sulla Croce per tutti gli uomini senza alcun tipo di distinzione… Che altissimo compito abbiamo nelle mani, fratelli; non lo possiamo tacere e anestetizzare a causa dei nostri limiti e mancanze!”

E ricordando le parole di Madre Teresa di Calcutta, il papa ha invitato i vescovi statunitensi ad essere nella comunione: “Cari fratelli, il Signore sapeva molto bene che, nell’ora della croce, la mancanza di unità, la divisione e la dispersione, come anche le strategie per liberarsi di quell’ora, sarebbero state le tentazioni più grandi che avrebbero vissuto i suoi discepoli; atteggiamenti che avrebbero sfigurato e ostacolato la missione.

Per questo Lui stesso chiese al Padre di prendersi cura di loro affinché, in quei momenti, fossero una cosa sola come loro e nessuno si perdesse. Fiduciosi e immergendoci nella preghiera di Gesù al Padre, vogliamo imparare da Lui e, con determinata deliberazione, cominciare questo tempo di preghiera, silenzio e riflessione, di dialogo e comunione, di ascolto e discernimento, per lasciare che Egli forgi il cuore a sua immagine e aiuti a scoprire la sua volontà”.

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