Pace: per i vescovi sardi è un dovere per tutti

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La Sardegna si è mobilitata per la pace con le associazioni, volontari del mondo laico ed ecclesiale, ma anche politici, sindacalisti, studenti e pensionati a Villacidro per la 32^ Marcia della pace promossa dalla Caritas diocesana di Ales-Terralba, dalla delegazione regionale Caritas Sardegna e dal Csv Sardegna solidale, come ha spiegato il presidente del comitato promotore, don Angelo Pittau:

“Ha sorpreso molti il tema della 52° giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2019: ‘La buona politica a servizio della pace’. Come ha sorpreso il sottotitolo ‘La buona politica per la Sardegna: solidarietà, lavoro, bene comune’, che abbiamo voluto dare alla 32^ Marcia. Oggi dove le diseguaglianze sono sempre più forti, dove le guerre si susseguono per mantenere il potere, per aumentare i guadagni, la Chiesa ma anche ogni uomo di buona volontà ‘giusto’ non devono avere paura della politica: papa Francesco ci spinge all’audacia di operare per la costruzione di un ‘regno’, in cui giustizia e pace si intrecceranno”.

In occasione dell’iniziativa i vescovi sardi hanno diffuso un messaggio, chiedendo un lavoro degno contro la produzione degli armamenti: “Oggi, anche nella nostra Regione, abbiamo bisogno di una buona politica che faccia crescere il lavoro, un ‘lavoro libero, creativo solidale e partecipativo’. Un lavoro degno, che permetta ad ogni lavoratrice e lavoratore di tornare a casa ogni sera con la soddisfazione di aver guadagnato un pane dignitoso e di aver contribuito al progresso della società…

La produzione e il commercio delle armi non contribuiscono certo alla Pace, anche se occupano molte persone e collocano in alto l’Italia nella classifica dei fabbricanti di armi. La Chiesa ha sempre sostenuto con fermezza che ‘la vendita e il traffico di armi costituiscono una seria minaccia per la Pace’. Nel mondo invece crescono sempre più le spese militari e si registrano ancora tanti ‘conflitti dimenticati’: lo scorso anno sono stati 378, sparsi in diverse parti del pianeta, di cui 20 classificati come guerre ad elevata intensità”.

I vescovi sottolineano che la crisi economica non può legittimare le attività economiche che nuocciono all’uomo, come la produzioni di armi per la guerra nello Yemen: “La gravissima situazione economico-sociale non può legittimare qualsiasi attività economica e produttiva, senza che se ne valuti responsabilmente la sostenibilità, la dignità e il rispetto dei diritti di ogni persona. In particolare non si può omologare la produzione di beni necessari per la vita con quella che sicuramente genera morte.

Tale è il caso delle armi costruite nel nostro territorio regionale e usate per una guerra, che ha causato e continua a generare nello Yemen migliaia di morti, per la maggior parte civili inermi. Un business tragico che sembra non avere nessun colpevole, poiché i vari Paesi interessati si scaricano a vicenda le responsabilità.

La questione diviene ancor più lacerante, sotto il profilo etico e socio-economico, poiché tale produzione avviene in un territorio, il nostro, tra i più poveri del Paese, ancora privo di prospettive per il lavoro. Cosi ai nostri operai si offre uno stipendio sicuro, ma essi devono subire l’inaccettabile per mancanza di alternative giuste e dignitose”.

Ripetendo le parole profetiche di mons. Tonino Bello, i vescovi sardi hanno ribadito il rispetto dell’articolo 11 della Costituzione italiana: “Sentiamo il dovere di dire no a tutto il business delle armi, in Sardegna e nel Paese intero. Chiediamo un serio sforzo per la riconversione di quelle realtà economiche che non rispettano lo spirito della nostra Costituzione (art. 11), del Trattato sul commercio delle armi dell’ONU del 2 aprile 2013 (Arms Trade Treaty – ATT), ratificato dall’Italia come primo Paese UE, e della legge italiana 185/1990, che proibisce esportazione e transito di armi ‘verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani’…

L’impegno per la riconversione delle industrie della morte non può essere solo il grido appassionato e sicuramente profetico di quanti sentono con particolare passione la necessità di coltivare la Pace. Può sembrare utopia, ma sappiamo che quando tale impegno è stato assunto da persone di buona volontà si è dimostrato realizzabile e fecondo.

Come Chiesa dobbiamo e vogliamo lavorare soprattutto per la formazione delle coscienze e per ricordare a tutti il dovere del rispetto dei diritti di ogni uomo e di ogni donna, a qualunque Paese appartengano. C’è bisogno della preghiera e della responsabilità di tutta la comunità cristiana, c’è bisogno dell’impegno di ogni cittadino e di tutti i rappresentanti delle istituzioni cui stia veramente a cuore il bene comune”.

Ed infine hanno ricordato il profondo significato del messaggio della pace di papa Francesco: “Il messaggio di papa Francesco per la LII Giornata Mondiale della Pace ci ricorda che la responsabilità politica appartiene ad ogni cittadino, e in particolare a chi ha ricevuto il mandato di prendersi cura del bene comune attraverso l’impegno nelle istituzioni. Questa missione consiste nel salvaguardare i diritti, rispettando i doveri nei confronti della giustizia sociale planetaria, e incoraggiando il dialogo tra gli attori della società, tra le generazioni e tra le culture”.

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