Epifania, ostensione del divino

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Tradizionalmente, nell’immaginario collettivo, la solennità dell’Epifania è associata alla pagina evangelica (di Matteo) dei magi, pagina, che, come è noto, narra il dono dell’oro, dell’incenso e della mirra. Tuttavia, a ben vedere, come afferma chiaramente l’inno della liturgia delle ore, tre sono i misteri celebrati in questa festa.

Non solo e non tanto l’adorazione dei magi, ma anche il battesimo di Gesù nel Giordano e il primo grande prodigio: l’acqua trasformata in vino a Cana di Galilea. Se, pertanto, questi tre misteri vengono celebrati in unico giorno, la solennità dell’Epifania ha un significato maggiore di quanto si possa credere.

Il divino non si manifesta solo in un inerme bambino che sarà profeta, sacerdote e re di tutta l’umanità, ma si palesa nella solidarietà con un’umanità peccatrice ‒Gesù, senza peccato, si immerge nel Giordano come un qualsiasi peccatore che desidera pentirsi‒ e nella certezza che Cristo è lo sposo atteso da tutta l’umanità ‒a Cana il vero e autentico sposo che, grazia all’acqua divenuta vino, consente di festeggiare‒.

Solo un Dio che ha a cuore l’uomo, poteva mostrarsi o meglio farsi percepire come Colui che non lascia deluse le sue attese ed i suoi desideri. La salvezza è passata attraverso Gesù che, per amore, si è fatto sacerdote, profeta e re, cioè mediatore di un’alleanza eterna; la salvezza è passata attraverso Gesù che ha detto all’umanità che desiderava uno sposo:

“Eccomi, io ti amo e sono qui per te”; la salvezza è passata attraverso Gesù che non ha disdegnato di mettersi in coda a quell’umanità che chiedeva perdono per i propri peccati, immergendosi nel Giordano.

Davvero l’Epifania è una manifestazione, anzi una vera e propria ostensione di un divino che riempie ed appaga l’uomo perché non lo schiaccia, ma anzi lo rialza e lo rende capace di percorre tutte le strade del mondo, sicuro e certo di una vicinanza che non si impone, ma si propone!

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