Il Papa e la Comunità di Vita Integrata. Storia di un’amicizia

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Ogni anno, a Castelgandolfo, il Papa attende una visita speciale. Sono i suoi amici di una comunità alla quale è vicino da quando è in Germania. Una comunità che parte da un presupposto: dopo la Guerra la Shoah ha cambiato anche il modo di essere cristiani. Si deve tornare indietro, al popolo della memoria. Riscoprire le proprie radici.

Integrierte Gemeinde, Comunità di Vita Integrata. Si chiama così la comunità fondata da Traudl Weiss, portata avanti da lei insieme al marito Herbert Walbrecher. Una comunità la cui storia è intrecciata con quella di Joseph Ratzinger. Una storia raccontata nel libro Ratzinger Professore, di Gianni Valente.

Traudl lascia, appena dopo la guerra, il ruolo di responsabile delle organizzazioni tradizionali cattoliche. È il 1948, e fonda, con un gruppo di amici, la Junger Bund (Giovane Alleanza). Una piccola rete, retta per vent’anni soprattutto dal sacerdote Aloys Georgen. Traudl e don Aloys sentono che dopo l’Olocausto e l’orrore della guerra non si può continuare come nulla fosse successo. Serve una rottura con quel cattolicesimo che “non si è ribellato davanti alla Shoah, alla distruzione della sinagoga”. Serve una conversione. Occorre chiudere – dicono – con “1600 anni di Chiesa di Stato, di matrimonio tra trono e altare”, di appartenenza religiosa ridotta a mero adempimento di obblighi sociali, per ritornare al cristianesimo degli inizi e riscoprire la radice ebraica.

Sono alcuni dei temi che Ratzinger porta avanti nel suo percorso teologico (basti pensare al saggio I nuovi pagani e la Chiesa, maturato dalle sue esperienze in confessionale durante i primissimi incarichi come sacerdote) e che porterà avanti anche da Papa: resta una pietra miliare il discorso sulla “provvidenzialità” delle ondate di secolarizzazione perché la Chiesa possa demondanizzarsi tenuto durante l’ultimo viaggio in Germania, a Friburgo, lo scorso 25 settembre.

Ecco che Traudl, che nel frattempo si sposa con Herbert Walbrecher, comincia il suo percorso. Il punto di svolta è un viaggio in Israele, nel 1967. Dopo, il gruppo di studio che si riunisce intorno ai Walbrecher comincia a riscoprire la radice ebraica del cristianesimo, il fatto che Gesù fosse un ebreo, il fatto che l’elezione di Israele da parte di Dio. “Non è forse questa divisione tra sinagoga e ecclesia il motivo profondo tra tutte le divisioni che seguirono nella storia della Chiesa?”, si chiedono Traudl e i suoi amici.

Nel 1976 – per reagire alle continue accuse alla comunità – i membri della Comunità entrano in quattro duomi tedeschi, e iniziano una “dimostrazione d preghiera continua”. Vogliono essere ricevuti dal cardinale di Monaco Julius Döpfner. I giornali ne parlano. Gli allievi di Ratzinger anche. Tra loro c’è Ludwig Weimer, un membro della comunità. È lui che ricorda che, di fronte alle critiche degli studenti, Ratzinger disse che si trattava di una cosa normale, perché in duomo ogni cristiano ha diritto d’asilo.

Muore Döpfner, e la Comunità Integrata cerca un dialogo con dei teologi. Tutti rifiutano. Tranne Ratzinger. Sarà lui, come arcivescovo di Monaco, ad approvare ad experimentum a livello diocesano degli Statuti della Comunità di Vita Integrata. È un’amicizia che resta , anche quando Joseph Ratzinger diventa cardinale e si trasferisce a Roma. E i suoi interventi trovano anche spunto dall’insistenza della Radice Ebraica del cristianesimo della Comunità. Come nel 1994, quando Ratzinger – durante un incontro interreligioso organizzato a Gerusalemme dal governo israeliano – espone in maniera sistematica la sua teologia dei rapporti tra la Chiesa e Israele, basata sulla risoperta della continuità tra la speranza di Abramo e la speranza cristiana, tra la Torah e il Vangelo. E nel 1998, sarà proprio la Comunità a prendere l’iniziativa di raccogliere in un volume alcuni interventi di Ratzinger sul rapporto tra cristianesimo e ebraismo.

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